Biografie parallele. Biografie comparate

http://ancientrome.ru/antlitr/plutarch/index‑sgo.htm

"Plutarco. Biografie comparate in due volumi”: Scienza; Mosca; 1994

annotazione

più prezioso in patrimonio creativo Plutarco di Cheronea (c. 45 - c. 127) sono biografie di eminenti statisti e personaggi pubblici della Grecia e di Roma. … Eccezionali storici della Grecia e di Roma, compilando la biografia di un personaggio storico, hanno cercato di delineare cronologicamente e coerentemente la sua vita. Plutarco, invece, ha cercato di scrivere una storia dettagliata "sugli eventi, per evitare un mucchio di storie incoerenti, per affermare ciò che è necessario per comprendere la mentalità e il carattere di una persona".

"Vite a confronto" sono biografie dei grandi personaggi del mondo greco-romano, accostate a coppie. Dopo ognuno di essi viene fornito un piccolo "confronto", una sorta di conclusione. Fino ad oggi sono sopravvissute 46 biografie accoppiate e quattro biografie, per le quali non sono state trovate coppie. Ogni coppia includeva una biografia di un greco e di un romano, nel cui destino e carattere lo storico vedeva una certa somiglianza. Era interessato alla psicologia dei suoi eroi, partendo dal fatto che una persona ha un desiderio intrinseco di bene, e questa qualità dovrebbe essere rafforzata in ogni modo possibile studiando le azioni nobili di personaggi famosi. Plutarco a volte idealizza i suoi eroi, ne nota le migliori caratteristiche, credendo che gli errori e le carenze non debbano essere coperti con "tutto il desiderio e i dettagli". Conosciamo molti eventi della storia antica della Grecia e di Roma, prima di tutto, nella presentazione di Plutarco. Quadro storico, in cui i suoi personaggi hanno vissuto e recitato, sono molto ampi, partendo dai tempi mitologici e finendo l'ultimo secolo AVANTI CRISTO e.

Le "Vite a confronto" di Plutarco sono di grande importanza per la conoscenza della storia antica della Grecia e di Roma, poiché molte opere di scrittori da cui ha tratto informazioni non ci sono pervenute, e i suoi scritti sono l'unica informazione su molti eventi storici, i loro partecipanti e testimoni.

Plutarco ha lasciato ai posteri una maestosa "galleria di ritratti" di illustri greci e romani. Sognava la rinascita dell'Hellas, credendo sinceramente che le sue istruzioni sarebbero state prese in considerazione e attuate nella vita pubblica della Grecia. Sperava che i suoi libri suscitassero il desiderio di imitare persone meravigliose che amavano disinteressatamente la loro patria e si distinguevano per alti principi morali. I pensieri, le speranze, i desideri del grande greco non hanno perso il loro significato nel nostro tempo, dopo due millenni.

Teseo e Romolo

[Tradotto da S.P. marco]

1. Proprio come gli esperti, lavorando su una descrizione delle terre, spingono tutto ciò che sfugge alla loro conoscenza fino ai bordi della mappa, segnando ai margini: "Inoltre, sabbie senz'acqua e animali selvatici", oppure: "Paludi dell'oscurità" , o: "Gelo scitico" , o: "Il mare Artico", proprio come me, Sosius Senecion, nel mio lavoro sulle biografie comparative, avendo attraversato tempi accessibili a uno studio approfondito e servendo come soggetto per la storia occupata da eventi autentici, si potrebbe dire di un tempo più antico: “Altri miracoli e tragedie, distesa per poeti e mitografi, dove non c'è posto per l'affidabilità e l'accuratezza. Ma non appena abbiamo pubblicato una storia sul legislatore Licurgo e sul re Numa, abbiamo ritenuto ragionevole andare a Romolo, nel corso della storia, essendo molto vicino al suo tempo. E così, quando pensavo, con le parole di Eschilo,

Chi combatterà con un tale marito?

Chi inviare? Chi può eguagliare il suo potere? 1

mi sembrava che con il padre dell'invincibile e glorificata Roma si dovesse confrontare e confrontare il fondatore della bella Atene universalmente lodata. Vorrei che la finzione favolosa si sottomettesse alla ragione e assumesse le sembianze di una storia vera. Se in alcuni punti si allontana dalla plausibilità con ostinato disprezzo e non vuole nemmeno avvicinarsi ad essa, chiediamo al lettore comprensivo di trattare queste storie sull'antichità con indulgenza.

2. Quindi mi sembrava che Teseo fosse per molti versi simile a Romolo. Entrambi sono nati segretamente e fuori dal matrimonio, entrambi sono stati attribuiti all'origine divina,

Entrambi sono i guerrieri più gloriosi, ne eravamo tutti convinti,

entrambi hanno forza unita alla saggezza. Uno fondò Roma, l'altro Atene - due delle città più famose del mondo. Entrambi sono rapitori di donne. Né l'uno né l'altro sono sfuggiti ai disastri familiari e al dolore intimità, e alla fine, dicono, hanno acquisito l'odio dei concittadini - certo, se alcune leggende, le meno favolose, sono in grado di mostrarci la via della verità.

3. Il clan di Teseo da parte di padre risale a Eretteo 3 e ai primi abitanti nativi dell'Attica, e da parte materna a Pelope. Pelope salì tra i sovrani del Peloponneso non tanto per la ricchezza quanto per la numerosa prole: diede in sposa molte delle sue figlie ai cittadini più nobili, e mise i suoi figli a capo di molte città. Uno di loro, Pitteo, nonno di Teseo, che fondò la piccola città di Trezene, godette della fama di uomo più dotto e saggio del suo tempo. Il modello e l'apice di tale saggezza erano, a quanto pare, i detti di Esiodo, specialmente nelle sue Opere e giorni; uno di loro si dice sia appartenuto a Pitteo:

Ad un amico viene sempre corrisposto un compenso contrattuale 4 .

Questa opinione è sostenuta dal filosofo Aristotele. Ed Euripide, definendo Ippolito "l'animale domestico dell'immacolato Pitteo" 5, mostra quanto fosse alto il rispetto per quest'ultimo.

Egeo, che desiderava avere figli, ricevette dalla Pizia una ben nota predizione: Dio gli ispirò di non avere rapporti con nessuna donna fino al suo arrivo ad Atene. Ma questo non era espresso abbastanza chiaramente, e quindi, giunto a Trezene, Egeo parlò a Pitteo della trasmissione divina, che suonava così:

Non sciogliere l'estremità inferiore dell'otre, valoroso guerriero,

Prima di visitare la gente dei confini ateniesi.

Pittheus capì qual era il problema e lo convinse o lo costrinse con l'inganno ad andare d'accordo con Etra. Sapendo che questa era la figlia di Pitteo e credendo che avesse sofferto, Egeo se ne andò, lasciando la spada e i sandali nascosti a Trezene sotto un'enorme pietra con una rientranza abbastanza grande da contenere entrambi. Si aprì a Etra sola e le chiese se fosse nato un figlio e, essendo maturato, potesse rotolare via una pietra e ottenere ciò che era nascosto, mandargli un giovane con spada e sandali, ma in modo tale che nessuno lo sapesse al riguardo, mantenendo tutto nel più profondo segreto: Egeo era molto spaventato dagli intrighi dei Pallantidi (erano cinquanta figli di Pallante 6), che lo disprezzavano per l'assenza di figli.

4. Etra diede alla luce un figlio, e alcuni sostengono che fu chiamato immediatamente Teseo 7, secondo un tesoro con segni evidenti, altri - quello più tardi, ad Atene, quando Egeo lo riconobbe come suo figlio. Mentre cresceva con Pitteo, il suo mentore ed educatore fu Connido, al quale ancora oggi gli Ateniesi, il giorno prima della festa di Teseo 8, sacrificano un ariete - memoria e onori molto più meritati di quelli dati allo scultore Silanion e il pittore Parrasio, i creatori di immagini Teseo.

5. Allora era ancora consuetudine che i ragazzi, uscendo dall'infanzia, andassero a Delfi e dedicassero al dio il primo capello dei loro capelli. Ha visitato Delfi e Teseo (dicono che c'è un posto lì, che ora si chiama Teseo - in suo onore), ma si è tagliato i capelli solo davanti, poiché, secondo Omero 9, gli Abanti si tagliavano i capelli, e questo il tipo di taglio di capelli era chiamato "Teseev". Gli Abanti furono i primi a tagliarsi i capelli in questo modo, e non impararono dagli arabi, come pensano alcuni, e non imitarono i Misi. Erano un popolo bellicoso, maestri del combattimento ravvicinato, e meglio in grado di combattere nel combattimento corpo a corpo, come testimonia Archiloco nelle seguenti righe:

Non è il fischio delle fionde e non le innumerevoli frecce degli archi

Si precipiteranno in lontananza quando inizierà la battaglia nella pianura

Ares è potente: le spade dai molti toni romperanno il lavoro.

In una lotta come questa, sono i più esperti, -

Signori dell'Eubea, gloriosi lancieri... 10

E così, in modo che i nemici non potessero afferrarli per i capelli, si sono tagliati i capelli corti. Per le stesse considerazioni, senza dubbio, Alessandro Magno ordinò, dicono, ai suoi capi militari di radere le barbe dei macedoni, a cui le mani degli avversari si protendevano in battaglia.

6. Durante tutto questo tempo, Etra ha nascosto la vera origine di Teseo, e Pitteo ha diffuso la voce che ha dato alla luce Poseidone. Il fatto è che i tridenti onorano soprattutto Poseidone, questo è il loro dio custode, gli dedicano le primizie e coniano un tridente sulle monete. Teseo era ancora molto giovane, quando, insieme alla forza del suo corpo, si rivelarono in lui coraggio, prudenza, una mente ferma e allo stesso tempo vivace, e ora Etra, conducendolo a una pietra e rivelando il segreto della sua nascita , gli ordinò di ottenere i segni di identificazione lasciati da suo padre e salpare per Atene. Il giovane scivolò sotto la pietra e la sollevò facilmente, ma si rifiutò di salpare per mare, nonostante la sicurezza del viaggio e le richieste del nonno e della madre. Intanto era difficile arrivare ad Atene via terra: ad ogni passo il viaggiatore rischiava di morire per mano di un ladro o di un malvivente. Quell'età ha prodotto persone la cui forza delle braccia, velocità delle gambe e forza del corpo apparentemente superavano le normali capacità umane, persone instancabili, ma che non hanno trasformato i loro vantaggi naturali in qualcosa di utile o buono; al contrario, godevano della loro sfacciata furia, davano sfogo alle loro forze nella ferocia e nella ferocia, nell'omicidio e nella rappresaglia contro chiunque incontrassero, e, considerando che per la maggior parte i mortali lodano la coscienza, la giustizia e l'umanità, solo non osando infliggere violenza stessa e temendo di esservi sottoposti, erano sicuri che nessuna di queste qualità si addice a coloro che sono superiori in potenza agli altri. Ercole, girovagando per il mondo, ne sterminò alcuni, gli altri, al suo avvicinarsi, fuggirono inorriditi, si nascosero e, trascinando un'esistenza miserabile, furono tutti dimenticati. Quando la sfortuna colpì Eracle e lui, dopo aver ucciso Ifito 11, si ritirò in Lidia, dove svolse a lungo il servizio di schiavo di Onfala, essendosi imposto tale punizione per l'omicidio, tra i Lidi regnarono pace e serena tranquillità, ma In terre greche le atrocità scoppiarono di nuovo e fiorirono: non c'era nessuno a sopprimerle o frenarle. Ecco perché il percorso pedonale dal Peloponneso ad Atene minacciava di morte, e Pitteo, raccontando a Teseo separatamente di ciascuno dei ladri e dei cattivi, di cosa sono e cosa stanno facendo con gli estranei, esortò suo nipote ad andare per mare. Ma Teseo, a quanto pare, era da tempo segretamente preoccupato per la gloria di Ercole: il giovane aveva per lui il massimo rispetto ed era sempre pronto ad ascoltare chi parlava dell'eroe, soprattutto testimoni oculari, testimoni delle sue gesta e dei suoi detti. Provò, senza dubbio, gli stessi sentimenti che Temistocle provò molto più tardi, confessando di essere stato privato del sonno dal trofeo di 12 Milziade. Così era con Teseo, che ammirava il valore di Ercole, e di notte sognava le sue imprese, e durante il giorno era perseguitato dalla gelosia e dalla rivalità, dirigendo i suoi pensieri a una cosa: come realizzare la stessa cosa di Ercole.

7. Erano parenti di sangue, poiché erano nati da cugini: Etra era la figlia di Pitteo, Alcmene - Lisidike, e Pitteo e Lisidice erano fratello e sorella, figli di Ippodamia e Pelope. Pertanto, Teseo lo considerava una vergogna insopportabile, mentre Ercole andava dai cattivi ovunque, liberando loro sia la terra che il mare, per eludere le battaglie che lo attendevano lungo la strada, per umiliare il dio che la voce chiama suo padre, e il vero padre semplicemente per consegnare segni cospicui - sandali e una spada non macchiata di sangue - invece di scoprire immediatamente la monetazione della sua origine in gesta gloriose e alte.

Pensando così, si mise in cammino con l'intento di non offendere nessuno, ma di non concedere discendenza e misericordia ai mandanti della violenza. (8.). E soprattutto, nella terra di Epidauro, ebbe la possibilità di affrontare Perifete, la cui arma era una clava (era chiamato “Facciato”); Perifete trattenne Teseo e cercò di non lasciarlo andare oltre, ma fu ucciso. La mazza si innamorò di Teseo, la portò con sé e da allora la usò costantemente nelle battaglie, come Ercole - una pelle di leone: Ercole portava sulle spalle la prova di quanto fosse grande la bestia, che aveva sopraffatto, la mazza di Teseo, per così dire, annunciò: “Il mio nuovo maestro mi ha vinto, ma nelle sue mani sono invincibile.

Su Isthma giustiziò Sinid, il piegatore di pini, nello stesso modo in cui Sinid uccise molti viaggiatori 13 . Non avendo né abilità né esperienza in questa materia, Teseo dimostrò che l'abilità naturale è al di là di qualsiasi addestramento approfondito. Sinida aveva una figlia di nome Perigune, bellissima e di enorme statura. Fuggì e Teseo la cercò ovunque. Strisciando tra i fitti boschetti di scherzi e asparagi selvatici, Perigune innocentemente, in modo abbastanza infantile, implorò queste piante - come se potessero sentire e capire - di proteggerla e salvarla e giurò di non spezzarle né bruciarle mai più. Ma Teseo la chiamò, assicurandole che si sarebbe preso cura di lei e non le avrebbe fatto del male, e lei uscì; diede alla luce il figlio di Melanippo da Teseo, e in seguito fu la moglie di Echalian Deionaeus, figlio di Eurito, per il quale Teseo la sposò. Da Melanippo, figlio di Teseo, nacque Iox, che aiutò Ornito a condurre i coloni in Caria. Ecco perché i discendenti di Iok da tempo immemorabile sono stati portati a non bruciare né battute né spine di asparagi selvatici, ma ad onorarli profondamente.

9. Il maiale Krommion 14, chiamato Fey, era una bestia feroce e guerriera, un avversario non da poco. Di passaggio, Teseo l'ha aggredita e l'ha uccisa, in modo che non sembri che compia tutte le sue imprese per necessità; inoltre, credeva che un marito coraggioso dovesse prendere le armi contro le persone cattive solo in risposta alle loro azioni ostili, ma la nobile bestia doveva essere attaccata per prima, indipendentemente dal pericolo. Alcuni, tuttavia, sostengono che Feya fosse una rapinatrice, assetata di sangue e sfrenata; viveva lì, a Crommion, era soprannominata "Maiale" per il suo vile carattere e il suo modo di vivere, e Teseo, dicono, l'ha uccisa.

10. Vicino ai confini di Megaris, Teseo uccise Skiron gettandolo da un dirupo. Di solito si dice che Skiron abbia derubato i passanti, ma c'è un'altra opinione: che ha allungato disordinatamente e sfacciatamente le gambe agli estranei e ha ordinato loro di lavarsi, e quando si sono messi al lavoro, li ha spinti in mare con un colpo di tacco. Tuttavia, gli scrittori megaresi contestano questa voce, "sono in guerra con l'antichità", secondo Simonide, insistendo sul fatto che Skiron non era né insolente né un ladro, al contrario, puniva i ladri ed era in parentela e amicizia con persone nobili e giuste . Dopotutto, Eak 15 è considerato il più pio dei greci, Cicreo di Salamina riceve onori divini ad Atene, tutti conoscono il valore di Peleo e Telamone, e nel frattempo Skiron è il genero di Cicreo, il suocero -legge di Eaco, nonno di Peleo e Telamone, i quali nacquero da Endeida, figlia di Scirone e Caricle O. È incredibile che il meglio del meglio si sposerebbe con il più infimo e meschino, gli desse e, a sua volta, ricevesse dalle sue mani il dono più grande e prezioso! Teseo uccise Skiron, concludono questi scrittori, non durante il suo primo viaggio, sulla strada per Atene, ma in seguito, quando prese Eleusi dai Megaresi, ingannando il sovrano locale Diocle. Tali sono le contraddizioni nelle leggende su Skiron.

11. In Eleusi, Teseo uccise Kerkion, sconfiggendolo in un combattimento, poi, non molto più avanti, in Hermas, Damastus the Barella 16, costringendolo a eguagliare la lunghezza del letto, esattamente come trattava i suoi ospiti. In tal modo, Teseo imitò Ercole. Ercole giustiziò gli aggressori con la stessa esecuzione che avevano preparato per lui: Busirida fu sacrificato agli dei, Anteo vinse, Kykna ucciso in duello e Termer 17 gli ruppe il cranio. Quindi, come si suol dire, è andato il detto sul disastro di Termer, poiché Termer ha colpito a morte coloro che ha incontrato con un colpo alla testa. Così, Teseo punì i cattivi, che subirono da lui solo il tormento a cui sottoponevano gli altri, e che portarono una giusta punizione nella misura della loro stessa ingiustizia.

12. Poi proseguì e presso il fiume Cefis gli vennero incontro uomini della famiglia dei Filetali 18 . Furono i primi a salutarlo e, ascoltata la sua richiesta di purificazione, compirono i riti prescritti, compirono sacrifici propiziatori e poi lo curarono nella loro casa - e fino ad allora non aveva incontrato una sola persona ospitale sulla sua strada.

L'ottavo giorno del mese di Cronio, ora chiamato Ecatombeone, Teseo giunse ad Atene. Ha trovato disordini e conflitti in città e tutto era sbagliato nella famiglia di Egeo. Con lui visse Medea, fuggita da Corinto, che promise al re di guarirlo dall'infanzia con l'aiuto di pozioni magiche. Indovinando prima chi fosse Teseo, convinse Egeo, che ancora non sospettava nulla, era decrepito e vedeva in ogni cosa la minaccia della ribellione, a intossicare l'ospite con il veleno durante il trattamento. Arrivato a colazione, Teseo ritenne opportuno non rivelare chi fosse, ma dare al padre l'opportunità di conoscere lui stesso il figlio; e così, quando fu servita la carne, estrasse un coltello per tagliare il cibo e mostrare la spada al vecchio 19 . Egeo riconobbe subito la sua spada, gettò via la ciotola di veleno, interrogò suo figlio, lo abbracciò e, chiamati i cittadini, presentò loro Teseo; gli Ateniesi accolsero con gioia il giovane: avevano già sentito parlare del suo coraggio. Si narra che quando la coppa cadde, il veleno si sparse proprio nel luogo che ora è circondato da un recinto e si trova all'interno del Delphinium 20 . Egeo viveva lì, e l'immagine di Hermes, che si trova ad est del tempio, è chiamata "Hermes alle porte dell'Egeo".

13. Fino a quel momento, i Pallantidi avevano sperato di impadronirsi del regno se Egeo fosse morto senza discendenza. Ma poi Teseo fu dichiarato successore e, ribollendo di malizia per il fatto che Egeo regna su di loro, che fu adottato solo da Pandion 21 e non ha alcun minima relazione alla famiglia di Eretteo, e dopo di lui Teseo diventerà re, anch'egli straniero e straniero, iniziarono una guerra. I ribelli erano divisi in due distaccamenti: uno, guidato da Pallas, si muoveva apertamente sulla città dalla parte di Sfett, gli altri tendevano un'imboscata a Gargett per colpire il nemico da due lati. Tra loro c'era un araldo, nativo di Agnunt di nome Leoy 22 . Informò Teseo del piano dei Pallantidi e lui, attaccando inaspettatamente coloro che erano in agguato, uccise tutti. Dopo aver appreso della morte dei suoi compagni, fuggì anche il distaccamento di Pallas. Da allora, dicono, i cittadini del deme Pallene non sposano Agnunziani ei loro araldi non gridano il solito: "Ascolta gente!" - queste parole sono odiose per loro a causa del tradimento di Leoi.

14. Non volendo restare inattivo e allo stesso tempo cercando di conquistare l'amore della gente, Teseo uscì contro il toro maratona, che causò molti mali e guai agli abitanti delle Quattro Città 23, e, catturandolo vivo, mostrò agli Ateniesi, conducendolo per tutta la città, e poi lo portò a sacrificare ad Apollo Delfinio.

Per quanto riguarda la leggenda su Hekal 24 e la sua ospitalità, secondo me c'è del vero in essa. Infatti i demos circostanti celebravano tutti insieme Hekalesia, facendo sacrifici a Zeus di Hekal, e onoravano Hekal, chiamandola con un nome diminutivo, in ricordo del fatto che lei, avendo accolto Teseo, ancora molto giovane, lo salutò come un vecchia e lo chiamava anche nomi carezzevoli. E poiché prima della battaglia, Ecale pregò per lui Zeus e fece voto, se Teseo fosse rimasto illeso, di fare un sacrificio a Dio, ma non fosse vissuta abbastanza per vederne il ritorno, lei, per ordine di Teseo, ricevette dopo la morte quanto sopra ricompensa per la sua ospitalità. Così racconta Filocor.

15. Poco dopo vennero da Creta per la terza volta per il tributo. Quando, dopo l'insidioso, secondo la credenza comune, assassinio di Androgeo 25 in Attica, Minosse, combattendo, causò incalcolabili disastri agli Ateniesi, e gli dei rovinarono e devastarono il paese, - fu colpito dai raccolti e da una terribile pestilenza, il fiumi prosciugati - Dio annunciò che l'ira del cielo si sarebbe calmata e che i disastri sarebbero finiti se gli Ateniesi placassero Minosse e lo persuadessero a fermare l'ostilità, e così, inviando inviati con una richiesta di pace, conclusero un accordo di che si sono impegnati a inviare tributi a Creta ogni nove anni: sette giovani non sposati e lo stesso numero di ragazze. Quasi tutti gli scrittori sono d'accordo su questo.

Se credi alla leggenda, i tragici più gentili, gli adolescenti portati a Creta furono uccisi nel Labirinto dal Minotauro, o, in altre parole, morirono da soli, vagando e non trovando una via d'uscita. Il Minotauro, come dice Euripide 26, lo era

Un misto di due razze, un mostro mostruoso

La natura del toro e dell'uomo è duplice

16. Ma, secondo Filocoro, i Cretesi respingono questa tradizione e affermano che il Labirinto era una normale prigione, dove non veniva fatto nulla di male ai prigionieri e li custodiva solo in modo che non scappassero, e che Minosse organizzava gare di inni in ricordo di Androgea, e il vincitore diede come ricompensa degli adolescenti ateniesi, per il momento tenuti in custodia nel Labirinto. La prima competizione fu vinta da un comandante di nome Taurus, che allora godeva della massima fiducia in Minosse, un uomo dal carattere rude e selvaggio, che trattava gli adolescenti con arroganza e crudeltà. Aristotele chiarisce anche in Il governo di Bottia 27 che non crede che Minosse abbia privato della vita gli adolescenti: loro, secondo il filosofo, hanno avuto il tempo di invecchiare a Creta, svolgendo il servizio degli schiavi. Una volta i Cretesi, adempiendo un antico voto, mandarono il loro primogenito a Delfi, e tra gli inviati c'erano i discendenti degli Ateniesi. Tuttavia, i coloni non furono in grado di nutrirsi in un nuovo posto e andarono prima all'estero in Italia; vissero per qualche tempo in Iapigia, poi, tornando, si stabilirono in Tracia e ricevettero il nome di Bottiani. Ecco perché, conclude Aristotele, le ragazze Botti a volte cantano durante i sacrifici: "Andiamo ad Atene!"

Sì, una cosa davvero terribile: l'odio per la città, che possiede il dono della parola! Nel teatro attico, Minosse era invariabilmente insultato e inondato di insulti, né Esiodo né Omero 28 lo aiutarono (il primo lo chiamava "il più regale dei sovrani", il secondo - "l'interlocutore di Cronion"), i tragici vinsero, riversando un intero un mare di bestemmia e denunciò Minosse come uno stupratore crudele. Ma le leggende dicono che è un re e un legislatore, e che il giudice Rhadamanth osserva i suoi giusti decreti.

17. Giunse dunque il momento di inviare il tributo per la terza volta; i genitori che avevano figli non sposati dovevano, secondo sorte, separarsi dai loro figli o figlie, e di nuovo scoppiò una lite tra Egeo con concittadini, che si addoloravano e si lamentavano indignati che l'unico colpevole di tutti i disastri fosse esente da punizione, che, avendo lasciato in eredità il potere a un illegittimo e straniero, osserva con indifferenza mentre perdono la loro prole legittima e rimangono senza figli. Queste lamentele opprimevano Teseo e, ritenendo suo dovere non farsi da parte, ma condividere la sorte dei concittadini, lui stesso, non a sorte, si offrì volontario per recarsi a Creta. Tutti si meravigliavano della sua nobiltà e ammiravano il suo amore per il popolo, ed Egeo, avendo esaurito tutte le sue richieste e preghiere e vedendo che suo figlio era irremovibile e irremovibile, nominò a sorte il resto degli adolescenti. Hellanic, tuttavia, afferma che non è stata lanciata la sorte, ma Minosse stesso è venuto ad Atene e ha scelto ragazzi e ragazze, e in quel momento ha scelto Teseo per primo; tali erano le condizioni, che prevedevano anche che gli Ateniesi equipaggiassero una nave su cui i prigionieri, insieme a Minosse, salpassero per Creta, non portando con sé alcuna "arma da battaglia", e che la morte del Minotauro ponesse fine a retribuzione.

In precedenza, chi partiva non aveva speranza di salvezza, quindi la nave aveva una vela nera in segno di imminente disgrazia. Tuttavia, questa volta Teseo incoraggiò suo padre con orgogliose assicurazioni che avrebbe sconfitto il Minotauro, ed Egeo diede al timoniere un'altra vela, bianca, e gli ordinò di alzarla sulla via del ritorno se Teseo fosse sopravvissuto, ma in caso contrario, naviga sotto il nero, annunciando guai. Simonide scrive che Egeo non ha dato il bianco, ma "una vela viola, colorata con il succo dei fiori di una quercia ramificata", e questo avrebbe dovuto significare salvezza. La nave era guidata da Pherekles, figlio di Amarsiad, secondo Simonide. Ma secondo Filocor, Teseo prese da Skir da Salamina il timoniere Nausifoy e l'assistente timoniere Theak, poiché gli Ateniesi non erano ancora impegnati nella navigazione, e Menest, nipote di Skir, era tra gli adolescenti. Ciò è evidenziato dai santuari degli eroi Navsithoy e Theak, eretti da Teseo a Faleri vicino al tempio di Skir; in loro onore, conclude Filocor, si celebra la festa della Cybernesia 30.

18. Quando il sorteggio fu completato, Teseo portò via coloro ai quali era caduto e, passato dal molo 31 a Delphinium, depose per loro un ramoscello d'ulivo davanti ad Apollo 32 . Era un ramo di un albero sacro, intrecciato con lana bianca. Dopo aver pregato, scese al mare. Tutto questo avveniva il sesto giorno del mese di Munichion, giorno in cui le ragazze vengono ancora mandate al Delfinio con una supplica di pietà. Dicono che il dio di Delfi ordinò a Teseo di prendere Afrodite come guida, e quando Teseo le sacrificò una capra in riva al mare, l'animale si trasformò improvvisamente in una capra; da qui il soprannome della dea - "Capra".

19. Arrivato a Creta, Teseo, come dicono la maggior parte degli scrittori e poeti, ricevette un filo da Arianna che si innamorò di lui, imparò a non perdersi nelle tortuosità del Labirinto, uccise il Minotauro e salpò di nuovo, mettendo Arianna e adolescenti ateniesi sulla nave. Ferecide aggiunge che Teseo ruppe il fondo delle navi cretesi, rendendo impossibile ai cretesi l'inseguimento dei fuggitivi. Inoltre, secondo le informazioni che troviamo con il Demone, cadde il comandante di Minos Taurus, che iniziò una battaglia con Teseo nel porto quando aveva già salpato l'ancora.

Ma Philochor racconta tutto in un modo completamente diverso. Minosse fissò un giorno di competizione e ci si aspettava che il Toro avrebbe lasciato di nuovo tutti indietro. Questo pensiero era odioso per i cretesi: erano stanchi del potere del Toro a causa della sua maleducazione e, inoltre, sospettavano che fosse vicino a Pasifae 33 . Ecco perché, quando Teseo chiese il permesso di gareggiare, Minosse acconsentì. A Creta, era consuetudine che le donne guardassero i giochi, e Arianna rimase scioccata dall'apparizione di Teseo e ammirò la sua vittoria su tutti i rivali. Anche Minosse si rallegrò, soprattutto per l'umiliante sconfitta del Toro; restituì gli adolescenti a Teseo e liberò Atene dal rendere omaggio.

A modo suo, a differenza di chiunque altro, Clydem racconta questi eventi, partendo da un luogo molto lontano. Secondo lui, tra i greci c'era un'opinione generale che nessuna trireme dovesse andare in mare con ... 34 più di cinque persone a bordo. Solo Jason, capo dell'Argo... 35 nuotava liberando il mare dai pirati. Quando Dedalo fuggì ad Atene su una piccola nave, Minosse, contrariamente all'usanza, partì all'inseguimento su grandi navi, ma fu portato da una tempesta in Sicilia e lì finì i suoi giorni. Suo figlio Deucalion, ostile agli Ateniesi, chiese che gli fosse consegnato Dedalo, altrimenti minacciò di uccidere gli ostaggi presi da Minosse. Teseo rispose dolcemente e con moderazione, giustificando il suo rifiuto con il fatto che Dedalo era suo cugino e parente di sangue per mezzo di sua madre Merope, figlia di Eretteo, e intanto cominciò a costruire navi sia nella stessa Attica, ma lontano dalla strada principale, a Timetad, sia a Trezene, con l'aiuto di Pitteo: voleva mantenere i suoi piani segreto. Quando le navi furono pronte, partì; Dedalo e gli esiliati cretesi servirono da guide. Gli ignari cretesi decisero che le navi amiche si stavano avvicinando alla loro riva, e Teseo, dopo aver occupato il porto e sbarcato, senza un attimo di ritardo si precipitò a Cnosso, iniziò una battaglia alle porte del Labirinto e uccise Deucalione insieme alle sue guardie del corpo. Il potere passò ad Arianna e Teseo, dopo aver fatto pace con lei, ricevette indietro gli ostaggi adolescenti; nacque così un'amichevole alleanza tra Ateniesi e Cretesi, che giurarono di non iniziare mai più una guerra.

20. Su tutto questo, oltre che su Arianna, ci sono ancora molte altre leggende che non sono in alcun modo simili tra loro. Alcuni dicono che Arianna si sia strangolata, abbandonata da Teseo, altri - che i marinai l'hanno portata sull'isola di Naxos, e lì ha condiviso un letto con Onar, il sacerdote di Dioniso. Teseo la lasciò, innamorandosi di un altro.

La passione lo divorava per la figlia di Panope, Egla

dice un verso di Esiodo, che, secondo Eroi di Megara, Pisistrato cancellò, così come, cercando di compiacere gli Ateniesi, ordinò che il verso fosse inserito nell'"Incantesimo dei morti" di Omero:

Glorioso, nato dagli dei, re Teseo, Piritoya 36.

Altri sostengono che Arianna abbia dato alla luce Oenopion e Stafil da Teseo. Tra loro c'è il Chian Ion, che parla della sua città natale:

Eiopion Teseid ha fondato questa antica città.

Quanto alla tradizione più favorevole per Teseo, essa, per così dire, è rimasta nei denti di tutti. Ma il Peone di Amaphunta lo presenta in modo del tutto diverso dagli altri. Teseo, dice, fu trascinato da una tempesta a Cipro, Arianna incinta, sfinita dal beccheggio, andò a terra da sola, e lo stesso Teseo era impegnato sulla nave, quando improvvisamente fu nuovamente portato in mare aperto. Le donne del luogo accettarono Arianna, cercarono di dissipare lo sconforto in cui la fece precipitare la separazione, portarono lettere false che le sarebbero state scritte da Teseo, l'aiutarono e simpatizzarono per il suo dolore durante il parto, quando morì, non essendosi mai risolta dal peso, la seppellirono suo. Poi Teseo tornò. Terribilmente rattristato, lasciò denaro alla gente del posto e ordinò loro di fare sacrifici ad Arianna, e le eresse anche due piccole immagini, una d'argento e l'altra di bronzo. Durante la festa del secondo giorno del mese di Gorpiea, uno dei giovani si siede su un letto e imita i gemiti ei movimenti di una partoriente. Gli abitanti di Amafunt chiamano il boschetto dove mostrano la tomba di Arianna, boschetto di Arianna-Afrodite.

Anche alcuni scrittori di Naxos raccontano a modo loro la storia di Arianna. C'erano presumibilmente due Minosse e due Ariadnes, di cui uno era sposato con Dioniso a Naxos e diede alla luce Stafil, e l'altro, il più giovane, fu rapito da Teseo; abbandonata da lui, giunse a Naxos con la sua nutrice Korkina, la cui tomba è ancora intatta. Nello stesso luogo, a Naxos, morì anche Arianna, e le vengono tributati onori non simili a quelli con cui viene onorata la prima Arianna: in memoria della maggiore si celebra una festa allegra e gioiosa, ma quando si fanno sacrifici per i più giovani si distinguono per un carattere triste e cupo.

21. Di ritorno da Creta, Teseo attraccò a Delo, offrì un sacrificio a Dio e gli dedicò la statua di Afrodite, che prese da Arianna, e poi, insieme agli adolescenti salvati, eseguì una danza che, come si dice , anche adesso i Deliani danzano: movimenti misurati da un lato, poi dall'altro, per così dire, riproducono gli intricati passaggi del Labirinto. Questa danza è chiamata dai Deli "gru", come scrive Dikearchus. Teseo danzava intorno all'Altare Cornuto, che era stato interamente abbattuto dalle corna sinistre degli animali 37 . Si dice che abbia anche organizzato gare su Delos, e i vincitori hanno ricevuto per la prima volta un ramo di palma come ricompensa.

22. La nave si stava già avvicinando all'Attica, ma sia il timoniere che lo stesso Teseo, con gioia, dimenticarono di alzare la vela, che avrebbe dovuto avvisare Egeo della loro salvezza, e il re, ingannato nelle sue speranze, si precipitò giù dalla scogliera e morì. Sbarcato, lo stesso Teseo rimase a Falery per fare sacrifici agli dei, che promise loro con voto, partendo per il mare, e inviò un messaggero in città con la notizia di un felice ritorno. L'araldo trovò molti cittadini che piangevano la morte del re, ma altri, come c'era da aspettarsi, si rallegrarono e si rallegrarono all'udire le parole del messaggero e vollero decorarlo con ghirlande. Tuttavia, accettate le ghirlande, le avvolse attorno al suo bastone e tornò al mare. Teseo non aveva ancora fatto libagioni e, non volendo interferire con il sacro rito, il messaggero si trattenne da parte e, quando le libagioni furono terminate, annunciò la morte di Egeo. Poi, con pianti e lamenti, tutti si affrettarono a entrare in città. Ecco perché, dicono, anche adesso durante Oschophoria 38, non è l'araldo ad essere incoronato, ma il suo bastone e le sue libagioni sono accompagnati da grida: “Elel e tu! E A-E A!" Il primo di loro viene solitamente pubblicato, facendo una libagione o cantando canzoni gioiose, il secondo - in confusione e confusione.

Dopo aver seppellito suo padre, Teseo adempì al voto fatto ad Apollo. Il settimo giorno del mese di pianepsion, i ragazzi e le ragazze soccorsi entrarono in città. Si dice che l'usanza di bollire i fagioli in questo giorno abbia avuto origine dal fatto che i salvati raccoglievano tutte le provviste che avevano lasciato e, dopo averle bollite in una pentola, mangiavano a una tavola comune. Tirano fuori un iresion - un ramoscello d'ulivo intrecciato con lana (come quei rami d'ulivo con cui erano allora i firmatari) e appesi con primizie sacrificali di tutti i tipi di frutti della Terra, in ricordo della fine del fallimento del raccolto, e cantano :

Iresion, mandaci fichi e pane in abbondanza,

Gustiamo il miele, ungiamoci con olio d'oliva,

Dacci vino puro per dormire dolcemente, ubriachi.

Alcuni, tuttavia, ritengono che questo sia un rito in onore degli Eraclidi, allevati dagli Ateniesi 39 , ma la maggioranza è dell'opinione sopra esposta.

23. La nave a trenta remi, sulla quale Teseo salpò con gli adolescenti e tornò sano e salvo, fu tenuta dagli Ateniesi fino al tempo di Demetrio di Falero 40 , togliendo vecchie assi e travi man mano che si deterioravano, e al loro posto ne misero altre, robuste quelli, così che questa nave divenne persino un esempio di riferimento nel ragionamento dei filosofi che definiscono il concetto di crescita: alcuni sostenevano che rimane se stessa, altri - che si è trasformata in un nuovo oggetto.

Anche la festa dell'Oscoforia fu istituita da Teseo. Il fatto è che, recandosi a Creta, non portò via con sé tutte le ragazze a cui era caduta la sorte, ma ne sostituì due con le sue amiche, femminili e giovani nell'aspetto, ma coraggiose e impavide nello spirito, trasformando completamente la loro aspetto con bagni caldi, una vita calma e coccolata, unguenti che donano morbidezza ai capelli, levigatezza e freschezza alla pelle, insegnando loro a parlare con una voce da ragazza, a camminare con un passo da ragazza, a non differire dalle ragazze né nella postura né nelle abitudini, quindi che nessuno si sia accorto della sostituzione. Quando tornò, sia lui che questi due giovani marciarono per la città nello stesso abito in cui ora agiscono gli oscofori. Portano tralci d'uva con grappoli - per compiacere Dioniso e Arianna, secondo la tradizione, o (e quest'ultima è più precisa) perché Teseo a volte tornava a raccogliere frutti. Sono invitati anche i dipnofori 41: partecipano al sacrificio, raffigurando le madri di coloro che si sono recati per caso a Creta - escogitano pane e piatti vari e raccontano storie, proprio come raccontavano allora alle madri, cercando di incoraggiare e consolare i propri figli . Troviamo queste informazioni nel Demone.

A Teseo fu assegnato un luogo sacro e fu ordinato di coprire le sue spese per i sacrifici con le tasse di quelle famiglie che davano i loro figli in omaggio a Minosse. I fitalidi erano incaricati dei riti sacri: così Teseo li ringraziò per la loro ospitalità.

24. Dopo la morte di Egeo, Teseo ebbe un pensiero grande e meraviglioso: radunò tutti gli abitanti dell'Attica, rendendoli un solo popolo, cittadini di una città, mentre prima che fossero dispersi, difficilmente potevano essere riuniti, anche se fosse era una questione di bene comune, e spesso tra loro scoppiavano dissensi e vere e proprie guerre. Girando dem dopo dem e clan dopo clan, spiegava ovunque il suo piano, comuni cittadini e poveri si inchinavano rapidamente alle sue esortazioni, e alle persone influenti prometteva uno stato senza re, una struttura democratica che avrebbe dato a lui, Teseo, solo un posto di capo militare e custode delle leggi, nel resto, porterà l'uguaglianza a tutti, e riuscì a persuadere alcuni, mentre altri, temendo il suo coraggio e il suo potere, ormai già considerevole, preferirono cedere alla bontà piuttosto che sottomettersi alla coercizione. Quindi, dopo aver distrutto pritanei e case popolari separate e sciolto le autorità locali, eresse un unico pritanei e una casa popolare comune a tutti nell'attuale parte vecchia della città, chiamò la città Atene e stabilì Panathenei - una festa comune con sacrifici. Inoltre, il sedicesimo giorno del mese di hecatombeon, ha celebrato Metekii 42, che sono ancora celebrati. Quindi, dopo aver rinunciato, come promesso, al potere reale, Teseo iniziò a organizzare gli affari di stato e, prima di tutto, si rivolse agli dei per chiedere consiglio. Da Delfi ricevette la seguente risposta:

Discendente di Egeo, Teseo, figlia di Pitfey!

Molte città e terre straniere limiti e lotti

Mio padre stesso ha consegnato e affidato la tua città.

Ma non temere eccessivamente e non tormentare il tuo spirito con dolore;

Sarai come un otre leggero, nuoterai nel mare profondo.

Lo stesso si dice sia stato annunciato ad Atene in seguito dalla Sibilla:

Ti tufferai negli abissi, come un otre, ma il destino non ti permetterà di annegare.

25. Nel tentativo di accrescere ulteriormente la città, Teseo vi chiamò tutti, offrendo i diritti di cittadinanza, e l'annuncio: "Venite qui, popoli tutti" appartiene, dicono, a Teseo, che volle stabilire un'alleanza di tutti popoli. Ma non ha permesso che le folle disordinate di immigrati provocassero confusione e disordine nello stato: ha prima individuato le proprietà dei nobili, dei proprietari terrieri e degli artigiani, e ha lasciato che i nobili giudicassero l'adorazione di Dio, occupassero le posizioni più alte, come così come insegnare le leggi e interpretare le istituzioni divine e umane, sebbene nel complesso, per così dire, eguagliò tra loro tutti e tre i possedimenti: i nobili superarono gli altri in dignità, i proprietari terrieri con lavoro utile, gli artigiani in numero . Il fatto che Teseo, secondo Aristotele, sia stato il primo a mostrare favore alla gente comune e abbia rinunciato all'autocrazia, è apparentemente testimoniato anche da Omero 43, che nella "Lista delle navi" chiama "popolo" solo gli Ateniesi.

Teseo coniò una moneta, imprimendovi sopra l'immagine di un toro: o era un'allusione al toro di Maratona o al comandante di Minosse, oppure un consiglio ai concittadini di dedicarsi all'agricoltura. Da qui, dicono, provenivano le espressioni "vale cento tori" 44, "vale dieci tori".

Dopo aver annesso Megaride all'Attica, Teseo fece erigere sull'Istma un famoso pilastro con due linee giambiche che delimitavano le terre vicine. Una riga, rivolta a est, diceva:

Questa non è la terra del Pelope, ma della Ionia,

e l'altro, guardando a occidente, riferiva:

Questa è la terra dei Pelope, non Ionia.

Fu il primo a seguire le orme di Ercole nell'organizzazione delle gare, ritenendo per sé una gloria che i Greci, che grazie ad Ercole celebrano le Olimpiadi in onore di Zeus, grazie a lui celebreranno l'Istmico in onore di Poseidone. (Le gare dedicate a Melikerts 45 che vi si svolgevano si svolgevano di notte e assomigliavano più a sacramenti che a uno spettacolo e a una magnifica festa.) Alcuni, tuttavia, affermano che i Giochi Istmici siano dedicati a Skiron, poiché Teseo voleva espiare l'omicidio del suo parente: dopotutto, Skiron era figlio di Kanet e Geniohi, figlia di Pittheus. Infine, altri chiamano il figlio di Genioha non Skiron, ma Sinida: è in suo onore che questi giochi furono istituiti da Teseo. Teseo fu d'accordo con i Corinzi e ordinò loro di concedere agli Ateniesi che arrivavano per i giochi tanto spazio nei ranghi onorari quanto ne avrebbe coperto la vela spiegata di Theoris 46. Così scrivono Ellanico e Androne di Alicarnasso.

26 Secondo Filocoro e alcuni altri, Teseo salpò con Ercole verso le coste del Ponto Eusino, aiutandolo nella guerra contro le Amazzoni, e ricevette Antiope come ricompensa per il coraggio. Ma la maggior parte degli storici - inclusi Ferecide, Ellanico ed Erodoro - sostengono che Teseo inseguì Ercole, sulla sua nave, e catturò l'Amazzonia; questo suona più convincente, perché nessuno dei suoi compagni d'armi avrebbe fatto prigioniera un'amazzone, e Bion dice che l'unica fu catturata e portata via con l'inganno. Per natura le Amazzoni sono coraggiose, non solo non sono fuggite quando Teseo è sbarcato sulla loro terra, ma gli hanno persino inviato doni di ospitalità. E Teseo chiamò colui che li portò alla nave, e quando lei salì a bordo, si allontanò dalla riva.

Un certo Menekrates, che pubblicò la storia della città bitiniana di Nicea, scrive che Teseo, preso possesso di Antiope, non lasciò subito il paese delle Amazzoni. Tra i suoi compagni c'erano tre giovani di Atene, i fratelli Evney, Foant e Soloent. Quest'ultimo si innamorò di Antiope e, nascondendo a tutti i suoi sentimenti, si confidò con uno dei suoi compagni. Parlò con Antiope, che rifiutò risolutamente la ricerca dell'amante, ma reagì ragionevolmente e con tolleranza e non si lamentò con Teseo. Soloent, disperato, si gettò in un fiume e annegò, e Teseo, avendo appreso della causa della sua morte e della passione del giovane, fu estremamente turbato, e questo dolore gli ricordò un oracolo pitico, che considerava appropriato alle sue circostanze di allora. La Pizia di Delfi gli ordinò, non appena il dolore e lo sconforto inevitabili lo colsero in terre straniere, di costruire una città in quel luogo e di lasciare uno dei suoi come sovrani in esso. Ecco perché, dopo aver fondato la città, le diede il nome Pythopolis, in onore di Apollo, e il vicino fiume - Soloent, in memoria del giovane; nominò governatori e legislatori della nuova città i fratelli del defunto, e insieme a loro Hermas, un ateniese della nobiltà. Secondo lui, uno dei luoghi della città era chiamato "La casa di Herm", ma i Pitopoliti aggiunsero erroneamente una sillaba in più e dissero "La casa di Hermes", la gloria che apparteneva all'eroe, trasferendola a Dio.

27. Questo è stato il motivo della guerra con le Amazzoni, che, a quanto pare, si è rivelata una questione tutt'altro che insignificante, non un passatempo femminile. Ed è vero che le Amazzoni non si sarebbero accampate nella stessa Atene e non avrebbero combattuto molto vicino a Pnyx e Musaeus 47 se prima non avessero preso possesso dell'intero paese e non si fossero avvicinate senza paura alle mura della città. È difficile credere che, secondo Ellanico, siano giunti in Attica, dopo aver attraversato il Bosforo Cimmero sul ghiaccio, ma il fatto che si siano accampati quasi nell'Acropoli è testimoniato dai nomi di molti luoghi e dalle tombe dei caduti. Per molto tempo entrambe le parti hanno esitato, non osando iniziare, ma, alla fine, Teseo, seguendo una sorta di divinazione, ha fatto un sacrificio all'Orrore 48 e ha colpito il nemico. La battaglia ebbe luogo nel mese di Boedromion, in memoria del quale gli Ateniesi celebrano la festa di Boedromia. Clydemo, cercando di essere preciso in tutto, riferisce che l'ala sinistra delle Amazzoni si estendeva fino all'attuale Amazzonia, mentre a destra avanzavano sulla Pnice lungo la Crisa. Con l'ala destra, gli Ateniesi iniziarono a combattere, scendendo dal Museo, e le tombe degli uccisi sono sulla strada che conduce alla porta vicino al santuario dell'eroe Calcodonte, che ora si chiama Pireo. In questa battaglia gli Ateniesi si ritirarono davanti alle donne ed erano già al tempio di Eumenidi, quando l'altro loro distaccamento, arrivato in tempo da Palladio, Ardette e Liceo, respinse le Amazzoni nello stesso accampamento, infliggendo pesanti perdite a loro. Nel quarto mese di guerra, gli avversari conclusero una tregua attraverso la mediazione di Ippolita (Clydem chiama la fidanzata di Teseo non Antiope, ma Ippolita); tuttavia, alcuni storici affermano che questa donna cadde dalla lancia di Molpadia, combattendo accanto a Teseo, e fu eretto un monumento vicino al tempio dell'Olimpo Gaia sul suo corpo. Non c'è nulla di sorprendente nel fatto che la storia vaghi nell'oscurità, raccontando eventi così lontani. Così, ad esempio, ci viene detto che Antiope contrabbandò le Amazzoni ferite a Calcide, e lì ricevettero le cure necessarie, e alcune furono sepolte vicino al luogo ora chiamato Amazzonia. Ma il fatto che la guerra si concluse con un accordo di pace è testimoniato anche dal nome di Gorkomosia 49, adiacente al tempio di Teseo, e dai sacrifici che anticamente venivano portati alle Amazzoni alla vigilia di Teseo. I Megaresi mostrano anche la tomba delle Amazzoni sulla strada dalla piazza alla cosiddetta Rus, dove si trova Rhomboid 50. Si dice che anche altre Amazzoni siano morte vicino a Cheronea e siano state sepolte sulle rive di un ruscello che un tempo si chiamava Fermodon, ma ora è Haemona. Ciò è affermato nella biografia di Demostene 51 . Sembra che le Amazzoni abbiano attraversato la Tessaglia non senza difficoltà: le loro tombe sono ancora visibili a Scotussa presso Cynoscephalus.

28. Ecco tutto ciò che riguarda le Amazzoni che merita una menzione. Per quanto riguarda la storia dell'autore di Teseida 52 sulla rivolta delle Amazzoni contro Teseo, che sposò Fedra, su come Antiope attaccò la città, su come altre Amazzoni si precipitarono dietro di lei, assetate di vendetta sull'autore del reato, e su come Ercole le interruppe - anche tutto questo è come una fiaba, come una fantasia.

Teseo sposò Fedra dopo la morte di Antiope, dalla quale ebbe un figlio, Ippolito, o, come dice Pindaro, Demofonte. Sulle disgrazie di Fedra e del figlio di Teseo, tutti gli storici e i tragici scrivono in perfetto accordo, e quindi si dovrebbe presumere che il corso degli eventi nella loro presentazione corrisponda alla verità.

29. Ci sono altre leggende sui matrimoni di Teseo 53 che non arrivarono a teatro, senza un inizio esaltato, senza un lieto fine. Ha rapito, dicono, la ragazza Anax di Troesen O, con la forza prese le figlie di Sinida e Kerkion uccise da lui, sposò Peribeo, madre di Aiace, Ferebey, Iope, figlia di Ificle. È accusato di essersi innamorato di Egla, la figlia di Panopey, e, come detto sopra, ha abbandonato Arianna, lo ha abbandonato in modo ignobile e disonorevole. E infine il rapimento di Elena, che riempì l'intera Attica con il suono delle armi, e per lo stesso Teseo finì con la fuga e la morte. Ma ne parleremo più avanti.

Era un periodo in cui gli uomini più coraggiosi compivano molte imprese difficili, ma Teseo, secondo Erodoro, non prese parte a nessuna di esse, ad eccezione della battaglia dei Lapiti con i centauri. Altri scrivono che era in Colchide con Giasone, e andò con Meleagro su un cinghiale (da qui il proverbio: "Non senza Teseo"), e lui stesso compì molte azioni meravigliose da solo, senza bisogno di alleati, e dopo di lui la gloria del "secondo Ercole" è stato rafforzato. Aiutò Adrasto a seppellire i corpi di coloro che caddero sotto Cadmea 54, ma non sconfiggendo i Tebani in battaglia, come raffigurava Euripide nella tragedia, ma persuadendoli a una tregua. Questa è l'opinione della maggior parte degli scrittori; Filocor aggiunge addirittura che questo fu il primo accordo sulla sepoltura dei cadaveri, ma in realtà il primo a consegnare al nemico i suoi morti fu Ercole (vedi il nostro libro su di lui 55). Le tombe dei guerrieri ordinari si trovano a Eleuthera, e quelle dei generali sono vicino a Eleusi: questo è un altro favore concesso da Teseo ad Adrasto. I Supplicanti di Euripide sono confutati, tra l'altro, dagli Eleusini di Eschilo, dove Teseo è raffigurato mentre racconta questi eventi.

30. L'amicizia con Piritoo iniziò con lui nel modo seguente. La voce sulla forza e il coraggio di Teseo si diffuse in tutta la Grecia, e ora Piritoo, volendo metterlo alla prova, rubò le mucche di Teseo da Maratona e, sentendo che il proprietario, con un'arma in mano, si era messo sul sentiero, lo fece non correre, ma si voltò verso di lui. Non appena, tuttavia, entrambi i mariti si videro, ciascuno fu deliziato dalla bellezza e dal coraggio del nemico; si astenevano dal combattere, e Piritoo, il primo ad allungare la mano, chiese a Teseo stesso di essere il giudice: avrebbe acconsentito a qualsiasi punizione che gli avrebbe assegnato per aver rubato le mucche. Teseo non solo lo assolse dalla sua colpa, ma offrì anche a Piritoo l'amicizia e un'alleanza nella lotta contro i nemici. Pirithous acconsentì e suggellarono il loro accordo con un giuramento.

Dopo qualche tempo, Piritoo, in procinto di sposare Deidamia 56, invitò Teseo a guardare la terra dei Lapiti e conoscerli meglio. Accadde così che lo sposo invitò i centauri al banchetto di nozze. Ubriachi, iniziarono ad agire in modo oltraggioso e sfacciatamente attaccati alle donne, i Lapiti respinsero i combattenti e ne uccisero alcuni sul posto, mentre altri furono successivamente sconfitti in battaglia ed espulsi dal paese, e Teseo aiutò i suoi amici in questa guerra. Erodoro racconta gli avvenimenti in modo diverso: Teseo, se lo segui, venne in aiuto dei Lapiti quando la guerra era già iniziata, e nello stesso tempo vide per la prima volta con i propri occhi Ercole, che si poneva il obiettivo di incontrarlo a Trakhina, dove Ercole viveva in pace, avendo già compiuto i suoi vagabondaggi e le sue imprese, e che l'incontro fosse pieno di rispetto reciproco, cordialità e lodi reciproche. Tuttavia, ci si può piuttosto unire a coloro che affermano di essersi incontrati spesso e che Ercole fu iniziato ai sacramenti dalle cure di Teseo e dalle sue cure fu mondato dai peccati involontari alla vigilia dell'iniziazione 57 .

31. Già cinquantenne, dimenticando la sua età, Teseo, come racconta Ellanico, portò via Elena, e per togliergli questa gravissima accusa, altri dicono che Elena non fu rapita da Teseo, ma da Ida con Linkey, mentre lui si limitava a prenderla sotto scorta, custodire e rifiutare la richiesta dei Dioscuri di restituirle la sorella, oppure - pensate! - come se lo stesso Tyndar 58 gli desse una figlia, piccolissima e poco intelligente, temendo che Enarefor, figlio di Ippocoonte, non la prendesse con la forza.

Questo, tuttavia, è ciò che più assomiglia alla verità ed è supportato dalla maggior quantità di prove. Teseo e Piritoo si unirono a Sparta e, dopo aver rapito la ragazza mentre ballava nel tempio di Artemide Orthia, fuggirono. L'inseguitore inviato dietro di loro, giunto a Tegea, tornò indietro; dopo aver attraversato il Peloponneso senza ostacoli, i rapitori hanno convenuto che colui che avrebbe preso Elena a sorte avrebbe aiutato il suo compagno a prendere un'altra donna. La sorte cadde su Teseo; prese la ragazza, che non era ancora giunta l'ora di sposarsi, la condusse ad Afidne e, affidandole sua madre Etra, li affidò entrambi alle cure dell'amico Afidnus, ordinandogli di custodire Elena e di nascondersi da occhi indiscreti, e lui stesso, pagando il servizio a Piritoo per il servizio , andò con lui in Epiro per prendere la figlia di Aidoneus 59, re dei Molossi. Avendo dato a sua moglie il nome di Persefone, sua figlia - Kora e il cane - Kerberos, Aidoneus si offrì di combattere con questo cane a chiunque avesse corteggiato Kora, promettendo che il vincitore l'avrebbe ricevuta come sua moglie. Ma, avendo saputo che Piritoo e il suo amico intendevano non corteggiare la ragazza, ma rapirla, ordinò di sequestrare entrambi, e Piritoo fu subito fatto a pezzi da Cerbero, e Teseo fu rinchiuso in prigione.

32. Nel frattempo, Menesteo, figlio di Peteois, nipote di Orneos e pronipote di Eretteo, sarebbe stato il primo dei mortali che, per scopi egoistici, iniziarono a cercare il favore del popolo e adulare la folla, cercò di irritare e amareggiati cittadini potenti, i quali avevano a lungo tollerato Teseo con difficoltà, considerando che egli, avendo privato i nobili del potere regio che spettava a ciascuno di loro nel proprio deme, e avendoli riuniti tutti in una sola città, li aveva fatti suoi sudditi e schiavi; ha incitato la gente comune alla rivolta, suggerendogli che la sua libertà non è altro che un sogno, che in realtà ha perso sia la patria che i santuari nativi, perché invece di molti re, legittimi e buoni, guarda con timore a un signore - uno sconosciuto e uno sconosciuto! L'attuazione dei piani ribelli di Menesteo fu notevolmente facilitata dalla guerra con i Tindaridi, che invasero l'Attica. (Alcune persone generalmente credono di essere venute solo alla chiamata di Menesteo.) Senza ferire nessuno all'inizio, chiesero che la loro sorella fosse restituita loro. I cittadini risposero che non avevano una ragazza e che non sapevano dove fosse tenuta sotto sorveglianza, quindi Castore e Polideuce iniziarono le operazioni militari. Ma l'Accademia, avendo in qualche modo scoperto che Elena era nascosta ad Afidni, rivelò tutto ai Dioscuri. Per questo fu onorato durante la sua vita dai Tindaridi, e successivamente dai Lacedemoni, non importa quante volte attaccarono l'Attica, devastando crudelmente l'intero paese, risparmiando invariabilmente l'Accademia 60 in memoria dell'Accademia. È vero, Dicearco scrive che Echem e Marath dell'Arcadia erano alleati dei Tindariidi e che Ekhedemia, l'attuale Accademia, prese il nome dalla prima, e dalla seconda dem Maratona: in adempimento di una certa profezia, Marath si lasciò volontariamente sacrificato prima della battaglia.

Muovendosi verso Afidni, Castor e Polydeuces li presero, sconfiggendo il nemico. Nella battaglia, dicono, cadde Galik, il figlio di Skiron, che combatté dalla parte dei Dioscuri, quindi l'area di Megaris, dove fu sepolto, si chiama Galik. Gerey riferisce che Galik morì per mano di Teseo stesso, e come prova cita i seguenti versi su Galik:

Nell'ampia pianura di Afidna

Combattendo coraggiosamente per l'onore della riccia Elena, sconfitta

Era Teseo...

Ma è improbabile che i nemici, Teseo tra i suoi, possano catturare sua madre e Afidna.

33. Quindi, il nemico ha preso possesso di Afidni. Tutti i cittadini erano spaventati e Menesteo persuase il popolo a far entrare in Atene i Tindaridi e ad accoglierli amichevolmente, i quali si dice siano in guerra solo con Teseo, istigatore di inimicizia e violenza, ma per tutti gli altri sono benefattori e salvatori. La veridicità di queste parole era confermata anche dal comportamento dei vincitori: possedendo tutto, non pretendevano nulla e chiedevano solo di iniziarli ai sacramenti, riferendosi alla parentela che li lega ad Atene non meno strettamente di Ercole. La loro richiesta fu rispettata, ed entrambi furono adottati da Afidn, come aveva precedentemente Pilio Ercole, e poi acquisirono gli onori divini sotto il nome di Anakov 61 in ricordo di una tregua o di una vigile cura, come se qualcuno non avesse subito alcuna offesa dal enorme esercito di stanza nelle mura della città (osserva attentamente o segui qualcosa - in greco "anak O Con uh hein"; probabilmente i re si chiamano " UN naktas" [ánaktas] per lo stesso motivo). Alcuni pensano che fossero chiamati Anakami dopo le stelle che apparivano nel cielo, perché "sopra" in attico "un e kas", e "dall'alto" - ​​"an e katen".

34. La madre catturata di Teseo, Etra, fu portata, come si dice, a Lacedemone, e da lì fu portata insieme ad Elena a Troia, a favore della quale anche Omero testimonia, dicendo che Elena fu affrettata a cercarla

Etra, figlia di Pittea, e Climene, dall'aspetto brillante 62 .

Altri, tuttavia, respingono sia questo versetto come spurio, sia la tradizione di Monaco, che Laodice avrebbe partorito segretamente a Troia da Demofonte, 63 e allevata con lei da Etra. Istres fornisce informazioni assolutamente speciali, a differenza di qualsiasi altra informazione su Etra nel trentesimo libro della "Storia dell'Attica": secondo alcuni scrittori, dichiara, Alessandro-Parigi fu sconfitto da Achille e Patroclo nella battaglia sulle rive dello Sperchei 64, ed Ettore prese e devastò Trezene e portò via Etra da lì. Tuttavia, questa è una totale assurdità!

35. Nel frattempo, Aidoneo di Molos, ricevendo Ercole nella sua casa, menzionò accidentalmente Teseo e Piritoo - sul motivo per cui vennero e su come pagarono la loro audacia quando furono smascherati, ed Ercole era difficile da sentire che uno morì senza gloria, e l'altro rischia di morire. Quanto alla morte di Piritoo, Ercole ora considerava inutili tutte le lamentele e i rimproveri, ma iniziò a chiedere di Teseo, esortando il re a liberare il suo prigioniero per rispetto nei suoi confronti, Ercole. Aidoneo acconsentì e Teseo, uscito libero e tornato ad Atene, dove i suoi sostenitori non erano ancora del tutto sconfitti, dedicò tutti i luoghi sacri che la città gli aveva precedentemente assegnato, dedicati ad Ercole, ordinando che d'ora in poi si chiamassero non Teseo. , ma Eracle - tutti tranne quattro , come sottolinea Filocor. Ma, volendo governare e governare lo stato come prima, incontrò subito disordini e ribellioni, facendo sì che quelli che lasciava pieni di odio per lui, ora, inoltre, avevano cessato di aver paura di lui, e il popolo aveva peggiorarono notevolmente: non erano più disposti a eseguire silenziosamente gli ordini, ma ad attendere favori e adulazioni.

Teseo cercò di sottomettere i nemici con la forza, ma rimase vittima di intrighi e congiure e, alla fine, persa ogni speranza di successo, trasportò segretamente i bambini in Eubea da Elefenor, figlio di Calcodonte, e da lui stesso, maledicendo solennemente gli Ateniesi a Gargetta, nel luogo che ora si chiama Araterius 65, navigarono verso Skyros, dove sperava che i suoi amici lo stessero aspettando e dove suo padre un tempo aveva posseduto le terre. Il re di Sciro era allora Licomede. Arrivato da lui, Teseo espresse il desiderio di riavere i possedimenti del padre per stabilirvisi. Alcuni dicono che abbia chiesto aiuto al re contro gli Ateniesi. Ma Licomede, o temendo la gloria di suo marito, così grande, o volendo compiacere Menesteo, condusse Teseo sulla montagna più alta dell'isola, presumibilmente per mostrargli i suoi beni, e lo spinse giù dalla scogliera. Teseo fu picchiato a morte. Altri, invece, raccontano che lui stesso cadde, scivolando durante una normale passeggiata dopo cena.

A quel tempo, la sua morte passò inosservata. Menesteo regnò ad Atene 66, ei figli di Teseo, come semplici cittadini, andarono con Elefenor vicino a Troia. Ma quando Menesteo morì, tornarono ad Atene e riconquistarono il loro regno. Solo in tempi molto successivi gli Ateniesi decisero di riconoscere Teseo come un eroe e di onorarlo di conseguenza; tra le altre considerazioni, furono guidati dal fatto che molti dei soldati che combatterono i persiani a Maratona, Teseo apparve in armatura completa, correndo contro i barbari davanti ai ranghi greci.

36. Dopo la fine delle guerre persiane, sotto l'arconte Fedone, la Pizia ordinò agli Ateniesi, che interrogarono l'oracolo, di raccogliere le ossa di Teseo e, dopo averle sepolte con onore, conservarle con cura. Ma non è stato facile prendere le ceneri e persino trovare la tomba a causa dell'indole cupa e riservata dei Dolops che abitavano Skyros. Tuttavia, quando Cimone, come si racconta nella sua biografia 67, prese l'isola e ardeva dal desiderio di trovare un luogo di sepoltura, avvenne, dicono, che notò un'aquila che beccava con il becco e lacerava con gli artigli qualche tumulo. Oscurato, Kimon ordinò di scavare. Un'enorme bara è stata trovata sotto la collina, una lancia di rame e una spada giacevano nelle vicinanze. Quando Cimone portò tutto questo sulla sua trireme, gli Ateniesi, rallegrandosi, organizzarono un solenne incontro, con magnifiche processioni e sacrifici, come se Teseo stesse tornando. Ora i suoi resti giacciono nel centro della città, vicino al ginnasio 68, e questo luogo funge da rifugio per. schiavi e in generale per tutti i deboli e gli oppressi che temono i forti, poiché Teseo forniva anche protezione e patrocinio alle persone e ascoltava sempre favorevolmente le richieste dei deboli.

La festa principale in suo onore si celebra l'ottava pianepsion, il giorno in cui lui, insieme ai ragazzi e alle ragazze ateniesi, tornò da Creta. Tuttavia, gli vengono fatti sacrifici anche negli ottavi giorni dei restanti mesi - o perché è venuto per la prima volta da Trezene l'ottavo ecatombeone (tale è l'opinione di Diodoro il Viaggiatore), o credendo che questo numero gli sia particolarmente vicino, poiché è considerato il figlio di Poseidone, e i sacrifici a Poseidone vengono fatti l'ottava data di ogni mese. Dopotutto, l'otto è il cubo del primo dei numeri pari e il primo quadrato raddoppiato, e quindi in modo dignitoso segna l'affidabilità e l'inviolabilità inerenti al potere del dio, che noi chiamiamo l'Incrollabile e il Custode della Terra.

1. Da chi e per quale motivo la città di Roma ha ricevuto il suo grande nome, che è volato intorno a tutte le nazioni, - i giudizi degli scrittori non sono gli stessi. Alcuni ritengono che i Pelasgi, che percorsero quasi tutto il mondo e conquistarono quasi tutti i popoli della terra, vi si stabilirono e chiamarono la città con questo nome in ricordo della potenza delle loro armi 69 . Altri sostengono che dopo la presa di Troia, i pochi fuggitivi che riuscirono a salire a bordo delle navi furono portati dal vento fino alle coste dell'Etruria e ancorati vicino alla foce del fiume Tevere. Le donne con grande difficoltà sopportarono il viaggio e soffrirono molto, e ora una certa Roma, apparentemente superiore alle altre sia per nobile famiglia che per mente, diede alle sue amiche l'idea di bruciare le navi. E così hanno fatto; all'inizio i mariti erano arrabbiati, ma poi, volenti o nolenti, si umiliarono e si stabilirono vicino a Pallanzio 70 , e quando presto tutto andò meglio di quanto si aspettassero - il terreno si rivelò fertile, i vicini li accolsero amichevolmente - onorarono Roma con ogni tipo di segno di rispetto e, tra l'altro, ha chiamato a suo nome la città costruita grazie a lei. Si dice che da quel momento sia diventata usanza per le donne baciare sulle labbra i parenti e i mariti, perché, dando fuoco alle navi, baciavano e accarezzavano i mariti in questo modo, pregandoli di cambiare la loro rabbia in misericordia . 2. Si ritiene inoltre che il nome della città sia stato dato da Roma, figlia di Italo e Leucaria (secondo altre fonti - Telef, figlio di Ercole), che sposò Enea (secondo altre fonti - Lecanio, il figlio di Enea). Alcuni pensano che la città sia stata fondata da Romano, nato da Ulisse e da Kirk, altri - quel Rom, figlio di Emathion, inviato da Diomede da Troia, altri - che il tiranno dei Latini Romis, che scacciò gli Etruschi, che un tempo migrarono dalla Tessaglia alla Lidia, e di là in Italia.

Anche chi esprime l'opinione più corretta, ritenendo che la città abbia preso il nome da Romolo, giudica diversamente l'origine di quest'ultimo. Alcuni credono che fosse figlio di Enea e Dexithea, figlia di Forbant, e che venne in Italia giovanissimo con suo fratello Rom. Nell'alluvione del fiume morirono tutte le navi, solo quella su cui si trovavano i bambini sbarcò silenziosamente sulla riva in pendenza; questo luogo è stato salvato oltre ogni aspettativa e chiamato Roma. Altri scrivono che Romula diede alla luce Roma, figlia della suddetta donna troiana, e moglie di Latina, figlio di Telemaco, altri che fosse figlio di Emilia, figlia di Enea e Lavinia, da lei concepita da Ares . C'è, infine, una storia completamente favolosa sulla sua nascita. Il re degli Albani Tarhetius, uomo estremamente feroce e crudele, ebbe una visione sorprendente: un membro maschile sorse dal focolare della sua casa e non scomparve per molti giorni di seguito. In Etruria c'è un indovino Tethys, da dove a Tarhetius fu consegnata una profezia dicendo che avrebbe dovuto unire una ragazza con una visione: darà alla luce un figlio che guadagnerà grande fama e si distinguerà per valore, forza e fortuna, Tarhetius ne parlò a una delle sue figlie e le ordinò di adempiere l'ordine dell'oracolo, ma lei, aborrendo tali rapporti, mandò una cameriera invece di se stessa. Il furioso Tarhetius li rinchiuse entrambi in prigione e li condannò a morte, ma Vesta gli apparve in sogno e proibì alle ragazze di essere giustiziate; poi il re escogitò il seguente trucco: diede ai prigionieri un telaio e promise che quando avessero finito di lavorare si sarebbero potuti sposare, ma tutto ciò che avrebbero avuto il tempo di tessere in un giorno, altre donne, per ordine di Tarhetius, lascia andare la notte. Lo schiavo diede alla luce due gemelli e Tarhetius diede i bambini a un certo Teratius perché li uccidesse. Teratius, invece, lasciò i bambini sulle rive del fiume, e una lupa cominciò ad andare lì e a nutrirli con il suo latte, volarono tutti i tipi di uccelli, portando pezzi di cibo ai neonati nel becco, finché alcuni il pastore li notò. Rimase estremamente stupito, ma nonostante ciò decise di avvicinarsi e portare via i bambini. Così furono salvati e, essendo maturati, attaccarono Tarhetius e lo sconfissero. Questa storia è data da un certo Promfion nella sua Storia d'Italia.

3. La versione più plausibile e supportata dal maggior numero di prove nelle sue caratteristiche principali fu trasmessa per la prima volta ai Greci da Diocle da Peparefos. Fabius Pictor l'ha accettato quasi invariato, e sebbene ci siano alcune differenze tra loro, in generale il contenuto della loro storia è il seguente.

I discendenti di Enea regnarono ad Alba 72 e l'ordine di successione portò al potere due fratelli: Numitore e Amulio. Amulio divise la proprietà di suo padre in due parti, opponendosi al regno della ricchezza, compreso l'oro portato da Troia, e Numitore scelse il regno. Possedere la ricchezza che gli ha dato più influenza e opportunità di quelle che aveva suo fratello, Amulio privò facilmente Numitore del potere e, temendo che la figlia del re deposto non avrebbe avuto figli, la nominò sacerdotessa di Vesta, condannandola all'eterna verginità e al celibato. Alcuni chiamano questa donna Elia, altri Rea, altri Silvia. Poco dopo si scoprì che era incinta e che, quindi, era stata violata la legge data alle Vestali. Solo l'intercessione della figlia reale Ant O di fronte a suo padre la salvò dall'esecuzione, ma il criminale fu tenuto rinchiuso, ea nessuno le fu permesso, affinché non fosse liberata dal fardello, all'insaputa di Amulio.

Alla fine, ha dato alla luce due maschi di dimensioni e bellezza straordinarie. Ciò allarmò ancora di più Amulio e ordinò al suo servo di prenderli e gettarli da qualche parte lontano. Il nome del servo era Faustolo, alcuni dicono, ma altri dicono che il nome non è il nome del servo, ma quello che ha trovato e raccolto i bambini. Allora il servo mise i neonati in una tinozza e scese al fiume per gettarli in acqua, ma, vedendo quanto era veloce e turbolenta la corrente, non osò avvicinarsi e, lasciando il suo fardello sul bordo della scogliera, se ne andò. Nel frattempo, il fiume è straripato, l'alluvione ha raccolto la vasca e l'ha portata con cura in un luogo tranquillo e pianeggiante, che ora si chiama Kermal 73, e ai vecchi tempi si chiamava Herman - apparentemente perché "fratelli" in latino sono "tedeschi". .

4. Nelle vicinanze cresceva un fico selvatico, chiamato Ruminal, o in onore di Romolo (tale è l'opinione della maggioranza), o perché i ruminanti si nascondevano alla sua ombra dal caldo di mezzogiorno, o - più precisamente - perché lì i neonati succhiavano il latte: il capezzolo degli antichi chiamavano "ruma", e una certa dea, che, come si pensava, sovrintendeva all'alimentazione dei bambini, era Rumina, e le venivano fatti sacrifici senza vino, aspergendo la vittima con il latte. I bambini giacevano sotto questo albero e la lupa, come si suol dire, portava i suoi capezzoli alle labbra e il picchio l'aiutava a nutrire e proteggere i gemelli. Sia la lupa che il picchio sono considerati animali sacri di Marte, e il picchio gode di un onore speciale tra i latini. Pertanto, quando la figlia di Numitor affermò di aver dato alla luce Marte, fu prontamente creduta. Dicono, tuttavia, che sia stata ingannata da Amulio, che le è apparso davanti in armatura e ha preso la sua verginità con la forza. Secondo una visione diversa, l'ambiguità del nome dell'infermiera ha trasformato la tradizione in una pura fiaba. "Lupa" in latino è sia una femmina di lupo che una donna impegnata nel commercio di una meretrice, ma proprio una donna del genere era la moglie di Faustula, di nome Akka Larentia, che allevò i ragazzi. I romani le offrono sacrifici e nell'aprile del 75 il sacerdote di Marte fa una libagione funebre in suo onore, e questa festa si chiama Larentes.

5. I Romani onorano un'altra Larentia 76, e per questo motivo. Una volta il guardiano del tempio di Ercole, apparentemente non sapendo come divertirsi, decise di giocare a dadi con Dio, stabilendo che se vincesse, Dio gli concederebbe la misericordia che chiede, e se perde, offrirà a Dio un trattamento generoso e condurrà bella donna. In tali condizioni, ha lanciato i dadi per Dio, poi per se stesso e ha perso. Volendo mantenere la parola data e adempiere onestamente all'accordo, preparò una cena per il dio e, assoldata Larenzia, che era graziosa e non si era ancora apertamente abbandonata alla fornicazione, prima la intrattenne, sistemando un letto nel tempio, e dopo cena la rinchiuse lì, come se il dio intendesse davvero impossessarsi di lei. Ma si dice che Ercole si sia effettivamente sdraiato con la donna, e poi le abbia ordinato di andare al foro la mattina presto, baciare il primo che incontra per strada e farne il suo amante. Ha incontrato un uomo di età avanzata, ricco, senza figli e single, di nome Taruty. Conobbe Larentia, si affezionò a lei e, morendo, la lasciò erede di una grande e ricca proprietà, b O la maggior parte dei quali Larentia lasciò in eredità al popolo. Era già famosa tra i suoi concittadini ed era considerata la favorita degli dei, quando improvvisamente scomparve vicino al luogo dove riposavano le ceneri della prima Larentia. Questo luogo è ora chiamato Velabr 77, perché durante le frequenti piene i fiumi lo attraversavano su zattere per arrivare al foro, e l'attraversamento in latino è “velatura”. Alcuni dicono che proprio da questo luogo gli organizzatori di giochi e spettacoli coprissero di teli la strada che portava dal foro al circo, mentre la “vela” dei romani era il “velon”. Questa è l'origine degli onori che i romani tributano alla seconda Larentia.

6. Il porcaro Amulia Faustulus raccolse i bambini - segretamente da tutti o (così dicono altri, la cui opinione è probabilmente più vicina alla verità) con la conoscenza di Numitor, che segretamente aiutava ad allevare i trovatelli. Si dice che siano stati trasportati a Gabii e lì è stato insegnato loro a leggere e scrivere e tutto ciò che le persone di nobile nascita dovrebbero sapere. Ai bambini furono dati i nomi Romulus e Remus, dalla parola capezzolo, poiché furono visti per la prima volta allattare una lupa. Fin dai primi anni della loro vita, i ragazzi si sono distinti per il portamento nobile, l'alta statura e la bellezza, ma quando sono cresciuti entrambi hanno mostrato coraggio, coraggio, capacità di guardare con fermezza negli occhi il pericolo, in una parola - completo impavidità. Ma Romolo sembrava avere una mente più forte, mostrava la sanità mentale di uno statista, ei vicini con cui gli capitava di comunicare - sia sul pascolo del bestiame che sulla caccia - vedevano chiaramente che era stato creato più per il potere che per la sottomissione. Così erano i fratelli buoni rapporti con i loro coetanei e con coloro che stavano al di sotto di loro, ma con i sorveglianti reali, capi e capi pastori, che non superavano in alcun modo i giovani in forza d'animo, si comportavano con arroganza, non prestando attenzione né alla loro rabbia né alle minacce. Conducevano una vita degna di persone libere, considerando però che la libertà non è ozio, non ozio, ma esercizi ginnici, caccia, gare di corsa, lotta ai ladri, cattura dei ladri, protezione degli offesi. Tutto ciò ha portato loro una buona fama.

7. Accadde una volta che i pastori di Amulio litigarono con i pastori di Numitore e rubarono le loro greggi. Romolo e Remo, incapaci di resistere, picchiarono e dispersero i colpevoli e, a loro volta, si impossessarono di un cospicuo bottino. Non consideravano nulla l'ira di Numitore e iniziarono a radunarsi intorno a loro e ad accettare come compagni molti poveri e schiavi, ispirandoli con pensieri audaci e ribelli.

Una volta, quando Romolo compiva una sorta di rito sacro (amava fare sacrifici agli dei e interrogarsi sul futuro), i pastori di Numitore incontrarono Remo con alcuni compagni, lo attaccarono e, uscendo vittoriosi da una lotta in cui entrambe le parti ha ricevuto sia ferite che gravi contusioni catturato Rem vivo. Benché condotto direttamente da Numitore e ivi smascherato, questi, temendo l'indole aspra del fratello, non osò punire lui stesso il malfattore, ma andò dal re e chiese giustizia, appellandosi ai sentimenti fraterni di Amulio e al giustizia del sovrano, i cui servitori lo insultarono sfacciatamente, Numitore. . Gli abitanti di Alba condivisero l'ira di Numitore, credendo che stesse subendo un'umiliazione incompatibile con la sua alta dignità, e, tenuto conto di ciò, Amulio gli diede Remo con la sua testa. Dopo avergli portato il giovane, Numitor lo guardò a lungo, meravigliandosi della sua crescita e forza, che superavano tutto ciò che aveva visto fino ad allora, lo guardò in faccia, su cui erano scritti autocontrollo e determinazione, non inchinandosi alle circostanze, ascoltato storie sulle sue gesta e azioni che rispondevano a ciò che ora vedeva con i propri occhi, e infine - ma prima di tutto, probabilmente per volontà della divinità che dirigeva i primi movimenti di grandi eventi - essendo caduto sulla pista della verità grazie a una felice intuizione e al destino, chiese a Remus chi fosse e da dove venisse, con voce affettuosa e sguardo aggraziato, ispirandogli speranza e fiducia. Rem ha risposto con fermezza: “Bene, non ti nasconderò nulla. Mi sembra che tu sia più vicino al vero re di Amulio. Prima di punire, ascolti e indaghi. E dà alla rappresaglia senza processo. Ci consideravamo i figli di Faustolo e Larenzia, i servi reali (io e mio fratello siamo gemelli), ma poiché siamo stati accusati ingiustamente davanti a te e dobbiamo difendere le nostre vite, sentiamo cose incredibili su noi stessi. Quanto sono vere? Questo apparentemente risolverà il pericolo al quale sono ora esposto. Dicono che la nostra nascita sia avvolta dal mistero e che ancora più misteriosamente e insolitamente ci siamo nutriti e cresciuti, appena nati: siamo stati nutriti dagli uccelli e dagli animali molto selvaggi che siamo stati gettati a mangiare - la lupa ci ha dato il suo latte a bere, e il picchio ci portò a becco pezzi di cibo, mentre eravamo sdraiati in una tinozza sulla riva di un grande fiume. Questa vasca è ancora intatta e sui suoi sostegni di rame ci sono lettere semicancellate. Forse un giorno diventeranno segni di identificazione per i nostri genitori, ma saranno inutili, perché non saremo più vivi. Dopo aver ascoltato questo discorso e aver determinato dall'aspetto di Remus la sua età, Numitor non poté fare a meno di accendersi di gioiosa speranza e iniziò a pensare a come parlare segretamente con sua figlia, che era ancora tenuta sotto sorveglianza.

8. E Faustolo, saputo che Remo era stato catturato e consegnato a Numitore, chiese a Romolo di salvare suo fratello, e poi per la prima volta gli raccontò tutto ciò che sapeva sulla sua nascita. In precedenza, ne parlava solo per accenni, rivelando la verità quanto necessario affinché, rivolgendo i pensieri dei giovani nella giusta direzione, non permettesse che il sentimento di umiltà si stabilisse nelle loro anime. Lui stesso, rendendosi conto di quanto fosse pericolosa la situazione, pieno di paura, prese la vasca e si affrettò da Numitor. La vista del pastore suscitò sospetti nelle guardie reali alle porte della città, e le domande delle guardie lo portarono in completa confusione, e poi notarono la vasca, che nascose sotto il mantello. Tra le guardie c'era per caso uno di quelli che una volta avevano preso i neonati per abbandonarli. Vide la vasca, la riconobbe dal suo lavoro e dalle iscrizioni sulle graffette, e gli balenò un'ipotesi, che riteneva importante, e quindi, senza indugio, offrì il caso al re per considerazione. Dopo lunghe e crudeli torture, Faustul non rimase del tutto irremovibile, però non fu del tutto spezzato: disse che i bambini erano vivi, ma erano lontani da Alba con le mandrie. E avrebbe portato la vasca a Elijah, che ha detto molte volte che voleva guardarla e toccarla con le proprie mani, in modo che la speranza di vedere i bambini diventasse ancora più forte. E qui Amulio commise un errore, che di solito fanno coloro che agiscono in preda alla confusione, alla paura o all'ira: si affrettò a mandare a Numitore il suo amico, un uomo molto onesto, e gli ordinò di sapere se Numitore avesse sentito qualcosa voci sulla salvezza dei bambini . Essendo arrivato a Numitor e vedendo quanto fosse gentile e gentile con Remus, l'inviato alla fine confermò tutte le sue supposizioni, consigliò al nonno e al nipote di mettersi al lavoro il prima possibile e lui stesso rimase con loro, offrendo il suo aiuto.

Tuttavia, anche se non erano inclini ad azioni decisive, le circostanze stesse non tolleravano ritardi. Romolo era già vicino e molti cittadini fuggirono da lui, temendo e odiando Amulio. Inoltre, portò con sé una forza considerevole, divisa in distaccamenti di cento persone; il capo di ciascuno dei distaccamenti portava su un palo un fascio di fieno e sterpaglie. I latini chiamano tali fasci "manipoli". Da qui deriva la parola "maniplars" 78, che ora è usata nelle truppe. Quindi, Remo sollevò una ribellione nella città stessa, e Romolo si avvicinò dall'esterno, e il tiranno, perplesso e confuso, non sapendo come salvargli la vita - cosa fare, cosa decidere - fu catturato dai nemici e ucciso .

Sebbene la maggior parte di queste informazioni sia fornita da Fabio e Diocle di Peparethos, apparentemente il primo storico a scrivere sulla fondazione di Roma, il loro aspetto drammatico e favoloso infonde sfiducia negli altri. Ma se pensiamo a quale straordinario poeta sia il destino stesso, e teniamo conto che lo stato romano non avrebbe mai raggiunto il suo potere attuale, se le sue origini non fossero state divine e l'inizio della storia fosse associato a grandi miracoli, allora tutti i motivi per la sfiducia scompare.

9. Dopo la morte di Amulio, si stabilì ad Alba un ordine stabile. Romolo e Remo però non vollero vivere nella città senza governarla, né governare finché fosse vivo il nonno, e, ceduto a lui il supremo potere, pagato un debito di rispetto alla madre, decisero stabilirsi separatamente e fondare una città dove venivano nutriti. Di tutte le possibili spiegazioni, questa è la più plausibile. I fratelli si trovarono di fronte a una scelta: sciogliere gli schiavi fuggitivi raccolti intorno a loro in una moltitudine e perdere così tutto il loro potere, oppure stabilire con loro un nuovo insediamento. E che gli abitanti di Alba non volessero mescolarsi con gli schiavi fuggiaschi, né concedere loro i diritti di cittadinanza, lo si vede già chiaramente dal rapimento delle donne: il popolo di Romolo si avventurò contro di lui non per impudente malizia, ma solo per di necessità, perché nessuno li avrebbe sposati con buona volontà. Non c'è da stupirsi che trattassero le loro mogli prese con la forza con un rispetto così straordinario. Inoltre, non appena furono innalzati i primi edifici della nuova città, i cittadini istituirono subito un sacro rifugio per i fuggiaschi e lo intitolarono al dio Asil 79 , in questo rifugio ripararono tutti in fila, non consegnando né uno schiavo al suo padrone, o un debitore a un prestatore, o un assassino alle autorità, e dissero che a tutti è concessa l'immunità, obbedendo al detto dell'oracolo pitico. Pertanto, la città crebbe rapidamente, anche se all'inizio non c'erano più di mille case. Ma ne parleremo più avanti.

Non appena i fratelli iniziarono a lavorare, sorse tra loro una disputa sul luogo. Romolo fondò la cosiddetta "Roma della piazza" 80 (cioè Roma quadrangolare) e volle edificarvi una città, e Remo scelse un luogo fortificato sull'Aventino, che fu chiamato Remoria in suo onore, ed è ora chiamato Rignario. Avendo accettato di risolvere la disputa con l'aiuto di uccelli profetici, si sedettero separatamente e iniziarono ad aspettare, e dal lato di Remo sembravano, dicono, sei nibbi, e dal lato di Romolo - il doppio. Alcuni riferiscono che Remus abbia effettivamente visto i suoi uccelli, e Romolo abbia mentito, e che solo quando Remus si è avvicinato, solo dodici aquiloni siano apparsi davanti agli occhi di Romolo. Ecco perché, dicono, e ora, indovinando dagli uccelli, i romani preferiscono gli aquiloni. Erodoro del Ponto scrive che anche Ercole si rallegrava se, intraprendendo qualche affare, notava improvvisamente un aquilone. Ed è vero, dopotutto, questa è la più innocua di tutte le creature sulla terra: non danneggia nulla di ciò che le persone seminano, crescono o pascolano, si nutre di carogne, non distrugge né offende nulla di vivente e non tocca nemmeno uccelli, come i suoi parenti, i morti, mentre aquile, gufi e falchi uccidono i loro compagni di tribù. Come dice Eschilo:

Un uccello tormenta gli uccelli: è davvero pulito? 81

Inoltre, il resto degli uccelli corre davanti ai nostri occhi, li vedrai in qualsiasi momento, e l'aquilone si vede raramente, e difficilmente riusciamo a trovare persone a cui capita di imbattersi in un nido con pulcini di aquilone; tutto questo preso insieme ha ispirato alcuni con l'idea assurda che gli aquiloni ci volino da lontano, da terre straniere. Gli indovini attribuiscono un'origine divina in modo simile a tutto ciò che nasce da solo o non in stretta conformità con le leggi della natura.

10. Rivelando l'inganno, Rem si indignò, e quando Romolo iniziò a scavare un fossato per circondare le mura della futura città, Rem si fece beffe di quest'opera o addirittura la rovinò. Finì per saltare il fosso e subito cadde morto; alcuni dicono che sia stato lo stesso Romolo a colpirlo, altri che Celero, uno degli amici di Romolo. Nella scaramuccia caddero anche Faustolo e suo fratello Plistin, insieme a Faustolo, che, secondo la leggenda, allevò Romolo. Celer fuggì in Etruria, e da quel momento i romani chiamano "celer" ogni persona agile e leggera. Attribuirono questo soprannome anche a Quinto Metello, stupito dall'agilità con cui, pochi giorni dopo la morte del padre, organizzava, in suo ricordo, gare di gladiatori.

11. Dopo aver sepolto Remo e due dei suoi tutori in Remoria, Romolo iniziò a costruire una città. Invitò uomini dall'Etruria, che gli insegnarono in ogni dettaglio i riti, i regolamenti e le regole del caso, come se fosse un'iniziazione ai sacramenti. Al presente Comitato 82 hanno scavato una fossa rotonda e vi hanno messo i primi chicchi di tutto ciò che le persone riconoscevano utili per sé secondo le leggi, e tutto ciò che la natura rendeva loro necessario, e poi tutti gettavano nella stessa manciata di terra portata da quelle regioni da dove era venuto, e tutta questa terra fu agitata. Questa fossa è indicata dalla parola "mundus", la stessa del cielo. Da qui, come dal centro, come a descrivere un cerchio, hanno tracciato il confine della città. Mettendo un coltro di rame nell'aratro e imbrigliando insieme un bue e una vacca, il fondatore stesso arò un solco profondo lungo la linea prevista, e le persone che lo seguirono volsero l'intero strato sollevato dall'aratro verso l'interno, verso la città, non permettendo un unico nodulo per giacere dall'altra parte solchi. Questa linea definisce i contorni del muro, ed è chiamata - con la perdita di alcuni suoni - "misura" 83, che significa: "dietro il muro" o "vicino al muro". Nello stesso punto in cui si pensa di costruire un cancello, si estrae il coltro dal nido, si solleva l'aratro da terra e si interrompe il solco. Pertanto, tutto il muro è considerato sacro, tranne la porta: se anche la porta fosse considerata sacra, l'inevitabile e necessaria importazione ed esportazione di certi oggetti impuri sarebbe una bestemmia.

12. Secondo l'opinione generale, la fondazione di Roma cade l'undicesimo giorno prima delle calende del maggio 84, ei Romani la celebrano, chiamandola il compleanno della patria. All'inizio, come si suol dire, in questo giorno non veniva sacrificato un solo essere vivente: i cittadini credevano che la festa, che portava un nome così significativo, dovesse essere mantenuta pulita, non macchiata di sangue. Tuttavia, già prima della fondazione della città, nello stesso giorno si celebrava la festa dei pastori di Parilia. Ora le calende romane non hanno nulla in comune con i noviluni greci; il giorno della fondazione della città coincide esattamente, dicono, con il trentesimo giorno del mese greco, quando avvenne l'avvicinamento della luna al sole, provocando un'eclissi, che, a quanto pare, conosceva il poeta epico Antimaco di Teos circa e che accadde nel terzo anno della sesta Olimpiade.

Uno degli amici del filosofo Varrone, il più profondo conoscitore della storia tra i romani, fu Taruzio, il filosofo e matematico; per amore della speculazione compilava oroscopi ed era considerato un eccellente astrologo. Varrone suggerì di calcolare il giorno e l'ora della nascita di Romolo in base al suo destino, che rifletteva l'influenza delle costellazioni, così come risolvono problemi geometrici, perché, ragionò Varrone, lo stesso insegnamento che permette, conoscendo l'ora in cui un persona è nata, per prevedere i suoi eventi vita, dovrebbe determinare l'ora della nascita dagli eventi della vita. Taruzio acconsentì e, scrutando le gesta di Romolo e i disastri che lo colpirono, specificando per quanto tempo visse e come morì, confrontando tutte queste e simili informazioni, annunciò con grande coraggio e sicurezza che il fondatore di Roma era stato concepito nel primo anno della seconda Olimpiade 85, il ventitreesimo giorno del mese egiziano di Heak, all'ora terza, al momento di un'eclisse totale di sole, nacque il ventunesimo giorno del mese di Toita alle alba, e Roma fondata il nono giorno del mese di Farmuti tra la seconda e la terza ora (dopotutto, gli astrologi pensano che non solo per una persona, ma anche per una città, il tempo della vita sia rigorosamente misurato, il che può essere giudicato dalla posizione relativa dei luminari nei primi minuti della sua esistenza). Spero che questi dettagli occuperanno piuttosto il lettore con la loro insolita, piuttosto che irritarlo per la totale improbabilità.

13. Dopo aver gettato le basi della città, Romolo divise in distaccamenti tutti coloro che potevano prestare servizio nell'esercito. Ogni distaccamento era composto da tremila fanti e trecento cavalieri ed era chiamato "legione", poiché tra tutti i cittadini sceglievano solo quelli in grado di portare le armi. Tutti gli altri erano considerati persone "semplici" e ricevevano il nome di "populus". Romolo nominò consiglieri cento dei migliori cittadini e li chiamò "patrizi", e la loro assemblea - "senato", che significa "consiglio degli anziani". I consiglieri erano detti patrizi, vuoi perché padri di figli legittimi, vuoi piuttosto perché essi stessi potevano indicare i loro padri: tra coloro che dapprima accorsero in città, solo pochi riuscirono a farlo. Alcuni deducono la parola patrizio da "patronato" - così chiamavano e chiamano ora i romani intercessione: tra i compagni di Evandro si supponeva ci fosse un certo Patrono 86, patrono e aiutante dei bisognosi, da lui, dicono, il nome della stessa preoccupazione per i più deboli proveniva. Tuttavia, ci avvicineremo alla verità, forse, se assumiamo che Romolo considerasse il dovere della prima e più potente cura paterna per gli inferiori e allo stesso tempo volesse insegnare agli altri a non aver paura dei forti, non essere infastiditi dagli onori che vengono loro mostrati, ma trattare i forti con benevolenza e amore, filiale, e chiamarli anche padri. Fino ad ora, gli stranieri chiamano i senatori "maestri", e gli stessi romani - "padri, inclusi nelle liste" 87 . Queste parole racchiudono un sentimento del massimo rispetto, a cui non si mescola una goccia di invidia. All'inizio furono chiamati semplicemente "padri", poi, quando la composizione del Senato fu significativamente ricostituita, iniziarono a essere chiamati "padri inclusi nelle liste". Questo era lo speciale nome onorifico con cui Romolo distingueva la classe senatoriale gente comune. Perché separò le persone influenti dalla folla su un'altra base, chiamando i primi "patroni", cioè intercessori, e i secondi "clienti", cioè aderenti, e allo stesso tempo stabilì tra loro una straordinaria benevolenza reciproca, che in seguito divenne fonte di importanti diritti e doveri. . I primi spiegavano le leggi ai secondi, li difendevano in tribunale, erano loro consiglieri e mecenati in tutti i casi della vita, e i secondi servivano i primi, non solo pagando loro un debito di rispetto, ma aiutando anche i poveri mecenati a far sposare i loro figlie e regolare i conti per loro con gli istituti di credito, e nessuna legge, nessun funzionario potrebbe costringere un cliente a testimoniare contro un mecenate o un mecenate contro un cliente. Successivamente, tutti gli altri diritti e doveri rimasero in vigore, ma prendere denaro da quelli inferiori divenne indegno e vergognoso per una persona influente. Tuttavia, abbastanza su questo.

14. Il rapimento delle donne avvenne, secondo Fabio, nel quarto mese dopo la fondazione della città 88 . Secondo alcuni rapporti, Romolo, guerriero per natura e, per di più, obbedendo ad alcuni oracoli che dicevano che Roma era destinata a sorgere, crescere e raggiungere la grandezza attraverso le guerre, offese deliberatamente i Sabini. Ha preso solo trenta ragazze in tutto, cercando non tanto le alleanze matrimoniali quanto la guerra. Ma questo è improbabile. Piuttosto, vedendo che la città andava rapidamente riempiendosi di stranieri, dei quali solo pochi erano sposati, e la maggior parte erano una marmaglia di gente povera e diffidente che non ispirava a nessuno il minimo rispetto, né la minima fiducia che sarebbero stati insieme per Romolo sperava da tempo che se le donne fossero state prese in ostaggio, questa violenza avrebbe in qualche modo avviato contatti e rapporti con i Sabini, ed è così che si è messo al lavoro.

Prima di tutto, ha diffuso la voce di aver trovato un altare di un dio sepolto nel terreno. Chiamavano Dio Consus, considerandolo o il dio del buon consiglio ("consiglio" e ora tra i romani "consilia", e i più alti funzionari sono "consoli", che significa "consiglieri"), o Poseidone il Cavaliere, per questo altare è installato in Il grande circo, e viene mostrato al popolo solo durante le competizioni equestri. Altri sostengono che, in generale, poiché l'idea è stata tenuta segreta e si è cercato di non rivelarla, era abbastanza ragionevole dedicare alla divinità un altare nascosto sotto terra. Quando fu messo al mondo, Romolo, previamente informato di ciò, fece generosi sacrifici e organizzò giochi e spettacoli popolari. Molta gente si radunò per la festa, e Romolo vestito di porpora sedeva nei primi posti con i migliori cittadini. Il segnale dell'attacco doveva essere dato dal re in persona, alzandosi, ripiegando il mantello e gettandoselo nuovamente sulle spalle. Molti romani con le spade non gli staccarono gli occhi di dosso e, appena videro il segno convenuto, sguainarono subito le armi e con un grido si avventarono contro le figlie dei Sabini, non impedendo ai loro padri di fuggire e non inseguendole. Alcuni scrittori affermano che c'erano solo trenta rapiti (i loro nomi, presumibilmente, erano allora chiamati curia 89), Valery Antiat chiama il numero cinquecentoventisette, Yuba - seicentottantatre. Tutte queste erano ragazze, il che serviva come principale giustificazione per Romolo. Infatti nessuna delle donne sposate fu presa, tranne Hersilia, catturata per errore, e quindi i rapitori furono guidati non da sfacciata volontà personale, non dal desiderio di offendere, ma dall'idea di unire le due tribù con legami inestricabili, fondendole insieme. Hersilia fu presa in moglie o da Ostilio, uno dei più nobili romani, o dallo stesso Romolo, e gli diede dei figli: prima una figlia, e chiamata Prima 90, e poi l'unico figlio, a cui il padre diede il nome Lollia 91 in memoria della confluenza di cittadini nel suo regno, Romolo, ma in seguito fu conosciuto con il nome di Avillius. Tuttavia, molti storici confutano Zenodoto di Trezen, che cita l'ultimo di questi dati.

15. Tra i rapitori, dicono, hanno attirato l'attenzione una manciata di persone della gente comune, che guidavano una ragazza molto alta e insolitamente bella. Si sono imbattuti in diversi nobili cittadini che hanno iniziato a portare via la loro preda, poi il primo ha lanciato un grido che stavano portando la ragazza a Talas, un uomo ancora giovane, ma degno e rispettato. Sentendo ciò, gli aggressori hanno risposto con esclamazioni di approvazione e applausi, mentre altri, per amore e affetto per Talas, si sono persino voltati indietro e lo hanno seguito, gridando gioiosamente il nome dello sposo. Da allora, e fino ad oggi, i romani cantano ai matrimoni: “Talasio! Talasiy! - proprio come i greci “Imene! Imene!" - perché il matrimonio di Talasia è stato felice. È vero, Sestio Silla di Cartagine, un uomo che non era estraneo alle Muse e ai Cariti, ci disse che Romolo lanciò ai rapitori un grido così condizionale: tutti quelli che portarono via le ragazze esclamarono "Talasio!" - e questa esclamazione è stata conservata nella cerimonia nuziale. Ma la maggior parte degli storici, compreso Yuba, ritiene che questo sia un appello alla diligenza, alla diligente filatura della lana: quindi, dicono, le parole italiane non erano ancora così densamente mescolate con il greco 92. Se il loro presupposto è corretto, e se allora i romani usavano la parola "talasia" nello stesso senso che abbiamo noi adesso, tutto può essere spiegato in modo diverso e, forse, in modo più convincente. Del resto scoppiò la guerra tra Sabini e Romani, e nel trattato di pace concluso dopo la sua fine si diceva: i Sabini rapiti non dovevano svolgere alcun lavoro per i loro mariti, se non filare la lana. E successivamente, i genitori della sposa, o quelli che l'accompagnavano, o che erano generalmente presenti al matrimonio, proclamarono scherzosamente: "Talasiy!", Ricordando e confermando che la giovane moglie doveva solo filare la lana, e altri servizi domestici non potevano essere richiesto da lei. Ancora oggi è accettato che la sposa non varcasse lei stessa la soglia della camera da letto, ma che fosse portata in braccio, poiché anche le donne sabine non entravano di loro spontanea volontà nella casa del marito, ma venivano portate con la forza. Alcuni aggiungono che è consuetudine separare i capelli della sposa con la punta di una lancia come segno che i primi matrimoni furono conclusi, per così dire, da una battaglia. Ne parliamo più dettagliatamente in "Ricerca" 93 .

Il rapimento è avvenuto il diciottesimo giorno dell'allora sestile mese, questo agosto; in questo giorno celebrano la festa di Consualia.

16. I Sabini erano un popolo numeroso e bellicoso, ma vivevano in villaggi non fortificati di mura, credendo che a loro, immigranti da Lacedemone, si addicesse la superbia e l'intrepidezza 94 . Tuttavia, vedendosi vincolati da un grande impegno e temendo per le loro figlie, inviarono inviati con proposte giuste e moderate: che de Romolo restituisse loro le ragazze catturate e risarcisse il danno causato dalle sue azioni violente, e poi, con azioni pacifiche e mezzi legali, stabilire amichevole e legami familiari tra due popoli. Romolo non lasciò andare le ragazze, ma si rivolse ai Sabini con un invito a riconoscere le alleanze che erano state concluse, e mentre gli altri conferivano e perdevano tempo in lunghi preparativi, il re Tsenin Akron 95, un guerriero ardente ed esperto, che fin dall'inizio seguì con diffidenza le gesta ardite di Romolo, e ora, dopo il rapimento delle donne, che credeva di essere pericoloso per tutti e che sarebbe diventato del tutto insopportabile se non fosse stato punito, Akron fu il primo a insorgere in guerra e con grande le forze si mossero contro Romolo, che, a sua volta, si mosse verso di lui. Avvicinandosi e guardandosi l'un l'altro, ciascuno dei comandanti chiamò il nemico a duello in modo che entrambe le truppe rimanessero pronte al combattimento al loro posto. Romolo fece voto, se vince e uccide il nemico, di dedicare personalmente la sua armatura a Giove. Ha sconfitto e ucciso Akron, ha sconfitto l'esercito nemico e ha preso la sua città. Romolo non offese gli abitanti caduti sotto il suo potere e ordinò loro solo di demolire le loro case e trasferirsi a Roma, dove ricevettero tutti i diritti di cittadinanza. Non c'è nulla che possa contribuire di più alla crescita di Roma, unendo ogni volta a sé i vinti, introducendoli nelle sue mura.

Per rendere il suo voto il più gradito possibile a Giove e per offrire uno spettacolo piacevole e gioioso ai suoi concittadini, Romolo abbatté nel suo accampamento una grande quercia, la tagliò come un trofeo, quindi montò e appese tutte le parti del Le armi di Akron in rigoroso ordine, e lui stesso si vestiva elegantemente e decorava la corona di alloro dei capelli sciolti. Dopo aver messo il trofeo sulla spalla destra e tenendolo in posizione eretta, strinse il vittorioso peana e avanzò davanti all'esercito, in armatura completa, seguendolo, e i cittadini li incontrarono, rallegrandosi e ammirando. Questa processione fu l'inizio e il modello di ulteriori trionfi. Il trofeo era chiamato un'offerta a Giove-Feretrius (per "uccidere" in latino "ferire", e Romolo pregava che gli fosse data l'opportunità di sconfiggere e sconfiggere il nemico), e l'armatura rimossa dall'ucciso era "opimia" . Così dice Varrone, sottolineando che "ricchezza" è denotata dalla parola "opes". A maggior ragione, però, si potrebbe associare "opimia" con "opus", che significa "atto" o "atto". L'onorevole diritto di dedicare "opimia" al dio è concesso, come ricompensa per il valore, al comandante che ha ucciso con le proprie mani il comandante nemico, e questo è toccato a soli tre 96 comandanti romani: il primo - Romolo, che ha ucciso lo Tseninian Akron, il secondo - Cornelius Cossus, che uccise l'etrusco Tolumnius, e infine - Claudio Marcello, il vincitore del re gallico Britomart. Cosso e Marcello entrarono in città già su un carro in quattro, portando loro stessi i loro trofei, ma Dionisio si sbaglia 97, sostenendo che anche Romolo usò il carro. Gli storici riferiscono che il primo re che diede ai trionfi un'aria così magnifica fu Tarquinio, figlio di Demarato; secondo altre fonti salì per primo sul carro trionfale di Poplikola. Comunque sia, ma tutte le statue di Romolo il Trionfante a Roma lo raffigurano a piedi.

17. Dopo la presa di Caenina, gli altri Sabini continuarono ancora a prepararsi alla campagna, e gli abitanti di Fiden, Crustumeria e Antemna si opposero ai Romani, ma furono anch'essi sconfitti in battaglia. Le loro città furono catturate da Romolo, i loro campi furono devastati e loro stessi furono costretti a trasferirsi a Roma. Romolo divise tra i concittadini tutte le terre dei vinti, senza toccare solo quelle zone che appartenevano ai padri delle ragazze rapite.

Il resto dei Sabini era indignato. Dopo aver scelto Tatius come comandante in capo, si trasferirono a Roma. Ma la città era quasi inespugnabile: il percorso per raggiungerla era bloccato dall'attuale Campidoglio, che ospitava la guardia al comando di Tarpey, e non le ragazze di Tarpey, come dicono alcuni scrittori, cercando di presentare Romolo come un sempliciotto. Tarpeia era figlia di un condottiero, e cedette le fortificazioni ai Sabini, sedotta dai polsi d'oro che vedeva sui nemici, e chiese loro di pagare per il tradimento di ciò che portano alla mano sinistra. Tazio acconsentì e, aprendo una delle porte di notte, fece entrare i Sabini. Apparentemente, Antigono non era solo, dicendo che ama coloro che stanno per tradire, ma odia coloro che hanno già tradito, e Cesare, che ha detto del tracio Rimetalka che ama il tradimento, ma odia il traditore - questo è un sentimento comune che provano i mascalzoni, bisognosi dei loro servizi (come a volte hanno bisogno del veleno e della bile di alcuni animali): ci rallegriamo dei benefici che riceviamo da loro e aborriamo la loro meschinità quando il nostro obiettivo è raggiunto. Era proprio questo sentimento che Tatius provava per Tarpeya. Ricordando l'accordo, ordinò ai Sabini di non essere avari per lei con nulla di ciò che avevano nella mano sinistra, e il primo, togliendosi lo scudo e il braccialetto insieme al braccialetto, li lanciò alla ragazza. Tutti seguirono il suo esempio e Tarpeya, ricoperta di gioielli d'oro e disseminata di scudi, morì sotto il loro peso. Tarpeo fu anche condannato per tradimento, smascherato da Romolo, come scrive Yuba, riferendosi a Galba Sulpicio. Tra le altre storie su Tarpey, il messaggio secondo cui era la figlia del comandante in capo sabino Tatia, divenne la moglie di Romolo contro la sua volontà e, avendo fatto quanto sopra detto, fu punita dal proprio padre, non ispira la minima fiducia. Questa storia è data anche da Antigonus. E il poeta Similo sta dicendo completamente sciocchezze, sostenendo che Tarpeia cedette il Campidoglio non ai Sabini, ma ai Celti, essendosi innamorata del loro re. Ecco cosa ha detto:

L'antica Tarpeya viveva sulle ripide scogliere del Campidoglio;

Ha portato la morte alle mura della forte Roma.

Condivide il suo letto matrimoniale con il signore dei Celti

Appassionatamente, ha tradito la sua città natale al nemico.

E un po 'più in basso - sulla morte di Tarpei:

I Boii la uccisero, e innumerevoli squadre celtiche

Nello stesso luogo, al di là del fiume Pad, fu sepolto il suo corpo.

Le gettarono addosso un mucchio di scudi con le loro mani coraggiose,

I criminali vergini hanno chiuso il cadavere con una magnifica lapide.

18. Dal nome di Tarpeia, che fu sepolta nello stesso luogo dove fu uccisa, il colle fu chiamato Tarpeian fino al tempo del re Tarquinio, che lo dedicò a Giove. I resti della ragazza furono trasferiti in un altro luogo e il suo nome fu dimenticato. Solo una roccia del Campidoglio, quella da cui furono rovesciati i criminali, è ancora chiamata Tarpea.

Quando i Sabini presero possesso delle fortificazioni, Romolo adirato iniziò a sfidarli a battaglia, e Tazio decise di combattere, vedendo che in caso di fallimento il suo popolo avrebbe avuto un rifugio sicuro. Il luogo in cui si sarebbero incontrate le truppe era strettamente stretto tra numerose colline, e quindi la battaglia si preannunciava feroce e difficile per entrambe le parti, e la fuga e l'inseguimento furono brevi. Il fiume era esondato poco prima, e le acque stagnanti si erano ritirate solo pochi giorni prima, lasciando nelle zone pianeggianti dove ora sorge il foro, uno strato di limo, denso ma poco appariscente alla vista. Era quasi impossibile proteggersi da questa insidiosa palude, ei Sabini, senza sospettare nulla, si precipitarono dritti verso di essa, quando all'improvviso accadde loro un felice incidente. Molto più avanti degli altri cavalcava Curtius, un uomo famoso, orgoglioso della sua gloria e del suo coraggio. All'improvviso il cavallo si tuffò nel pantano, Curtius cercò di farlo tornare indietro con colpi e grida, ma, vedendo che ciò era impossibile, si salvò abbandonando il suo cavallo. Ecco perché ancora oggi questo luogo si chiama "Kurtios Lakkos" 98 .

Scampato il pericolo, i Sabini iniziarono una sanguinosa battaglia, ma né loro né i loro avversari riuscirono a trarne vantaggio, sebbene le perdite fossero enormi. Nella battaglia cadde anche Ostilio, secondo la leggenda, marito di Ersilia e nonno di Ostilio, successore di Numa. Per un breve periodo, com'era prevedibile, si susseguirono ininterrottamente combattimenti su combattimenti, ma l'ultimo si rivelò il più memorabile, quando Romolo, ferito da una pietra alla testa, quasi crollò a terra e non poté più resistettero con la stessa caparbietà, ei Romani vacillarono e, sotto l'assalto dei Sabini, abbandonarono la pianura e si rifugiarono sul Palatino. Dopo essersi ripreso dal colpo, Romolo volle precipitarsi con un'arma in mano per tagliare quelli in ritirata, con forti grida cercò di trattenerli e riportarli in battaglia. Ma intorno a lui ribolliva un vero vortice di volo, nessuno osava incontrare di nuovo il nemico faccia a faccia, e poi Romolo, tendendo le mani al cielo, pregò Giove, chiedendogli di fermare l'esercito romano e di non lasciare che il loro stato perire. Prima che potesse finire la sua preghiera, la vergogna davanti al re si impossessò del cuore di molti e il coraggio tornò ai fuggitivi. Il primo si fermò dove ora si erge il santuario di Giove Statore, cioè il "Tappo", e poi, serrando nuovamente i ranghi, i Romani respinsero i Sabini nell'attuale Regia e nel tempio di Vesta.

19. Gli avversari si stavano già preparando a riprendere la battaglia, quando improvvisamente si bloccarono, vedendo uno spettacolo incredibile e indescrivibile. Le figlie rapite dei Sabini apparvero da ogni parte contemporaneamente e con un grido, con grida, attraverso il folto dei guerrieri armati, sui cadaveri, come ispirate da una divinità, si precipitarono dai loro mariti e padri. Alcuni si stringevano al petto bambini piccolissimi, altri, sciolti loro i capelli, li tendevano innanzi con una preghiera, e tutti chiamavano ora ai Sabini, poi ai Romani, chiamandoli coi nomi più affettuosi. Entrambi non lo sopportarono e si appoggiarono all'indietro, facendo spazio alle donne tra le due linee di battaglia, e il loro pianto lugubre raggiunse le ultime file, e il loro aspetto e, in misura ancora maggiore, i discorsi, che iniziarono con rimproveri, fiera e franco, e si è concluso con richieste e incantesimi. “Che male ti abbiamo fatto”, dissero, “cosa ti ha reso così indurito, per il quale abbiamo già sopportato e stiamo ancora sopportando feroci tormenti? Rapiti con la forza e senza legge dai nostri attuali padroni, siamo stati dimenticati da fratelli, padri e parenti, e questo oblio si è rivelato così lungo da collegarci con gli odiati rapitori nei legami più stretti e ora ci fa temere per i tiranni e gli illegali di ieri popolo quando vanno in battaglia, e piangili quando muoiono! Non sei venuto a vendicare noi delinquenti mentre stavamo ancora preservando la nostra verginità, e ora stai strappando le mogli ai coniugi e le madri ai bambini - aiuto che è peggio per noi, sfortunati, dell'incuria e del tradimento del passato! Questo è l'amore che abbiamo visto da loro, questa è la compassione che abbiamo visto da te! Anche se hai litigato per qualche altro motivo, anche in questo caso avresti dovuto fermarti - perché grazie a noi ora sei suocero, nonni, parenti! Ma non appena la guerra è in corso a causa nostra, portaci via, ma solo - insieme ai tuoi generi e nipoti, restituiscici i nostri padri e parenti, ma solo - senza portarci via i nostri figli e mariti! Liberaci, ti preghiamo, da una nuova schiavitù!”

Per molto tempo Hersilia ha parlato con lo stesso spirito, e gli altri hanno chiesto con lei in una sola voce; finalmente fu conclusa una tregua ei comandanti iniziarono i negoziati. E le donne portavano i loro coniugi ai loro padri e fratelli, mostravano i bambini, portavano cibo e bevande a coloro che volevano soddisfare la fame o la sete, portavano a se stessi i feriti e si prendevano cura di loro, dando loro l'opportunità di assicurarsi che ciascuno fosse l'amante in casa sua, che i mariti trattino le loro mogli con cortesia, amore e pieno rispetto. I negoziatori concordarono i seguenti termini di pace: le donne che espressero il desiderio di restare rimasero, liberate, come abbiamo già detto, da ogni lavoro domestico tranne la filatura della lana, Romani e Sabini si stabilirono nella stessa città, che ricevette il nome " Roma" in onore di Romolo, ma tutti i romani dovevano continuare ad essere chiamati "quiriti" in onore della patria di Tazio 99, ed entrambi i re dovevano regnare e comandare insieme l'esercito. Il luogo dove fu raggiunto l'accordo si chiama ancora Comitium, perché "convergere" in latino è "comire".

20. Quando la popolazione della città raddoppiò in tal modo, agli antichi patrizi si aggiunsero cento nuovi - tra i Sabini, e nelle legioni c'erano seimila fanti e seicento cavalieri. I re divisero i cittadini in tre phyla e ne chiamarono uno "Ramna" - in onore di Romolo, il secondo "Tatia" - in onore di Tatia, e il terzo "Lookery" - dal boschetto 100, in cui molti si rifugiarono, usando il diritto d'asilo, per poi ricevere i diritti di cittadinanza (boschetto in latino "lucos"). Che ci fossero tre phyla è chiaro dalla stessa parola con cui i romani designano phyla: anche ora chiamano le tribù phyla e il capo del phyla tribuno. Ciascuna tribù era formata da dieci curie, chiamate da alcuni con i nomi delle donne rapite, ma mi sembra che ciò non sia vero: molte di esse prendono il nome da diverse località. Tuttavia, alle donne vengono già mostrati numerosi segni di rispetto. Così, fanno loro strada, nessuno osa dire qualcosa di osceno in loro presenza, o apparire nudo davanti a loro, o portarli in giudizio con l'accusa di omicidio; i loro figli portano al collo un ornamento chiamato "bulla" 101 per la sua somiglianza con una vescica, e una toga orlata di porpora.

I re non cominciarono subito a tenere consiglio insieme: dapprima conferirono separatamente, ciascuno con i suoi cento senatori, e solo in seguito li unirono tutti in un'unica assemblea. Tazio visse nel sito dell'attuale tempio di Moneta 102, e Romolo visse presso la scalinata detta "Roccia di Kaka" (questa è vicino alla discesa dal Palatino al Grande circo). Nello stesso luogo, si dice, crescesse il sacro corniolo, di cui esiste la seguente leggenda. Una volta Romolo, torturando la sua forza, lanciò una lancia con un'asta di corniolo dall'Aventino. La punta è andata così in profondità nel terreno che, non importa quante persone abbiano cercato di estrarre la lancia, nessuno ci è riuscito e l'asta, una volta nel terreno fertile, è germogliata e gradualmente si è trasformata in un tronco di corniolo di discrete dimensioni. Le generazioni successive lo onorarono e lo conservarono come uno dei più grandi santuari e lo circondarono con un muro. Se a qualcuno dei passanti sembrava che l'albero fosse meno rigoglioso e verde del solito, che stesse appassendo e appassendo, lo annunciava subito ad alta voce a tutte le persone che incontrava, e loro, come se si affrettassero a un fuoco, gridò: "Acqua!" - e si precipitò da ogni parte con brocche piene. Sotto Gaio Cesare iniziarono a rinnovare le scale e, come si suol dire, gli operai, scavando il terreno vicino, danneggiarono inavvertitamente le radici dell'albero, che si seccò.

21. I Sabini adottarono il calendario romano, che, per quanto appropriato, è menzionato nella biografia di Numa 103 . Romolo prese in prestito da loro lunghi scudi 104 , cambiando sia le proprie armi che quelle di tutti i soldati romani che in precedenza indossavano scudi argivi. Ciascuno dei due popoli partecipava ai festeggiamenti e ai sacrifici dell'altro (si celebravano tutti come prima, come prima dell'unificazione), e furono istituite nuove festività, tra cui i Matronalia 105, dono alle donne per porre fine alla guerra , e Carmentalia . Carmenta è considerata da alcuni Moira, l'amante delle nascite umane (quindi, le madri la onorano particolarmente), altri - la moglie dell'arcadico Evandro, una moglie profetica che ha dato predizioni in versi e quindi è stata chiamata Carmenta (poesie in latino " carmena"); e il suo vero nome è Nicostrata (l'ultima affermazione è la più comune). Altri interpretano la parola "carmenta" come "priva di mente", poiché l'ispirazione divina toglie la mente; nel frattempo, i romani sono privati ​​\u200b\u200bdi "karere", e chiamano la mente "mentem". I paria sono già stati menzionati sopra.

Lupercalia 106, a giudicare dal momento in cui vengono celebrati, è una festa purificatrice. Cade in uno dei giorni sfortunati del mese di febbraio (che significa "purificazione" nella traduzione), e il giorno stesso della vacanza è stato a lungo chiamato Febrata. IN greco il nome di questa festa corrisponde alla parola "Liceo", e quindi è antichissimo e trae origine dagli Arcadi, compagni di Evandro. Tuttavia, questa non è altro che un'opinione corrente, perché la parola "lupercalia" può derivare anche da "lupa". Sappiamo infatti che i Luperki iniziano a correre dal luogo dove, secondo la leggenda, giaceva Romolo abbandonato. Ma il significato delle loro azioni è difficilmente comprensibile. Macellano le capre, poi portano loro due adolescenti di una nobile famiglia, e alcuni Luperks si toccano la fronte con una spada insanguinata, mentre altri si asciugano subito il sangue con la lana intinta nel latte. Dopodiché, i ragazzi dovrebbero ridere. Dopo aver tagliato le pelli di capra, i Luperki iniziano a correre, nudi, con solo una benda intorno alle cosce, e con le loro cinture picchiano chiunque li incontri per strada. Le giovani donne non cercano di schivare i colpi, credendo che contribuiscano a facilitare il parto e la gestazione. La particolarità della vacanza è che i luperki sacrificano un cane. Un certo Butas, raccontando in distici elegiaci le favolose ragioni delle usanze romane, dice che Romolo e Remo, dopo aver sconfitto Amulio, esultanti, si precipitarono là dove una volta una lupa portò i suoi capezzoli alle labbra dei neonati, che tutta la festa è un'imitazione di questa corsa e quella degli adolescenti

Quelli in arrivo vengono distrutti in fuga; così una volta, partendo da Alba,

I giovani Romolo e Remo correvano con le spade in mano.

La spada insanguinata sulla fronte è un accenno ai pericoli e all'omicidio di allora, e la purificazione con il latte è un ricordo del cibo che i gemelli nutrivano. Gaio Acilio scrive che anche prima della fondazione della città, Romolo e Remo una volta persero i loro greggi. Dopo aver pregato il Fauno, corsero alla ricerca completamente nudi, per non essere disturbati dal sudore che scorreva lungo i loro corpi; ecco perché anche Luperki si spoglia nudo. Infine, il cane, appena la festa della purificazione, viene portato, si potrebbe supporre, come sacrificio di purificazione: del resto, i greci portano i cuccioli a riti di purificazione e spesso compiono i cosiddetti "periskilachismi" 107. Se questa è una festa di ringraziamento in onore della lupa, nutrice e salvatrice di Romolo, non c'è nulla di sorprendente nel massacro del cane, perché il cane è nemico dei lupi. Ma c'è, giuro su Zeus, un'altra spiegazione: e se i luperki stessero semplicemente punendo questo animale che li infastidisce mentre corrono?

22. Si narra che Romolo per primo stabilì il culto del fuoco, nominando sacre vergini, dette vestali, al suo servizio. Ma altri storici lo attribuiscono a Numa, riferendo però che in generale Romolo era estremamente pio e, per di più, esperto nell'arte della divinazione, e quindi portava con sé il cosiddetto "lityuon". Questo è un bastone piegato a un'estremità, con il quale, sedendosi per indovinare dal volo degli uccelli, disegnano il cielo in parti 109. Il Lituon di Romolo, che era custodito sul Palatino, scomparve quando la città fu presa dai Celti, ma quando i barbari furono cacciati, fu ritrovato sotto un profondo strato di cenere, non toccato dalle fiamme, sebbene tutto intorno fosse bruciato per il terreno.

Romolo emanò anche diverse leggi, tra cui una particolarmente severa, vietando alla moglie di lasciare il marito, ma dando al marito il diritto di scacciare la moglie colta in avvelenamento, cambio di figli o adulterio. Se qualcuno divorzia per qualsiasi altro motivo, la legge lo obbliga a dare parte dei beni alla moglie, e dedicare l'altra parte in dono a Cerere. E chi vende sua moglie deve essere sacrificato divinità sotterranee 110 . È interessante notare che Romolo non ha imposto alcuna punizione per parricidio, ma ha definito parricidio qualsiasi omicidio di una persona, come se considerasse il secondo l'atrocità più grave, ma il primo - del tutto impensabile. E per molto tempo questo giudizio sembrò giustificato, poiché per quasi seicento anni nessuno a Roma aveva osato fare una cosa del genere. Il primo paricida sarebbe stato Lucio Ostio, che commise questo delitto dopo la guerra di Annibale. Tuttavia, abbastanza su questo.

23. Nel quinto anno del regno di Tazio, alcuni della sua famiglia e dei suoi parenti incontrarono per caso gli ambasciatori laurenziani diretti a Roma, e tentarono di prendere il loro denaro con la forza, e siccome resistevano, li uccisero. Dopo aver appreso del terribile atto dei suoi concittadini, Romolo ritenne necessario punirli immediatamente, ma Tazio ritardò e rinviò l'esecuzione. Questa fu la causa dell'unico conflitto aperto tra i re, ma per il resto si onorarono sempre a vicenda e governarono in completa armonia. Allora i parenti del morto, non avendo ottenuto giustizia per colpa di Tazio, lo attaccarono quando lui, insieme a Romolo, si sacrificò a Lavinia, e lo uccisero, e Romolo, glorificando ad alta voce la sua giustizia, fu scortato a casa. Romolo portò a Roma il corpo di Tazio e lo seppellì con onore - le sue spoglie giacciono presso il cosiddetto Armilustrio 111 sull'Aventino - ma non ritenne necessario occuparsi della punizione. Alcuni scrittori riferiscono che la città di Lorenzo, per paura, tradì gli assassini di Tazio, ma Romolo li lasciò andare, dicendo che l'omicidio era stato espiato con l'omicidio. Ciò suscitò sospetti e voci secondo cui era contento di essersi sbarazzato del co-sovrano, ma non seguirono né disordini né indignazione dei Sabini: alcuni amavano il re, altri avevano paura, altri ancora credevano che godesse del patrocinio degli dei senza eccezione, e lo onorava ancora. Romolo fu anche onorato da molte delle nazioni straniere, e gli antichi Latini, dopo avergli inviato ambasciatori, conclusero un trattato di amicizia e alleanza militare.

Fidene, città adiacente a Roma, fu catturata da Romolo, secondo alcune fonti, inviandovi inaspettatamente la cavalleria con l'ordine di rompere i ganci delle porte della città 112, e poi, altrettanto inaspettatamente, apparendo lui stesso, secondo altri - in risposta ad un attacco dei fidenates, che presero molto bottino e si scatenarono in tutto il paese, fino alle periferie cittadine; Romolo tese un'imboscata ai nemici, ne uccise molti e occupò la loro città. Non devastò né distrusse Fidene, ma ne fece un insediamento romano, inviandovi duemilacinquecento romani alle Idi di aprile.

24. Poco dopo scoppiò a Roma una pestilenza che portò alla gente una morte improvvisa, non preceduta da alcuna malattia, e inoltre colpì i campi e gli orti con la perdita del raccolto e le greggi con la sterilità. Poi una pioggia sanguinante cadde sulla città e alle vere disgrazie si aggiunse l'orrore superstizioso. E quando le stesse disgrazie colpirono gli abitanti di Laurent, nessuno dubitò più che l'ira della divinità perseguitasse entrambe le città per la giustizia che era stata violata negli affari di Tazio e degli ambasciatori. Entrambe le parti hanno consegnato e punito gli assassini e i disastri si sono notevolmente attenuati; Romolo purificò la città, come si suol dire, con l'ausilio di riti, che si svolgono ancora alla Porta Ferentina. Ma anche prima che la peste cessasse, i cameriani 113 attaccarono i romani e invasero il loro territorio, credendo di non essere più in grado di difendersi. Romolo si mosse immediatamente contro di loro, inflisse loro una schiacciante sconfitta in una battaglia che costò al nemico seimila morti, catturò la loro città e reinsediò metà dei sopravvissuti alla morte a Roma, e mandò il doppio dei romani al loro posto nelle calende sestiliane di quanto restava nei suoi antichi cameriani, tanti cittadini erano a sua disposizione solo sedici anni dopo la fondazione di Roma. Tra l'altro bottino, Romolo portò da Cameria un carro di bronzo con quattro e lo collocò nel tempio di Vulcano, così come la sua statua con la dea della Vittoria che incoronava il re.

25. Così, il potere di Roma crebbe, e i suoi deboli vicini si rassegnarono a questo e si rallegrarono, se almeno loro stessi fossero fuori pericolo, ma i forti, temendo e odiando i romani, credevano che non si dovesse stare a guardare, ma bisogna opporsi alla loro ascesa e all'umile Romolo. Gli Etruschi di Veio, padroni di un vasto paese e di una grande città, furono i primi a parlare: trovarono un pretesto per la guerra, chiedendo loro la cessione di Fiden, presumibilmente appartenente a Veio. Ciò non era solo ingiusto, ma semplicemente ridicolo, poiché, non difendendo i fidenates, quando sopportavano il pericolo e combattevano, chiedevano ai nuovi proprietari della casa e della terra di coloro la cui morte avevano precedentemente trattato con completa indifferenza. Avendo ricevuto un arrogante rifiuto da Romolo, divisero le loro forze in due distaccamenti, e uno andò contro l'esercito dei fidenati e l'altro contro Romolo. Sotto Fiden prevalsero gli Etruschi, che uccisero duemila cittadini romani, ma furono sconfitti da Romolo e persero oltre ottomila soldati. Poi ebbe luogo la seconda battaglia di Fidene, in cui, a detta di tutti, le imprese più grandi furono compiute dallo stesso Romolo, che scoprì l'eccezionale abilità del comandante, unita al coraggio, alla forza e all'agilità, che sembravano superare di gran lunga l'ordinario, umano abilità. Ma la storia di altri scrittori è assolutamente favolosa o, meglio, non merita alcuna credibilità, che dei quattordicimila caduti, più della metà furono uccisi da Romolo con le sue stesse mani - dopo tutto, le storie dei Messeni circa tre ecatomfonie 114, che Aristomene avrebbe portato dopo la vittoria sui Lacedemoni, sono considerate vuote vanterie. Quando i nemici si diedero alla fuga, Romolo, senza perdere tempo a inseguire i superstiti, si spostò subito a Veio. Spezzati da una terribile disgrazia, i cittadini iniziarono a chiedere pietà senza opporre resistenza e conclusero un patto di amicizia per un periodo di cento anni, cedendo una parte significativa dei loro possedimenti - il cosiddetto Septempagium (cioè le Sette Regioni), avendo perso le miniere di sale vicino al fiume e dando in ostaggio cinquanta nobili cittadini. Romolo celebrò un trionfo alle Idi di ottobre, dopo aver condotto molti prigionieri per la città, e tra loro - il capo militare Wei, un uomo anziano, ma che in pratica non mostrava né la prudenza né l'esperienza caratteristica dei suoi anni. In memoria di ciò, e ancora oggi, celebrando la vittoria, conducono attraverso il foro al Campidoglio un vecchio con una toga bordata di porpora, mettendogli al collo un toro da bambino, e l'araldo proclama: “I sardi sono venduti !” 115 (dopo tutto, gli Etruschi sono considerati immigrati da Sardi, e Veio è una città etrusca).

26. Questa fu l'ultima guerra di Romolo. Non sfuggì alla sorte di molti, o meglio, con poche eccezioni, tutti cui grandi e inaspettati successi elevarono a potenza e grandezza: affidandosi interamente alla gloria delle sue imprese, pieno di un orgoglio insopportabile, rifiutò ogni tipo di vicinanza al persone e l'ha sostituita all'autocrazia, già odiata e gravosa da uno dei suoi aspetto. Il re iniziò a vestirsi con una tunica rossa, indossò un mantello con un bordo viola, risolse gli affari, sedendosi su una poltrona con schienale. Intorno a lui c'erano sempre dei giovani, che venivano chiamati "Keller" 116 per la sollecitudine con cui svolgevano il loro servizio. Altri servi camminavano davanti al sovrano, allontanando la folla con dei bastoni; erano cinti di cinture per legare immediatamente chiunque fosse loro indicato dal re. "Legare" in latino era "ligare" nell'antichità, e ora "alligare" - quindi i guardiani dell'ordine sono chiamati "lictors", e i fasci di littori sono "bakila", perché in quel tempo antico i littori non usavano le verghe, ma bastoni. Ma è probabile che nella parola "lictors" sia inserita la "k", e prima c'erano "litors", che in greco corrisponde a "servi" (leitourgoi): del resto, anche adesso i greci chiamano lo stato "leiton ”, e le persone - “ laon".

27. Quando il nonno di Romolo, Numitore, morì, il potere reale su Alba doveva passare a Romolo, ma, volendo compiacere il popolo, lasciò che gli albanesi si occupassero dei propri affari e li nominò governatore solo ogni anno. Ciò portò i nobili romani all'idea di perseguire uno stato senza re, uno stato libero, dove loro stessi avrebbero governato e obbedito alternativamente. Infatti, a quel tempo i patrizi erano già stati rimossi dal potere, solo il loro nome e i segni di rispetto mostrati loro rimanevano onorevoli, ma furono riuniti nel Consiglio, piuttosto secondo l'usanza, piuttosto che per chiedere le loro opinioni: ascoltarono in silenzio gli ordini di Romolo e si dispersero, avendo l'unico vantaggio sul popolo: il diritto di essere i primi a sapere cosa decideva il re. Tuttavia, tutto ciò non era nulla in confronto al fatto che solo Romolo, a sua discrezione, distribuì la terra sottratta al nemico tra i soldati e restituì gli ostaggi a Veyam, incapace di far fronte all'opinione e al desiderio dei senatori - qui lui apparentemente li ha insultati e umiliati fino all'ultimo grado! E così, quando presto scomparve all'improvviso, sul senato caddero sospetti e calunnie. Romolo scomparve nelle none di luglio (o, alla vecchia maniera, Quintilio), e sulla sua morte non si hanno notizie attendibili, riconosciute da tutti come vere, se non per il periodo sopra indicato. In questo giorno e ora vengono eseguiti numerosi rituali che riproducono gli eventi di quel tempo. Non bisogna essere sorpresi da tale incertezza - dopotutto, quando Scipione l'Africano morì dopo cena a casa sua, si rivelò impossibile stabilire e riconoscere come morì, ma alcuni dicono che fosse in generale di cattiva salute e morì di un crollo improvviso, il secondo - che lui stesso è stato avvelenato, altri - che è stato strangolato dai nemici che si erano intrufolati di notte. Intanto il cadavere di Scipione era a disposizione degli occhi di tutti i cittadini, la vista del suo corpo ispirava a tutti una sorta di sospetto sull'accaduto, mentre di Romolo non rimaneva un granello di polvere, non un capo di abbigliamento. Alcuni hanno suggerito che i senatori lo abbiano attaccato nel tempio di Vulcano, ucciso, tagliato il corpo, portato via in parti, nascondendo il fardello nel suo seno. Altri pensano che Romolo sia scomparso non nel tempio di Vulcano e non alla presenza dei soli senatori, ma dietro le mura della città, presso la cosiddetta Palude delle Capre 117; Per ordine del re, il popolo si riunì per un incontro, quando improvvisamente avvennero cambiamenti indescrivibili e incredibili sulla terra: il sole si oscurò, venne la notte, ma non calma e pacifica, ma con tuoni assordanti e raffiche di vento di uragano da tutti i lati. La grande folla si disperse e fuggì, e i primi cittadini si accalcarono fitti. Quando la confusione nella natura cessò, tornò la luce e il popolo tornò, iniziò la ricerca del re e dolorose domande, e allora i primi cittadini vietarono di approfondire le ricerche e mostrare eccessiva curiosità, ma ordinarono a tutti di onorare Romolo e adorarlo , perché è esaltato dagli dei e d'ora in poi sarà un dio benevolo per i romani, poiché prima era un buon re. La maggioranza lo credette e si disperse con gioia, pregando con speranza - la maggioranza, ma non tutti: altri, esaminando meticolosamente e faziosamente la questione, non diedero pace ai patrizi e li accusarono di aver ucciso il re con le proprie mani, ingannando il popolo con stupide favole.

28. Così si svilupparono le circostanze quando uno dei più nobili e rispettati patrizi, fedele e intimo amico di Romolo, trasferitosi a Roma da Alba, di nome Giulio Proculo, venne al foro e, toccando i più grandi santuari, giurò davanti tutte le persone che era sulla strada apparve Romolo, più bello e più alto che mai, in un'armatura abbagliante. Spaventato da questo spettacolo, Proculo chiese: "Perché, con quale intenzione, o re, ci hai fatto oggetto di accuse ingiuste e malvagie, e hai lasciato orfana tutta la città, in un dolore incommensurabile?" Romolo rispose: “È stato gradito agli dei, Proculo, che noi, avendo vissuto a lungo tra la gente e fondato una città con la quale nessun'altra può essere paragonata per potenza e gloria, torniamo di nuovo in cielo, alla nostra antica dimora. Addio, e dì ai romani che coltivando la loro temperanza e il loro coraggio, raggiungeranno l'apice del potere umano. Saremo una divinità misericordiosa per te - Quirin. Le qualità morali del narratore e il suo giuramento indussero i romani a credere a questo racconto; allo stesso tempo, le loro anime sembravano essere state toccate da un certo sentimento divino, come un influsso, perché non opponendosi a Procolo con una parola, ma respingendo subito sospetti e calunnie, i cittadini cominciarono a fare appello al dio Quirino e a pregarlo lui.

Tutto ciò ricorda le leggende greche su Aristea di Proconneso e Cleomede di Astypalea. Dicono che Aristeo sia morto in una specie di più pieno, ma quando gli amici sono venuti per il suo corpo, si è scoperto che era scomparso, e presto alcune persone, che proprio in quel momento tornarono da lontane peregrinazioni, dissero di aver incontrato Aristea, che era in viaggio per Crotone. Cleomede, che si distinse per la sua enorme forza e crescita, ma per il suo carattere spericolato e violento, più di una volta commise violenza, e alla fine, con un colpo di pugno, ruppe il pilastro centrale che sosteneva il tetto della scuola per bambini, e abbattuto il soffitto. I bambini sono rimasti schiacciati sotto le macerie; fuggendo dall'inseguimento, Cleomedes si nascose in una grande scatola e, sbattendo il coperchio, la tenne così stretta dall'interno che molte persone, unendo i loro sforzi, per quanto combattessero, non riuscirono a sollevarla. Quindi la scatola è stata rotta, ma Cleomedes non era né vivo né morto. I cittadini stupiti mandarono a Delfi per interrogare l'oracolo, e la Pizia annunciò:

Questo è l'ultimo eroe, Cleomedes di Astypalea.

Dicono che il corpo di Alcmena sia scomparso poco prima del funerale e che sia stata trovata una pietra sul letto funerario, e in generale ci sono molte di queste leggende, contrariamente alla ragione e alla probabilità, che equiparano esseri di natura mortale agli dei. Certo, negare completamente il valore nel principio divino è blasfemia e meschinità, ma confondere la terra con il cielo è stupidità. È meglio stare attenti e dire con Pindaro:

Ogni corpo deve sottomettersi alla morte onnipotente,

Ma l'immagine rimane per sempre viva.

Egli è solo uno - dagli dei 118 .

Questa è l'unica cosa che ci unisce agli dei: viene da loro e ritorna a loro - non con il corpo, ma quando si libera completamente e si separa dal corpo, diventa completamente puro, incorporeo e immacolato. Questa è, secondo Eraclito, un'anima secca e migliore, che vola fuori dal corpo, come un fulmine da una nuvola; mescolato al corpo, densamente saturo di corpo, esso, come vapori densi e nebbiosi, è incatenato alla valle ed è incapace di decollare. No, non è necessario mandare in cielo, contro natura, i corpi delle persone degne, ma bisogna credere 119 che le anime virtuose, secondo natura e giustizia divina, ascendono da popolo ad eroi, da eroi a geni, e dai geni - se, come nei sacramenti, saranno completamente purificati e santificati, rinunceranno a tutto ciò che è mortale e sensuale - agli dei, avendo raggiunto questo limite più bello e benedetto non per decreto dello stato, ma veramente secondo le leggi della ragione.

29. Il nome “Quirin” adottato da Romolo è ritenuto da altri corrispondere a Enialius 120, altri indicano che i cittadini romani erano chiamati anche “quirites”, altri ancora che gli antichi chiamavano un dardo o una lancia “quiris”, che l'immagine di Giunone , montato sulla punta di una lancia, è chiamato Quiritida, e la lancia piantata in Regia è Marte, che coloro che si sono distinti in guerra sono premiati con una lancia, e che, quindi, Romolo ricevette il nome di Quirino come dio guerriero o un dio armato di lancia. Il suo tempio fu costruito su un colle che in suo onore porta il nome di Quirinale. Il giorno in cui Romolo morì è chiamato "Fuga del popolo" e i Capratin nons, perché in questo giorno fanno sacrifici, lasciando la città, alla palude delle capre, e la capra in latino è "capra". Lungo la strada vengono gridati i nomi più comuni tra i romani, come Marco, Lucio, Gaio, imitando l'allora fuga e reciproca grandine, pieni di orrore e confusione. Alcuni, tuttavia, pensano che ciò non debba rappresentare confusione, ma fretta, e danno la seguente spiegazione. Quando i Celti presero Roma, e poi furono espulsi da Camillo 121, e la città, estremamente indebolita, si riprese appena, un grande esercito di Latini guidato da Livio Postum si mosse contro di essa. Accampandosi poco lontano, inviò a Roma un ambasciatore, il quale annunciò a suo nome che i Latini volevano, unendo i due popoli con nuovi matrimoni, ristabilire l'amicizia e la parentela, già cadute in rovina. Quindi se i Romani mandano più fanciulle e donne nubili, avranno un buon accordo con i Latini e la pace, simile a quello che essi stessi fecero un tempo con i Sabini. I romani non sapevano cosa decidere: avevano paura della guerra ed erano sicuri che il trasferimento delle donne, richiesto dai latini, non fosse migliore della prigionia. E poi lo schiavo Philotis, che alcuni chiamano Tutula, consigliò loro di non fare neanche loro, ma, rivolgendosi all'astuzia, di evitare contemporaneamente sia la guerra che l'estradizione degli ostaggi. Il trucco consisteva nell'inviare ai nemici la stessa Filotide e altre bellissime schiave, travestendole da donne libere; di notte Filotida doveva segnalare con una torcia, ei romani dovevano attaccare con le armi e catturare il nemico in sogno. L'inganno ebbe successo, i latini non sospettarono nulla, e Philotis sollevò la torcia, arrampicandosi su un fico selvatico e bloccando il fuoco da dietro con tende e tende, in modo che il nemico non potesse vederlo, e i romani potessero vederlo con ogni distinzione, e subito si avviarono in fretta e in fretta ogni tanto si chiamavano mentre uscivano dal cancello. Dopo aver colpito inaspettatamente i latini, i romani li sconfissero e da allora, in ricordo della vittoria, festeggiano in questo giorno una festa. I noni "Kapratinsky" prendono il nome dal fico, che tra i romani è indicato con la parola "Caprifikon". Le donne vengono invitate a cena fuori dalle mura della città, all'ombra dei fichi. Gli schiavi, riunendosi, vanno in giro ovunque, scherzano e si divertono, poi si scambiano colpi e si lanciano pietre l'un l'altro - dopotutto, anche allora aiutavano i romani in battaglia. Non molti scrittori accettano questa spiegazione. In effetti, saluti reciproci in pieno giorno e una processione al Goat's Marsh, come in vacanza, sembrano adattarsi meglio alla prima storia. È vero, lo giuro su Zeus, entrambi gli eventi potrebbero verificarsi lo stesso giorno, ma in momenti diversi.

Si dice che Romolo sia scomparso dalla razza umana all'età di cinquantaquattro anni, nel trentottesimo anno del suo regno.

Plutarco "Vite a confronto"
Il nome di questo antico scrittore greco è diventato a lungo un nome familiare. C'è una serie di libri con titoli: "School Plutarch", "New Plutarch", ecc. Questo è quando si tratta di biografie di persone meravigliose scelte secondo qualche principio, e l'intero ciclo è collegato da una sorta di idea centrale. Naturalmente, molto spesso questa idea è "buone azioni che dovrebbero rimanere nella memoria dei discendenti riconoscenti".
Plutarco di Cheronea (Beozia) nacque nel 46 e proveniva da un'antica famiglia benestante. Dopo aver studiato ad Atene, fu sommo sacerdote dell'Apollo pitico a Delfi. Durante i suoi viaggi, anche in Egitto e in Italia, a volte con una missione politica affidatagli, incontrò e comunicò con personaggi di spicco del suo tempo (tra gli altri con gli imperatori Troiano e Adriano). In una cerchia amichevole, si concedeva una comunicazione raffinata, conduceva conversazioni su una varietà di argomenti, compresi quelli scientifici. Questa ricca vita spirituale si riflette nei suoi scritti. Dall'insegnamento ai propri figli, così come ai figli dei suoi ricchi concittadini, sorse una sorta di accademia privata, in cui Plutarco non solo insegnava, ma si dedicava anche alla creatività. Dell'enorme patrimonio letterario di Plutarco (250 opere), ne è sopravvissuta solo una certa parte, circa un terzo.
In russo, "Biografie comparate" occupano più di 1300 pagine di testo denso. Il contenuto abbraccia l'intera storia mondo antico fino al II secolo d.C. L'autore ha trovato tale vita e colori luminosi che, nel complesso, viene creata un'immagine insolitamente realistica, che non si trova in nessuna opera storica speciale.
"Vite a confronto" sono biografie di personaggi storici di spicco, greci e romani, raggruppate a coppie, in modo che in ogni coppia una biografia di un greco, l'altra di un romano; ogni coppia è rappresentata da persone tra le quali vi sono in qualche modo somiglianze, dopo la biografia di ciascuna coppia viene fornito un piccolo riassunto - "Confronto", che indica la loro analogie. Ci sono pervenute ventitré coppie di tali biografie; in quattro di essi non ci sono "confronti". Oltre a queste 46 biografie accoppiate (parallele), ci sono altre 4 biografie separate. Pertanto, le biografie in totale sono 50. Alcune biografie non sono state conservate. Nelle nostre pubblicazioni, le biografie di generali e statisti greci si trovano per la maggior parte (ma non completamente) in ordine cronologico; ma quest'ordine non corrisponde a quello in cui furono pubblicate da Plutarco. Queste biografie sono le seguenti:
1. Teseo e Romolo.
2. Licurgo e Numa.
3. Solone e Poplicola.
4. Temistocle e Camillo.
5. Pericle e Fabio Massimo.
6. Caio Marcio Coriolano e Alcibiade.
7. Emilio Paolo e Timoleonte.
8. Pelopida e Marcello.
9. Aristide e Catone il Vecchio.
10. Filopemen e Tito.
11. Pirro e Mario.
12. Lisando e Silla.
13. Cimone e Lucullo.
14. Nicia e Krase.
15. Sertorio ed Eumene.
16. Agesilao e Pompei.
17. Alessandro e Cesare.
18. Focione e Catone il Giovane.
19-20. Agida e Cleomene e Tiberio e Gaio Gracchi.
21. Demostene e Cicerone.
22. Demetrio e Antonio.
23. Dione e Bruto.
Separare 4 biografie: Artaserse, Arat, Galba, Otho.
Tutte le biografie sono di grande importanza per gli storici: molti scrittori da cui Plutarco ha preso in prestito informazioni non ci sono noti, quindi in alcuni casi rimane la nostra unica fonte. Ma Plutarco ha molte inesattezze. Tuttavia, per se stesso, quando si compila una biografia obiettivo principale non c'era storia, ma morale: i volti che descriveva dovevano servire da illustrazioni principi morali, alcuni da imitare, altri da evitare. Lo stesso Plutarco ha definito il suo atteggiamento nei confronti della storia nell'introduzione alla biografia di Alessandro:
Non scriviamo storia, ma biografie, e la virtù o il vizio non sono sempre visibili nelle azioni più gloriose, ma spesso qualche atto, parola o scherzo insignificante rivela il carattere di una persona meglio di una battaglia con decine di migliaia di morti, enormi eserciti e assedi delle città. Perciò, come i pittori dipingono la somiglianza nel volto, e nei suoi lineamenti, in cui si esprime il carattere, si preoccupano ben poco del resto del corpo, così ci sia concesso di immergerci maggiormente nelle manifestazioni dell'anima e attraverso di loro raffigurano la vita di ciascuno, lasciando agli altri descrizioni di grandi azioni e battaglie.
Nella biografia di Nicia (cap. 1), Plutarco indica anche che non intende scrivere una storia dettagliata:
Gli eventi descritti da Tucidide e Filisto, ovviamente, non possono essere completamente taciuti, perché contengono indicazioni sul carattere e sul carattere morale di Nikias, oscurato da molte grandi disgrazie, ma toccherò brevemente solo ciò che è assolutamente necessario in modo che la loro omissione non sia imputabile alla mia trascuratezza e pigrizia. E quegli eventi che sono sconosciuti ai più, di cui altri scrittori hanno solo informazioni frammentarie, o che sono sui monumenti donati alle chiese, o nelle decisioni delle assemblee popolari, ho cercato di unire quegli eventi insieme, poiché non raccolgo inutile informazioni storiche, ma trasmetto fatti che servono a comprendere il lato morale di una persona e il suo carattere.
Forse le migliori impressioni della personalità di Plutarco sono espresse da un traduttore gran lavoratore, che possiede i due terzi della traduzione russa del gigantesco testo “Il percorso della gentilezza di Plutarco, la sua avversione alla crudeltà, l'atrocità, l'inganno e l'ingiustizia, la sua umanità e filantropia , il suo accresciuto senso del dovere e la propria dignità, che non si stanca di instillare nei suoi lettori, il suo leggero scetticismo di un sobrio realista, che capisce che non c'è nulla da aspettarsi la perfezione dalla natura, inclusa la natura umana, e che si ha accettare il mondo intorno con questo necessario emendamento.

"Vite a confronto" sono 23 coppie di biografie: una greca, una romana, a partire da re leggendari Teseo e Romolo e termina con Cesare e Antonio, di cui Plutarco ebbe notizia da testimoni viventi. Per gli storici, questa è una preziosa fonte di informazioni; ma Plutarco non scriveva per gli storici. Voleva che le persone imparassero a vivere seguendo l'esempio dei personaggi storici; perciò li univa a coppie secondo la somiglianza dei caratteri e delle azioni, e alla fine di ogni coppia poneva un confronto: chi era migliore in cosa, e peggio in cosa. Per lettore moderno queste sono le sezioni più noiose, ma per Plutarco erano le principali. Ecco come appariva.

Aristide e Catone il Vecchio

Aristide (d. c. 467 a.C.) era uno statista ateniese durante Guerre greco-persiane. A Maratona era uno dei comandanti, ma lui stesso rifiutò il comando, consegnandolo al capo, il cui piano considerava il migliore. A Salamina, in una battaglia decisiva contro Serse, riconquistò quell'isola dai Persiani, sulla quale fu poi eretto un monumento in onore di questa battaglia. Sotto Platea, comandò tutte le unità ateniesi dell'esercito greco alleato. Aveva il soprannome Just. Il suo rivale era Temistocle; il conflitto era tale che Aristide disse: "Sarebbe meglio per gli Ateniesi prendere e gettare nell'abisso sia me che Temistocle". Si arrivò all'ostracismo, al “processo delle schegge”: ognuno scriveva su una scheggia il nome di colui che considerava pericoloso per la patria. Un contadino analfabeta si avvicinò ad Aristide: "Scrivimi qui: Aristide". - "Lo conosci?" - "No, ma sono stanco di sentire: giusto sì giusto." Aristide scriveva, e doveva. andare in esilio. Tuttavia, più tardi, davanti a Salamina, lui stesso andò da Temistocle e disse: "Rinunciamo alle lotte, abbiamo una causa comune: sai comandare meglio, e io sarò il tuo consigliere". Dopo la vittoria, riconquistando le città greche dai Persiani, con la sua cortesia li incoraggiò ad essere amico di Atene, e non di Sparta. Da ciò nacque una grande alleanza marittima; Aristide viaggiò in tutte le città e distribuì tra loro i contributi alleati in modo così equo che tutti furono soddisfatti. Soprattutto, si meravigliarono che allo stesso tempo non accettasse tangenti e tornasse dalla deviazione povero com'era. Quando morì, non lasciò soldi nemmeno per un funerale; gli Ateniesi lo seppellirono a spese pubbliche e le sue figlie furono date in matrimonio con una dote dal tesoro.

Catone il Vecchio (234-149 a.C.) in gioventù partecipò alla II Guerra Punica di Roma con Cartagine, in anni maturi combatté in Spagna e contro il re asiatico Antioco in Grecia, e morì alla vigilia della III Guerra Punica, alla quale lui stesso chiamò ostinatamente: concludeva ogni discorso con le parole: "E inoltre, devi distruggere Cartagine". Veniva da una famiglia umile e solo per i suoi meriti raggiunse la più alta carica statale: la censura: a Roma questa era una rarità. Catone ne era orgoglioso e in ogni discorso ripeteva i suoi meriti; tuttavia, quando gli è stato chiesto perché non avesse ancora eretto una statua, ha detto: "Chiedano loro perché non l'hanno eretta, piuttosto che perché l'hanno eretta". Il censore doveva vigilare sulla morale pubblica: Catone lottava con il lusso, espulse da Roma gli insegnanti greci perché le loro lezioni minavano la dura morale dei loro antenati, espulse un senatore dal Senato perché baciava la moglie in pubblico. Disse: "La città non sopravviverà, dove pagano di più per il pesce rosso che per un bue da lavoro". Lui stesso ha dato l'esempio con il suo stile di vita duro: ha lavorato nei campi, ha mangiato e bevuto come i suoi braccianti, ha allevato lui stesso suo figlio, ha scritto per lui a caratteri cubitali la storia di Roma e un libro di consigli sull'agricoltura (“ come diventare ricchi”), e molto altro ancora. Aveva molti nemici, tra cui il miglior comandante romano Scipione, il vincitore del cartaginese Annibale; sopraffece tutti e accusò Scipione di eccesso di potere e di inaccettabile amore per la cultura greca, e si ritirò nella sua tenuta. Come Nestor, è sopravvissuto a tre generazioni; già in vecchiaia, respingendo gli attacchi in tribunale, ha detto: "È difficile quando la vita è vissuta con alcuni, e devi giustificarti con gli altri".

Mappatura. Nella lotta contro i rivali, Catone si è mostrato migliore di Aristide. Aristide dovette andare in esilio, e Catone litigò con i rivali nei tribunali fino a tarda età e ne uscì sempre vittorioso. Allo stesso tempo, Aristide era solo un serio rivale di Temistocle, un uomo di bassa nascita, e Catone dovette entrare in politica quando la nobiltà era saldamente al potere, eppure raggiunse il suo obiettivo. - Nella lotta contro i nemici esterni, Aristide combatté a Maratona, a Salamina ea Plataea, ma ovunque ai margini, e lo stesso Catone vinse in Spagna e in Grecia. Tuttavia, i nemici che Catone ha combattuto non potevano competere con le spaventose orde di Serse. - Aristide è morto in povertà, e questo non va bene: una persona dovrebbe lottare per la prosperità nella sua casa, quindi anche lo stato sarà prospero. Catone, invece, si è rivelato un ottimo padrone di casa, e in questo è migliore. D'altra parte, non è vano che i filosofi affermino: “Solo gli dei non conoscono il bisogno; meno bisogni ha una persona, più è vicino agli dei. In questo caso, la povertà, che non viene dalla stravaganza, ma dalla moderazione dei desideri, come in Aristide, è meglio della ricchezza, anche come in Catone: non è un controsenso che Catone insegna ad arricchirsi, ma lui stesso si vanta di moderazione? - Aristide era modesto, era lodato da altri, mentre Catone era fiero dei suoi meriti e li commemorava in tutti i suoi discorsi; questo non è buono. Aristide non era invidioso, durante la guerra aiutò onestamente il suo malvagio Temistocle. Catone, per rivalità con Scipione, quasi impedì la sua vittoria su Annibale in Africa, e poi costrinse questo grande uomo a ritirarsi e ritirarsi da Roma; questo è decisamente brutto.

Agesilao e Pompeo

Agesilao (399-360 aC) fu un re spartano, modello di antica prodezza fin dall'inizio del declino dei costumi. Era piccolo, zoppo, veloce e senza pretese; fu chiamato ad ascoltare un cantante che cantava come un usignolo, rispose: "Ho sentito un vero usignolo". Nelle campagne viveva in bella vista e dormiva nei templi: "Ciò che le persone non vedono, lascia che gli dei lo vedano". I soldati lo amavano così tanto che il governo lo rimproverò: "Ti amano più della patria". lo ha portato al trono famoso comandante Lisandro, dichiarando il suo rivale figlio illegittimo ex re; Lisandro sperava di governare se stesso alle spalle di Agesilao, ma prese rapidamente il potere proprie mani. Agesilao salvò Sparta due volte. La prima volta entrò in guerra contro la Persia e l'avrebbe conquistata, come fece poi Alessandro, ma gli fu ordinato di tornare, perché tutta la Grecia si ribellò a Sparta. Tornò e colpì alle spalle i ribelli; la guerra si trascinò, ma Sparta resistette. La seconda volta gli Spartani furono completamente sconfitti dai Tebani e si avvicinarono alla città stessa; Agesilao con un piccolo distaccamento si difese ei Tebani non osarono attaccare. Secondo l'antica legge, i guerrieri che fuggivano dal nemico venivano vergognosamente privati diritti civili; osservando questa legge, Sparta sarebbe rimasta senza cittadini. Agesilao annunciò: "Lascia che la legge dorma oggi e svegliati domani" - e con questo uscì dalla situazione. Il denaro serviva per la guerra, Agesilao andò a guadagnarlo oltreoceano: lì l'Egitto si ribellò alla Persia, e fu chiamato a essere un condottiero. In Egitto, gli piaceva soprattutto la canna dura: da essa era possibile tessere ghirlande ancora più modeste che a Sparta. Cominciò una divisione tra i ribelli, Agesilao si unì a coloro che pagarono di più: "Non sto combattendo per l'Egitto, ma per il profitto di Sparta". Qui è morto; Il suo corpo fu imbalsamato e portato in patria.

Pompeo (106-48 a.C.) sorse nella prima guerra civile romana sotto il dittatore Silla, fu l'uomo più forte di Roma tra la prima e la seconda guerra civile e morì nella seconda guerra civile contro Cesare. Ha sconfitto i ribelli in Africa e in Spagna, Spartaco in Italia, i pirati in tutto il Mediterraneo, il re Mitridate in Asia Minore, il re Tigrane in Armenia, il re Aristobulo a Gerusalemme, e ha celebrato tre trionfi su tre parti del mondo. Ha detto di aver ricevuto qualsiasi posizione prima di quanto lui stesso si aspettasse e di aver composto prima di quanto si aspettassero gli altri. Era coraggioso e semplice; a sessant'anni faceva esercizi di combattimento insieme ai suoi soldati di base. Ad Atene, sull'arco in suo onore c'era l'iscrizione: "Più sei un uomo, più sei un dio". Ma era troppo diretto per essere un politico. Il Senato aveva paura e non si fidava di lui, concluse un'alleanza contro il Senato con i politici Crasso e Cesare. La bellezza morì e Cesare guadagnò forza, conquistò la Gallia e iniziò a minacciare sia il Senato che Pompeo, Pompeo non osò guidare guerra civile in Italia - ha raccolto truppe in Grecia. Cesare lo inseguì; Pompei poteva circondare le sue truppe e farlo morire di fame, ma scelse di dare battaglia. Fu allora che Cesare esclamò: "Infine, non combatterò con la fame e la privazione, ma con le persone!" A Farsalo, Cesare sconfisse completamente Pompeo. Pompeo è scoraggiato; gli disse il filosofo greco: "Sei sicuro che avresti approfittato della vittoria meglio di Cesare?" Pompeo fuggì su una nave attraverso il mare dal re egiziano. I nobili alessandrini pensarono che Cesare fosse più forte e uccisero Pompeo sulla riva durante lo sbarco. Quando Cesare arrivò ad Alessandria, gli presentarono la testa e il sigillo di Pompeo. Cesare pianse e ordinò l'esecuzione degli assassini.

Mappatura. Pompeo salì al potere solo per i suoi meriti, Agesilao - non senza astuzia, dichiarando illegale un altro erede, Pompeo sostenne Silla, Agesilao - Lisandro, ma Pompeo Silla rese sempre onori, Agesilao rimosse ingratamente Lisandro - in tutto questo, il comportamento di Pompeo fu molto più lodevole . Tuttavia, Agesilao mostrò più abilità di governo di Pompeo, ad esempio quando interruppe la campagna vittoriosa per ordine e tornò per salvare la patria, o quando nessuno sapeva cosa fare degli sconfitti, e gli venne l'idea che "per uno giorno dormono le leggi». Le vittorie di Pompeo su Mitridate e altri re sono, ovviamente, molto più magnifiche delle vittorie di Agesilao sulle piccole milizie greche. E Pompeo sapeva come mostrare meglio la misericordia ai vinti: stabilì i pirati in città e villaggi e fece di Tigran il suo alleato; Agesilao era molto più vendicativo. Tuttavia, nella sua guerra principale, Agesilao mostrò più autocontrollo e più coraggio di Pompeo. Non aveva paura dei rimproveri per essere tornato dalla Persia senza una vittoria e non esitò con un piccolo esercito a difendere Sparta dall'invasione dei nemici. E Pompeo lasciò prima Roma davanti alle piccole forze di Cesare, e poi in Grecia si vergognò di ritardare il tempo e accettò la battaglia quando fu vantaggiosa non per lui, ma per il suo avversario. Entrambi finirono la loro vita in Egitto, ma Pompeo vi nuotò per necessità, Agesilao per interesse personale, e Pompeo cadde, ingannato dai nemici, lo stesso Agesilao ingannò i suoi amici: anche qui Pompeo merita più simpatia.

Demostene e Cicerone

Demostene (384-322 a.C.) fu il più grande oratore ateniese. Naturalmente muto di lingua e debole di voce, si esercitava facendo discorsi con sassolini in bocca, o sulla riva di un mare rumoroso, o scalando una montagna; per questi esercizi andò a vivere a lungo in una grotta, e per vergognarsi di tornare dalla gente prima del tempo si rase metà della testa. Parlando dentro assemblea popolare, Egli ha detto:

"Ateniesi, avrete in me un consigliere, anche se non lo vorrete, ma mai un adulatore, anche se lo vorrete." Sono state date tangenti ad altri oratori per dire ciò che voleva il corruttore; Demostene ricevette tangenti per tenerlo tranquillo. Gli hanno chiesto: "Perché taci?" - ha risposto: "Ho la febbre"; hanno scherzato su di lui: "Gold Rush!" Il re Filippo di Macedonia stava avanzando verso la Grecia, Demostene fece un miracolo: con i suoi discorsi radunò contro di lui le intrattabili città greche. Filippo riuscì a sconfiggere i Greci in battaglia, ma divenne cupo al pensiero che Demostene potesse distruggere con un solo discorso tutto ciò che il re aveva ottenuto con vittorie per molti anni. Il re persiano considerava Demostene il suo principale alleato contro Filippo e gli mandò molto oro, Demostene prese: "Era il più capace di lodare il valore dei suoi antenati, ma non sapeva come imitarli". I suoi nemici, avendolo sorpreso a prendere tangenti, lo mandarono in esilio; uscendo, esclamò: "O Atena, perché ami così tanto i tre animali più cattivi: il gufo, il serpente e il popolo?" Dopo la morte di Alessandro Magno, Demostene sollevò nuovamente i Greci in guerra contro i Macedoni, i Greci furono nuovamente sconfitti, Demostene fuggì nel tempio. I macedoni gli hanno ordinato di andarsene, ha detto: "Adesso, scriverò solo un testamento"; tirò fuori le tavolette da scrittura, si portò pensieroso lo stilo alle labbra e cadde morto: nello stilo portava con sé del veleno. Sulla statua in suo onore era scritto: "Se, Demostene, la tua forza fosse pari alla tua mente, i Macedoni non avrebbero mai governato la Grecia".

Cicerone (106-43 aC) fu il più grande oratore romano. Quando studiò eloquenza nella Grecia conquistata, il suo maestro esclamò: “Ahimè, ultima gloria La Grecia va ai Romani! Considerava Demostene un modello per tutti gli oratori; Alla domanda su quale dei discorsi di Demostene fosse il migliore, ha risposto: "Il più lungo". Come un tempo Catone il Vecchio, è di famiglia umile, solo grazie al suo talento oratorio ha raggiunto le cariche di governo più basse fino alle più alte. Doveva agire sia come difensore che come accusatore; quando gli è stato detto: "Hai rovinato più persone con le accuse di quante ne hai salvate con le difese", ha risposto: "Quindi sono stato più onesto che eloquente". Ogni incarico in Roma era tenuto per un anno, e poi doveva governare una provincia per un anno; di solito i governatori lo usavano a scopo di lucro, Cicerone - mai. Nell'anno in cui Cicerone era console e capo di stato, fu scoperta una congiura di Catilina contro la Repubblica Romana, ma non c'erano prove dirette contro Catilina; tuttavia, Cicerone pronunciò una tale diatriba contro di lui che fuggì da Roma, ei suoi complici furono giustiziati per ordine di Cicerone. Allora i nemici ne approfittarono per cacciare Cicerone da Roma; un anno dopo tornò, ma la sua influenza si indebolì, si ritirò sempre più dagli affari nella tenuta e scrisse saggi di filosofia e politica. Quando Cesare salì al potere, Cicerone non ebbe il coraggio di combatterlo; ma quando, dopo l'assassinio di Cesare, Antonio cominciò a correre al potere, Cicerone entrò ultima volta si lanciò nella lotta e i suoi discorsi contro Antonio furono famosi quanto quelli di Demostene contro Filippo. Ma la forza era dalla parte di Antonio; Cicerone dovette fuggire, fu raggiunto e ucciso. La sua testa mozzata, Antonio, mise l'oratorio del foro romano, e i romani ne furono inorriditi.

Mappatura. Quale dei due oratori avesse più talento - su questo, dice Plutarco, non osa giudicare: questo può essere fatto solo da qualcuno che parla ugualmente correntemente sia il latino che il greco. Il principale vantaggio dei discorsi di Demostene era considerato peso e forza, i discorsi di Cicerone: flessibilità e leggerezza; Demostene era chiamato brontolone dai suoi nemici, Cicerone era chiamato burlone. Di questi due estremi, forse, De-mosfenov è ancora migliore. Inoltre, Demostene, se si elogiava, quindi discretamente, Cicerone era presuntuoso fino al ridicolo. Ma Demostene era un oratore, e solo un oratore, e Cicerone ha lasciato molte opere di filosofia, politica e retorica: questa versatilità, ovviamente, è un grande vantaggio. Influenza politica con i loro discorsi, entrambi si sono dimostrati bravissimi; ma Demostene non ricopriva cariche elevate e non superò, per così dire, la prova del potere, e Cicerone era console e si mostrò brillantemente, sopprimendo la congiura di Catilina. Dove Cicerone eccelleva senza dubbio Demostene era nell'altruismo: non accettava tangenti nelle province, né regali dagli amici; Demostene ovviamente ricevette denaro dal re persiano e andò in esilio per corruzione. Ma in esilio Demostene si comportò meglio di Cicerone: continuò a unire i Greci nella lotta contro Filippo e ci riuscì in molti modi, mentre Cicerone si perse d'animo, si abbandonò pigramente al desiderio e poi non osò resistere a lungo alla tirannia. Allo stesso modo Demostene accettò più degnamente la morte. Cicerone, sebbene anziano, aveva paura della morte e si precipitò per sfuggire agli assassini, mentre lo stesso Demostene prese il veleno, come si addice a una persona coraggiosa.

Demetrio e Antonio

Demetrius Poliorketes (336-283 a.C.) era il figlio di Antigonus One-Eyed, il più anziano e il più forte dei generali di Alessandro Magno. Quando, dopo la morte di Alessandro, iniziarono le guerre per il potere tra i suoi generali, Antigono catturò Asia minore e la Siria, e mandò Demetrio a riconquistare la Grecia dal dominio della Macedonia. Portò il pane all'affamata Atene; parlando di questo, ha sbagliato la lingua, è stato corretto, ha esclamato: "Per questo emendamento, ti do altre cinquemila misure di pane!" Fu proclamato dio, si stabilì nel tempio di Atena, e lì organizzò feste con le sue amiche e prese le tasse dagli Ateniesi per il loro rossetto e imbiancatura. La città di Rodi si rifiutò di obbedirgli, Demetrio la pose d'assedio, ma non la prese, perché aveva paura di bruciare la bottega dell'artista Protogene, che era vicino alle mura della città. Le torri d'assedio da lui lanciate erano così enormi che i Rodi, dopo averle vendute per rottame, eressero una gigantesca statua - il Colosso di Rodi - con il ricavato. Il suo soprannome è Poliorket, che significa "combattente di città". Ma nella battaglia decisiva Antigono e Demetrio furono sconfitti, Antigono morì, Demetrio fuggì, né gli Ateniesi né altri Greci volevano accettarlo. Ha catturato il regno macedone per diversi anni, ma non lo ha tenuto. I macedoni erano disgustati dalla sua arroganza: indossava abiti scarlatti con un bordo d'oro, stivali viola, un mantello ricamato di stelle, e i firmatari ricevevano scortesemente: "Non ho tempo". "Se non c'è tempo, allora non c'è niente per essere un re!" una donna anziana lo chiamò. Avendo perso la Macedonia, si precipitò in Asia Minore, le sue truppe lo lasciarono, fu circondato e si arrese al re rivale. Ha inviato l'ordine a suo figlio:

"Considerami morto e qualunque cosa ti scriva, non ascoltarla." Il figlio si è offerto come prigioniero al posto di suo padre, senza alcun risultato. Tre anni dopo, Demetrio morì in cattività, ubriaco e furioso.

Mappatura. Confronteremo questi due generali, che iniziarono bene e finirono male, per vedere come non dovrebbe comportarsi un uomo buono. Quindi, gli spartani alle feste hanno annaffiato lo schiavo ubriaco e hanno mostrato ai giovani quanto è brutto l'ubriaco. - Demetrio ricevette il suo potere senza difficoltà, dalle mani del padre; Antonio andò da lei, contando solo sulle proprie forze e capacità; ispira più rispetto. - Ma Demetrio regnava sui Macedoni, abituati al potere regio, mentre Antonio voleva subordinare i Romani, abituati alla repubblica, al suo potere regio; è molto peggio. Inoltre, Demetrio vinse lui stesso le sue vittorie, mentre Antonio guerra principale guidato dalle mani dei suoi generali. - Entrambi amavano il lusso e la dissolutezza, ma Demetrio da un momento all'altro era pronto a trasformarsi da bradipo in combattente, mentre Antonio, per amore di Cleopatra, rimandava qualsiasi affare e sembrava Ercole schiavo di Onfala. Ma Demetrio nei suoi divertimenti era crudele ed empio, contaminando anche i templi con la fornicazione, ma questo non era il caso di Antonio. Demetrio, con la sua intemperanza, ha danneggiato gli altri, Antonio ha danneggiato se stesso. Demetrio fu sconfitto perché l'esercito si ritirò da lui, Antonio - perché lui stesso lasciò il suo esercito: il primo è da biasimare per aver instillato tanto odio per se stesso, il secondo - per aver tradito tanto amore per se stesso. - Entrambi morirono di una brutta morte, ma la morte di Demetrio fu più vergognosa: accettò di farsi prigioniero per bere e mangiare troppo per altri tre anni di prigionia, mentre Antonio preferì uccidersi piuttosto che darsi nelle mani di nemici.

Plutarco di Cheronea (greco antico Πλούταρχος) (c. 45 - c. 127) - antico filosofo greco, biografo, moralista.

Biografia

Veniva da una famiglia benestante che viveva in una piccola città della Beozia. Ad Atene studiò matematica, retorica e filosofia, quest'ultima principalmente sotto il platonico Ammonio, ma anche Peripat e Stoia ebbero un'influenza significativa sulle sue opinioni. Secondo le sue opinioni filosofiche era un eclettico, in filosofia era interessato alla sua applicazione pratica. Ha viaggiato molto in gioventù. Visitò la Grecia, l'Asia Minore, l'Egitto, fu a Roma, dove incontrò i neopitagorici, e strinse anche amicizie con molte persone importanti, tra cui Lucius Mestrius Florus, uno stretto collaboratore dell'imperatore Vespasiano, che aiutò Plutarco a ottenere la cittadinanza romana .

Tuttavia, presto Plutarco tornò a Cheronea. Servì fedelmente la sua città svolgendo pubblici uffici. Ha riunito i giovani nella sua casa e, insegnando ai propri figli, ha creato una sorta di "accademia privata", in cui ha svolto il ruolo di mentore e docente. Nel cinquantesimo anno della sua vita, divenne sacerdote di Apollo a Delfi, cercando di riportare il santuario e l'oracolo al suo antico significato. Plutarco non era uno scrittore originale. In sostanza, ha raccolto ed elaborato ciò che altri scrittori e pensatori più originali avevano scritto prima di lui. Ma nel trattamento di Plutarco, un'intera tradizione, segnata dal segno della sua personalità, ha acquisito un nuovo aspetto, ed è stato in questa forma che ha determinato per molti secoli il pensiero e la letteratura europea.

La ricchezza degli interessi di Plutarco (riguardanti principalmente la vita familiare, la vita delle città-stato greche, i problemi religiosi e le questioni di amicizia) corrispondeva a un numero significativo dei suoi scritti, di cui è sopravvissuta meno della metà. È estremamente difficile stabilire la loro cronologia. Tematicamente possiamo dividerli in 2 gruppi: il primo, molto eterogeneo, riguarda quelli creati in periodi diversi scritti, prevalentemente filosofici e didattici, unendoli sotto il titolo generale di Etica (Moralia); il secondo sono le biografie. (Tutti i titoli sono solitamente citati in latino.) Nell'Etica troviamo circa 80 scritti.

I primi di questi sono quelli che sono retorici, come le lodi di Atene, i discorsi sulla Fortuna (in greco Tyche) e il suo ruolo nella vita di Alessandro Magno o nella storia di Roma. Un folto gruppo è costituito anche da trattati filosofici popolari; di questi, forse il più caratteristico di Plutarco è il breve saggio Sullo stato dello spirito. A scopo didattico sono stati concepiti altri saggi contenenti consigli su come agire per essere felici e superare i difetti (ad esempio, "Sull'eccessiva curiosità", "Sulla loquacità", "Sull'eccessiva timidezza"). Per gli stessi motivi, Plutarco si occupò di questioni di amore e matrimonio.

In tutti questi scritti si riflettono gli interessi pedagogici di Plutarco, non sorprende che abbia sollevato questioni simili anche nelle opere “Come giovanotto ascolta i poeti”, “Come usare le lezioni”, ecc. Gli scritti politici di Plutarco li affrontano tematicamente, specialmente quelli che contengono raccomandazioni per governanti e statisti. I componimenti sui temi della vita familiare comprendono anche una consolazione (cioè un saggio consolatorio dopo una grave perdita), indirizzata alla moglie di Plutarco Timoxene, che perse l'unica figlia. Insieme alle opere più apprezzate in forma dialogica, l'Etica ne includeva anche altre - di natura vicina a un rapporto scientifico, in cui Plutarco, senza approfondire il ragionamento teorico, fornisce tuttavia molte preziose informazioni sulla storia della filosofia. Questi dovrebbero includere scritti sugli insegnamenti di Platone, come "Questioni platoniche" o "Sulla creazione dell'anima" nel Timeo, così come opere polemiche dirette contro gli epicurei e gli stoici.

Plutarco scriveva anche dell'anima umana, era interessato alla psicologia, forse anche alla psicologia degli animali, se dalla sua penna provenivano davvero scritti sull'intelligenza e l'intelligenza degli animali. Plutarco dedicò numerose opere a questioni di religione, tra cui i cosiddetti dialoghi "pitici" riguardanti l'oracolo di Apollo a Delfi. La più interessante di questo gruppo è l'opera "Su Iside e Osiride", in cui Plutarco, egli stesso iniziato ai misteri di Dioniso, delineava le più diverse interpretazioni sincretiche e allegoriche dei misteri di Osiride.

L'interesse di Plutarco per le antichità è testimoniato da due opere: "Questioni greche" (Aitia Hellenika; lat. Quaestiones Graecae) ​​​​e "Questioni romane" (Aitia Romaika; lat. Quaestiones Romanae), che rivelano il significato e l'origine di varie usanze di il mondo greco-romano (molto spazio è dedicato alle questioni di culto). L'opera di Plutarco "Sulla faccia del disco lunare" presenta varie teorie al riguardo corpo celestiale, alla fine Plutarco si rivolge alla teoria adottata all'Accademia di Platone (Xenocrate), vedendo nella Luna la patria dei demoni.

Le passioni di Plutarco, così chiaramente manifestate nelle sue biografie, si riflettevano anche nella raccolta dei proverbi Lacedemoni (altra raccolta di noti detti di Apoftegmata, probabilmente per la maggior parte non è genuino). Una varietà di argomenti viene rivelata sotto forma di dialogo da opere come "La festa dei sette saggi" o "Conversazioni alla festa" (in 9 libri). L'Etica di Plutarco comprende anche opere non autentiche di autori sconosciuti. I più importanti sono: "On Music", che è una delle principali fonti della nostra conoscenza musica antica(Aristosseno, Eraclide del Ponto), e "Dell'educazione dei fanciulli", opera famosissima e tradotta in molte lingue durante il Rinascimento. Tuttavia, Plutarco deve la sua fama non all'Etica, ma alle biografie. Nell'introduzione alla biografia di Emilio Paolo, lo stesso Plutarco delinea i suoi obiettivi: la comunicazione con i grandi personaggi dell'antichità ha funzioni educative, e se non tutte le biografie sono attraenti, dopo tutto, anche un esempio negativo può avere un effetto intimidatorio e trasformare sulla via di una vita retta.

Nelle biografie, Plutarco segue gli insegnamenti dei Peripatetici, che in campo etico attribuivano un'importanza decisiva alle azioni umane, sostenendo che ogni azione dà origine alla virtù. Plutarco li costruisce secondo lo schema delle biografie peripatetiche, descrivendo a sua volta la nascita, la giovinezza, il carattere, l'attività, la morte dell'eroe e le sue circostanze. Volendo descrivere le gesta dei suoi eroi, Plutarco utilizzò il materiale storico a sua disposizione, di cui si occupò con assoluta libertà, poiché riteneva di scrivere una biografia, non una storia. Era principalmente interessato al ritratto di una persona e, per rappresentarlo visivamente, Plutarco attirava volentieri aneddoti. È così che sono nate narrazioni colorate ed emotive, il cui successo è stato assicurato dal talento dell'autore per la narrazione, dalla sua brama di tutto ciò che è umano e dall'ottimismo morale che eleva l'anima. Tuttavia, anche le biografie di Plutarco hanno un grande valore storico, poiché si è ripetutamente rivolto a fonti a noi inaccessibili oggi.

Plutarco iniziò a scrivere biografie in gioventù. All'inizio rivolse la sua attenzione ai personaggi famosi della Beozia: Esiodo, Pindaro, Epaminonda - in seguito iniziò a scrivere di rappresentanti di altre regioni della Grecia: di Leonida, Aristomene, Arat di Sicione e persino del re persiano Artaserse II . Durante il suo soggiorno a Roma, Plutarco creò biografie di imperatori romani destinate ai greci. E solo nel periodo successivo scrisse la sua opera più importante, Biografie comparate (Bioi paralleloi; lat. Vitae parallelae). Si trattava di biografie di personaggi storici di spicco della Grecia e di Roma, confrontate a coppie. Alcune di queste coppie sono ben composte, come i mitici fondatori di Atene e Roma - Teseo e Romolo, i primi legislatori - Licurgo e Numa Pompilio, i più grandi leader - Alessandro e Cesare. Altri vengono confrontati in modo più arbitrario: "figli della felicità" - Timoleonte ed Emilio Paolo, o una coppia che illustra le vicissitudini dei destini umani - Alcibiade e Coriolano. Dopo le biografie, Plutarco ha dato una descrizione generale, un confronto di due immagini (synkrisis). Solo poche coppie mancano di questo confronto, in particolare Alessandro e Cesare. C'erano 23 coppie in totale, presentate in ordine cronologico. Sono sopravvissute 22 coppie (le biografie di Epaminonda e Scipione sono andate perdute) e quattro singole biografie di più di primo periodo: Arata di Sicione, Artaserse II, Galba e Ottone.

Plutarco dedicò tutta la sua vita alle attività sociali e politiche, e soprattutto alla pedagogia. Ha fatto del suo meglio per mostrare il ruolo culturale della Grecia. Fino alla fine dell'antichità ea Bisanzio, Plutarco usò fama rumorosa il più grande educatore e filosofo. Nel Rinascimento (XV secolo), le opere ritrovate di Plutarco, tradotte in lingua latina, divenne nuovamente la base della pedagogia europea. Molto spesso leggi un trattato sull'educazione dei bambini, prima inizio XIX v. considerato autentico.

Quasi tutte le "Vite comparate" di Plutarco sono costruite approssimativamente secondo lo stesso schema: racconta l'origine dell'eroe, la sua famiglia, famiglia, nei primi anni, educazione, le sue attività e la morte. Così, davanti a noi passa l'intera vita di una persona, disegnata in un aspetto morale e psicologico, con l'attribuzione di alcuni aspetti importanti per l'intenzione dell'autore.

Molto spesso le riflessioni morali precedono la biografia dell'eroe e si concentrano nei primi capitoli. A volte la biografia si chiude con una conclusione dettagliata con un appello ad un amico ("", Cap. 31), e talvolta la fine si interrompe improvvisamente ("Alexander", Cap. 56), come a simboleggiare la morte accidentale e prematura di un brillante, gloriosa vita.

Alcune biografie sono sature al limite di divertenti aneddoti e aforismi.

Basta ricordare le argute risposte dei gimnosofisti ad Alessandro Magno (Alessandro, cap. 64), citate da Plutarco, parole morenti Demostene (cap. 29), guerriero di Callicrate nella battaglia di Platea ("Non è la morte che mi rattrista, ma è amaro morire senza aver incontrato nemici", "Aristide", cap. 17) o Crasso ( cap. 30), così come una conversazione bruto con un fantasma prima della battaglia decisiva ("Cesare", cap. 69), parole Cesare riguardo al defunto Cicerone(“Cicerone”, cap. 49) o le parole sull'onestà del comandante, rivolte da Aristide a Temistocle (“Aristide”, cap. 24).

Busto di Plutarco nella sua città natale, Cheronea

In Vite comparate, Plutarco cerca di evidenziare di più caratteristiche luminose nel carattere non solo di una persona, ma anche di un intero popolo. Quindi, sottolinea la capacità di Alcibiade di adattarsi a qualsiasi circostanza ("Alcibiade", cap. 23), la nobiltà del giovane Demetrio, che salvò Mitridate con la sua intraprendenza ("Demetrio", cap. 4), l'appassionata rivalità di i Greci dopo la battaglia di Platea, quando erano pronti a uccidersi a vicenda per i trofei, e poi li diedero generosamente ai cittadini di Platea ("Aristide", cap. 20), la violenza spontanea della folla romana che seppellì Cesare ("Bruto ", cap. 20).

Plutarco è un maestro dei dettagli psicologici, memorabili e spesso anche simbolici. Apprezza la bellezza interiore di una persona infelice, torturata e che ha perso tutto il suo fascino esteriore ("Anthony", cap. 27 e 28 circa Cleopatra). L'intera storia d'amore di Cleopatra e Antonio è piena di queste osservazioni incredibilmente sottili (ad esempio, cap. 67, 78, 80, 81). E quanto è simbolico l'incendio dell'assassinato Pompeo sul rogo di barche marce o il gesto di Cesare, che prese l'anello dal messaggero con la testa di Pompeo, ma gli voltò le spalle ("Pompeo", cap. 80). O i seguenti dettagli: Cesare nuota senza lasciare andare i quaderni ("Cesare", cap. 49); lui stesso aprì le dita che afferravano il pugnale, vedendo che Bruto lo stava uccidendo ("Bruto", cap. 17), e lo stesso Cicerone allungò il collo sotto il colpo della spada, e lui, il grande scrittore, fu troncato non solo la sua testa, ma anche le sue mani ("Cicerone", cap. 48).

Plutarco è un acuto osservatore, ma nelle sue Vite comparate è in grado di delineare con tratti potenti un'ampia tela tragica. Tali, ad esempio, sono la morte di Antonio nella tomba di Cleopatra ("Antonio", cap. 76-77), il dolore della regina (ibid., cap. 82-83), il suo suicidio nelle lussuose vesti di l'amante dell'Egitto (ibid., cap. 85) o la morte di Cesare (i suoi assassini in preda alla frenesia iniziarono a colpirsi a vicenda; "Cesare", cap. 66) e Demostene, che prese il veleno con dignità ("Demostene" , cap.29). Plutarco non dimentica di assicurarlo ai lettori eventi tragici preparato dagli dei, ecco perché ha così tanti presagi (ad esempio, Antonio presume la sua morte, poiché il dio Dioniso e il suo seguito lo hanno lasciato; "Antonio", cap. 75), divinazione profetica ("Cesare", cap. . 63), segni miracolosi ("Cesare", cap. 69 - l'apparizione di una cometa) e azioni ("Alessandro", cap. 27: i corvi guidano le truppe dei Greci).

Tutta la tragedia vita umana viene tracciato nelle biografie di Plutarco a seguito delle vicissitudini e, al tempo stesso, delle leggi del destino. Quindi, il Grande Pompeo viene seppellito da due persone: il suo vecchio soldato e uno schiavo liberato ("Pompeo", cap. 80). A volte si dice addirittura che una persona che va verso la morte non è guidata dalla ragione, ma da un demone (ibid., cap. 76). Il destino in Plutarco ride di un uomo, e il grande perisce per mano del nulla (la morte di Pompeo dipende da un eunuco, maestro di retorica e mercenario; ibid., cap. 77); da colui che essi stessi una volta salvarono (Cicerone uccide il tribuno, che un tempo difendeva; Cicerone, cap. 48); i Parti portano il morto Crasso in una carovana insieme a meretrici ed etere, e, come se parodiasse il corteo trionfale del comandante romano, un soldato catturato vestito da Crasso cavalca davanti a questa carovana ("Crasso", cap. 32 ). Antonio, vantandosi, mise fuori la testa e le mani dell'assassinato Cicerone, ma i romani videro in questa atrocità "l'immagine dell'anima di Antonio" ("Cicerone", cap. 49). Ecco perché nelle Vite comparate di Plutarco, la morte di una persona, diretta dal destino, è del tutto naturale, così come la punizione del destino che ripaga un'azione malvagia (Crasso, cap. 33, Pompeo, cap. 80, Antonio, cap. 81, Cicerone, cap. 49, Demostene, cap. 31, che parla direttamente della Giustizia che vendica Demostene).

Plutarco non solo ha la capacità di comprendere e rappresentare la vita sotto l'aspetto di un eroico pathos aspro e cupo, ma sa conferire alle sue tele lo splendore e lo splendore di una lussuosa decorazione: ad esempio, il nuoto di Cleopatra su Cidno tra l'ebbrezza dell'amore, la raffinatezza di sentimenti e abbondanza di felicità ("Anthony", cap. 26) o lo splendore del trionfo del generale romano ("Antonio", cap. 26) o lo splendore del trionfo del generale romano (" Emilio Paolo", cap. 32-34).

Tuttavia, Plutarco non usa solo le tecniche in Vite comparate pittura decorativa. Comprende (come molti scrittori del mondo ellenistico-romano, come Polibio, Luciano) la vita stessa di una persona come una sorta di spettacolo teatrale, quando, per volere del destino o del caso, si svolgono drammi sanguinosi e commedie divertenti. Quindi, Plutarco sottolinea che l'assassinio di Cesare è avvenuto accanto alla statua di Pompeo, che una volta fu ucciso a causa della rivalità con Cesare ("Cesare", cap. 66). Il Crasso di Plutarco muore impotente e anche quasi per caso, divenendo ironicamente partecipe di una vera e propria rappresentazione teatrale: la testa di Crasso viene gettata in scena durante la rappresentazione delle Baccanti di Euripide, ed è percepita da tutti come la testa del principe Penteo, strappata a brani delle Baccanti (Crasso, cap. 33 ). Demostene in Plutarco fa un sogno prima della sua morte in cui gareggia con il suo inseguitore Archio in un tragico gioco. Come Plutarco trasmette in modo significativo il sentimento subconscio di una persona che ha perso il lavoro della sua vita: "E sebbene lui (Demostene) reciti magnificamente e l'intero teatro sia dalla sua parte, a causa della povertà e della povertà della produzione, la vittoria va al nemico" ("Demostene", cap. 29). "Fate and History", secondo l'autore, trasferisce l'azione "dalla scena comica a quella tragica" ("Demetrio, cap. 28), e Plutarco accompagna il completamento di una biografia e il passaggio a un'altra con la seguente osservazione : “Allora, il dramma macedone è stato recitato, è ora di andare in scena sul palcoscenico romano” (ibid., cap. 53).

- uno degli eroi delle "Vite comparate" di Plutarco

Così, in Vite comparate la storia è raccontata da un narratore intelligente e abile, non un moralista che infastidisce il lettore, ma un mentore gentile e condiscendente che non appesantisce l'ascoltatore con un apprendimento profondo, ma cerca di catturarlo con espressività e divertimento, una parola tagliente, un aneddoto raccontato nel tempo, dettagli psicologici, vivacità e presentazione decorativa. Vale la pena aggiungere che lo stile di Plutarco si distingue per la nobile moderazione. L'autore non cade in un rigoroso atticismo e, come se si concentrasse sulla diversità vivente dell'elemento linguistico, allo stesso tempo non vi si tuffa avventatamente. A questo proposito, un piccolo schizzo di Plutarco "Confronto tra Aristofane e Menandro”, dove si avverte chiaramente la simpatia dello scrittore per lo stile di Menandro. Le parole rivolte a questo amato comico ellenistico sono da attribuire anche allo stesso Plutarco: “Qualunque passione, qualunque carattere, stile esprima e a qualunque persona diversa possa essere applicata, rimane sempre una e conserva la sua omogeneità, nonostante che quella usa le parole più comuni e attuali, quelle parole che sono nella lingua di tutti ", e questo stile, essendo omogeneo," si adatta comunque a qualsiasi carattere, a qualsiasi stato d'animo, a qualsiasi età.