Leggi il romanzo L'angelo di fuoco. Valery Bryusov - angelo ardente

Valery Bryusov

Angelo del fuoco

Prefazione all'edizione russa

L'autore del Racconto racconta la propria vita nella Prefazione. Nacque all'inizio del 1505 (secondo il suo racconto alla fine del 1504) nell'arcivescovado di Treviri, studiò all'Università di Colonia, ma non completò il corso, ricostituì la sua educazione con letture indiscriminate, principalmente le opere di gli umanisti, poi entrarono nel servizio militare, partecipò a una campagna in Italia nel 1527, visitò la Spagna e infine si trasferì in America, dove trascorse gli ultimi cinque anni precedenti gli eventi raccontati nel Racconto. L'azione stessa del "Racconto" abbraccia il periodo che va dall'agosto 1534 all'autunno del 1535.

L'autore dice (cap. XVI) di aver scritto la sua storia subito dopo gli eventi vissuti. Infatti, sebbene fin dalle prime pagine faccia allusione agli eventi dell'intero anno successivo, non è chiaro dal Racconto che l'autore avesse familiarità con gli eventi successivi. Ad esempio, non sa ancora nulla dell'esito della rivolta di Munster (Munster fu presa d'assalto nel giugno 1535), che menziona due volte (cap. III e XIII), e parla di Ulrich Tsazia (cap. XII) come una persona vivente († 1535). In accordo con ciò, il tono della storia, sebbene in generale calmo, poiché l'autore trasmette nel passato eventi che lo hanno già allontanato, in alcuni punti è tuttavia animato dalla passione, poiché il passato gli è ancora troppo vicino.

Più volte l'autore dichiara di voler scrivere solo la verità (Prefazione, cap. IV, cap. V, ecc.). Che l'autore si sia davvero adoperato per questo è dimostrato dal fatto che nel Racconto non troviamo anacronismi e dal fatto che la sua rappresentazione di personaggi storici corrisponde a dati storici. Pertanto, i discorsi di Agrippa e Johann Weyer (cap. VI) trasmessi dall'autore del "Racconto" corrispondono alle idee espresse da questi scrittori nei loro scritti e all'immagine di Faust da lui raffigurata (cap. XI- XIII) somiglia abbastanza da vicino al Faust di cui dipinge per noi la biografia più antica (scritta da I. Spiess e pubblicata nel 1587). Ma, naturalmente, con tutta la buona volontà dell'autore, la sua presentazione rimane soggettiva, come tutte le memorie. Dobbiamo ricordare che racconta gli eventi così come gli sono apparsi, i quali, con ogni probabilità, differiscono da come sono realmente accaduti. L'autore non ha potuto evitare piccole contraddizioni nel suo lunga storia causata dalla naturale dimenticanza.

L'autore afferma con orgoglio (Prefazione) che, per istruzione, non si considera niente di inferiore a "orgoglioso di doppi e tripli studi di dottorato". In tutto il "Racconto", infatti, sono molte le testimonianze della versatile conoscenza dell'autore, che, secondo lo spirito del XVI secolo, cercò di conoscere i più diversi campi della scienza e dell'attività. L'autore parla, con tono da intenditore, di matematica e architettura, di affari militari e di pittura, di scienze naturali e filosofia, ecc., Senza contare le sue discussioni dettagliate su vari rami della conoscenza occulta. Allo stesso tempo, il Racconto contiene molte citazioni di autori, antichi e nuovi, e semplici menzioni di nomi scrittori famosi e scienziati. Va notato, tuttavia, che non tutti questi riferimenti sono del tutto rilevanti e che l’autore apparentemente ostenta la sua erudizione. Lo stesso va detto per le frasi in latino, spagnolo, francese e italiano, che l'autore inserisce nel suo racconto. Per quanto si può giudicare, delle lingue straniere, in realtà conosceva solo il latino, cosa che a quell'epoca lo era linguaggio comune persone educate. La sua conoscenza dello spagnolo probabilmente era solo pratica, mentre la sua conoscenza dell'italiano e del francese è più che dubbia.

L'autore si definisce un seguace dell'umanesimo (Prefazione, cap. X, ecc.). Possiamo accettare questa affermazione solo con riserva. È vero, si riferisce spesso a varie disposizioni che sono diventate, per così dire, assiomi della visione del mondo umanistica (cap. I, IV, X, ecc.), parla con indignazione della scolastica e degli aderenti alla visione del mondo medievale, ma ci sono ancora in lui restano ancora molti antichi pregiudizi. Le idee che ha ricevuto dalla sua lettura disordinata si sono mescolate con le tradizioni instillate in lui fin dall'infanzia e hanno creato una visione del mondo estremamente contraddittoria. Parlando con disprezzo di ogni sorta di superstizioni, l'autore stesso a volte rivela un'estrema credulità; deridendo le scuole "dove le persone cercano nuove parole", e lodando l'osservazione e l'esperienza in ogni modo possibile, riesce a volte a confondersi in sofismi scolastici, ecc.

Per quanto riguarda la fede dell'autore in tutto ciò che è soprannaturale, sotto questo aspetto ha seguito solo il secolo. Per quanto strano possa sembrarci, fu nel Rinascimento che iniziò lo sviluppo intensificato degli insegnamenti magici, che durò per tutto il XVI e XVII secolo. La stregoneria e la divinazione indefinite del Medioevo risalgono al XVI secolo. rielaborata in una coerente disciplina delle scienze, di cui gli scienziati furono più di venti (vedi, ad esempio, l'opera di Agrippa: "De speciebus magiae"). Lo spirito dell'epoca, sforzandosi di razionalizzare tutto, riuscì a fare della magia una certa dottrina razionale, introdusse significato e logica nella predizione del futuro, voli al sabato scientificamente fondati, ecc. Credendo nella realtà dei fenomeni magici, l'autore del Il racconto seguiva solo le migliori menti del suo tempo. Così Jean Baudin, il celebre autore del trattato "De Republica", che Buckle riconobbe come uno degli storici più notevoli, allo stesso tempo autore del libro "La Demonomanie des sorciers", che esamina in dettaglio i contratti con i Diavolo e fuga verso il sabato; Ambroise Pare, il riformatore della chirurgia, descrisse la natura dei demoni e i tipi di possessione; Keplero difese la madre dall'accusa di stregoneria senza sollevare obiezioni all'accusa stessa; il celebre nipote di Pico, Giovanni Francesco della Mirandola, scrisse il dialogo "La Strega" per convincere le persone colte e non credenti dell'esistenza delle streghe; secondo lui si può piuttosto dubitare dell'esistenza dell'America, ecc. I papi emanarono apposite bolle contro le streghe, e in testa al famoso "Malleus maleficarum" c'è il testo: "Haeresis est maxima opera maleficarum non credere", Non credere credere nelle gesta delle streghe è la più alta eresia. Il numero di questi miscredenti era molto esiguo, e tra questi un posto di rilievo va dato a Johann Weir (o, secondo un'altra trascrizione del suo nome, Jean Veer), citato nel Racconto, che per primo riconobbe una speciale malattia nella stregoneria.

Valery Bryusov

L'angelo di fuoco, o la storia vera, che racconta del diavolo, che apparve più di una volta sotto forma di uno spirito luminoso a una ragazza e la sedusse in varie azioni peccaminose, di pratiche empie di magia, astrologia, goetia e negromanzia, sul processo di questa ragazza sotto la presidenza del suo reverendo arcivescovo di Treviri, nonché sugli incontri e le conversazioni con un cavaliere e tre volte il dottor Agrippa di Nettesheim e il dottor Faust, scritti da un testimone oculare

Non illustrium cuiquam virorum artium laude doctrinaeve fama clarorum at tibi domina lucida demens infelix quae multum dilexeras et amore perieras narrationem haud mendacem servus devotus amator fidelis sempiternae memoriae causa dedicavi scriptor.

Lui a chiunque da gente famosa glorificata nelle arti o nelle scienze, ma a te, donna di luce, folle, infelice, che molto amò e morì d'amore, è vera questa storia, di umile serva e di amante fedele, come segno memoria eterna dedicato dall'autore.

Penso che chiunque sia stato testimone di eventi insoliti e oscuri dovrebbe lasciare una descrizione degli stessi, fatta in modo sincero e imparziale. Ma non è solo il desiderio di contribuire a un compito così difficile come lo studio del misterioso potere del Diavolo e dell'area a sua disposizione che mi spinge a intraprendere questo resoconto senza fronzoli di tutte le cose straordinarie che ho vissuto in passato. dodici mesi. Sono anche attratto dall'opportunità di aprire, su queste pagine, il mio cuore, come in una confessione silenziosa, davanti a un'udienza a me sconosciuta, poiché non c'è nessun altro a cui rivolgere le mie tristi confessioni ed è difficile restare silenzioso per una persona che ha sperimentato troppo. Per farti capire, lettore benevolo, quanto puoi fidarti di una storia semplice e quanto sono stato capace di valutare ragionevolmente tutto ciò che ho osservato, voglio trasmettere in parole brevi tutto il mio destino.

Innanzitutto dirò che non ero un giovane, inesperto e incline all'esagerazione, quando ho incontrato l'oscurità e il segreto della natura, poiché avevo già oltrepassato il confine che divide la nostra vita in due parti. Sono nato nell'elettorato di Treviri alla fine dell'anno 1504 dall'Incarnazione del Verbo, il 5 febbraio, giorno di Sant'Agata, che era mercoledì, in un piccolo villaggio, nella valle dell'Hochwald, a Losheim . Mio nonno era lì barbiere e chirurgo, e mio padre, avendo ricevuto un privilegio dal nostro elettore, esercitava la professione di medico. gente del posto apprezzarono sempre molto la sua arte e, probabilmente, ancora oggi ricorrono al suo attento aiuto quando si ammalano. C'erano quattro figli nella nostra famiglia: due maschi, me compreso, e due femmine. Il maggiore di noi, il fratello Arnim, dopo aver studiato con successo l'arte di suo padre a casa e nelle scuole, fu accettato nella corporazione dai medici di Treviri, ed entrambe le sorelle si sposarono e si stabilirono con successo: Maria a Merzig e Louise a Basilea. Io, che nel santo battesimo ricevetti il ​​nome Ruprecht, ero il più giovane della famiglia ed ero ancora un bambino quando mio fratello e le mie sorelle erano già diventati indipendenti.

Opera in cinque atti (sette scene); libretto del compositore basato sul romanzo omonimo di V. Bryusov.
L'opera è stata creata nel 1919-1927. La prima rappresentazione integrale del concerto ebbe luogo a Parigi il 25 novembre 1954, la prima sul palco ebbe luogo nel 1955 a Venezia, in URSS l'opera fu rappresentata per la prima volta nel 1984 a Perm e Tashkent.

Caratteri:

Ruprecht, cavaliere (baritono), Renata, la sua amata (soprano drammatico), Hostess di un albergo lungo la strada (mezzo-soprano), Indovino (mezzo-soprano), Agrippa di Nepesheim ( tenore alto), Nohann Faust, dottore in filosofia e medicina (basso), Mefistofele (tenore), Madre Superiora (mezzo-soprano), Inquisitore (basso), Jacob Glock, libraio (tenore), Matvei Wissenmann, amico universitario di Ruprecht (baritono), Medico (tenore), Operaio (baritono), Locandiere (baritono), Conte Heinrich (senza canto), Tiny Boy (senza canto).
Tre scheletri, tre vicini, due giovani monache, sei monache, il seguito dell'inquisitore, un coro di monache, un coro femminile e maschile fuori scena.

L'azione si svolge in Germania nel XVI secolo.

Atto primo

Di notte, il cavaliere Ruprecht, tornato in Germania da Sud America. Dopo aver scortato fuori la loquace padrona di casa, vuole addormentarsi, ma da dietro la porta della stanza adiacente si sente una voce di donna che ripete con orrore le parole dell'incantesimo. Ruprecht vuole venire in aiuto di uno sconosciuto e bussa alla porta. Per calmare la donna, disegna una croce nell'aria con una spada e legge la prima preghiera che gli è venuta in mente: il funerale “Liberami”. Il glamour si dissipa. La sconosciuta che è tornata in sé rivela a Ruprecht che il suo nome è Renata e parla del suo strano destino. Quando era ragazza, le apparve un angelo di fuoco di nome Madiel e le annunciò che sarebbe diventata santa. Ma, divenuta ragazza, Renata si innamorò di lui di un amore terreno. L'angelo si arrabbiò e scomparve, ma poi ebbe pietà di lei e promise di tornare sotto forma di uomo. Il conte Heinrich sembrava a Renate una persona del genere. Erano felici, ma Genikh abbandonò improvvisamente il suo castello e la lasciò, e lei andò alla ricerca.

Allarmata dal rumore degli ospiti, la padrona di casa arriva con una lanterna e un operaio con un forcone. Ruprecht vuole sapere chi è Renata. La padrona di casa la definisce eretica e strega, complice del diavolo. Dopo la partenza dell'amante e dell'operaio, Ruprecht decide che il diavolo non ha paura di lui e Renata è carina. Inizia a inseguirla. Spinta alla disperazione, si siede e mette la testa sulle ginocchia. Vergognandosi, Ruprecht le chiede perdono e giura di essere il suo fedele protettore. Renata si offre di andare a Colonia per cercare Heinrich. Tutto quello che devi fare è pagare il proprietario. La padrona di casa porta con sé un operaio e un'indovino. Ruprecht non vuole la divinazione, ma Renata insiste. L'indovino le predice il "sangue".

Azione due

Immagine uno. Ruprecht e Renata a Colonia. La ricerca di Heinrich non ha avuto successo e Renata vuole ricorrere all'aiuto di forze ultraterrene. Il libraio Jacob Glock fornisce a Ruprep e Renata trattati su Maria e promette di portare un'edizione rara in seguito. Ruprecht è pronto a tutto per Renata: la ama appassionatamente e sogna di essere amato almeno un po'. Lei lo rifiuta con indignazione, pronunciando parole crudeli, e si tuffa di nuovo nella lettura dei tomi. C'è un misterioso colpo al muro. Renata è sicura che questi siano gli spiriti causati dai suoi incantesimi. Gli spiriti rispondono a tutte le domande di Ruprep e Renata con il numero di colpi concordato. Renata è convinta che Heinrich sia qui, che sia già fuori dalla porta. Apre la porta: non c'è nessuno. Consolando Renata, Ruprecht le promette di penetrare i segreti della magia e costringere i demoni a obbedire. Yakov Glock restituito si offre di presentarlo al famoso scienziato e mago Agrippa Nettheisheim. Se ne vanno, lasciando Renata sola.

Immagine due. Ruprecht nella stravagante dimora di Agrippa di Nettesheim: pile di libri, strumenti, uccelli imbalsamati, tre grandi cani neri e tre scheletri umani. Tuttavia, Agrippa nega di essere impegnato nella stregoneria: è principalmente uno scienziato e un filosofo. Secondo lui, un vero mago deve essere un saggio e un profeta. Confuta furiosamente le voci secondo cui tiene con sé demoni sotto forma di cani e sperimenta su teschi umani. Gli scheletri, invisibili a Ruprecht, esclamano ogni volta: "Stai mentendo!" Ruprecht vuole sapere cos'è la magia: illusione o scienza? Agrippa risponde che la magia è la scienza delle scienze.

Azione tre

Immagine uno. Renata ha trovato il conte Heinrich a Colonia e si trova davanti alla porta chiusa di casa sua. Ruprecht ritorna da Agrippa per la stessa strada. Renata gli racconta di come è caduta in ginocchio davanti a Heinrich e di come lui l'ha respinta insultandola gravemente. Adesso vede che Heinrich... una persona comune; si vergogna di averlo scambiato per un angelo di fuoco. Ruprecht le offre nuovamente la mano. Renata accetta di stare con lui se lui la vendica e uccide Heinrich. Il cavaliere decide di sfidare a duello l'avversario ed entra in casa sua. Renata prega l'Angelo del Fuoco. All'improvviso, Heinrich appare alla finestra e a Renata, scioccata, sembra che l'angelo di fuoco sia proprio lui. Si inginocchia e gli chiede perdono. Quando Ruprecht esce, lei gli chiede di non osare alzare la mano contro Heinrich. L'intervallo orchestrale raffigura un disastroso duello per Ruprecht.

Immagine due. Ruprecht, gravemente ferito, giace su una scogliera sopra il Reno. Matvey, compagno di scuola di Ruprecht, parte per il dottore. Renata si china sul suo cavaliere e giura che se muore andrà in monastero. Abbracciando ero, ripete appassionatamente: "Ti amo, Ruprecht!" Le fa eco un invisibile coro femminile. Il ferito immagina i selvaggi dalla pelle rossa con cui ha combattuto in America; li lascia cadere. Matteo appare con il medico: Interrogato se Ruprecht può essere salvato, il medico dichiara con orgoglio che nel XVI secolo non c'è nulla di impossibile per la medicina.

atto quarto

Ruprecht e Renata vivono a Colonia in una casa vicino a una taverna con giardino. Il cavaliere non si è ancora del tutto ripreso dalla ferita, ma Renata vuole già lasciarlo e andare al monastero. Lui la dissuade offrendole una vita tranquilla con i suoi genitori o in America. Queste parole sembrano per Renate una tentazione demoniaca. Sopraffatta dal desiderio di torturare la carne, Renata si ferisce con un coltello da giardino ritrovato, lancia il coltello contro Ruprecht e fugge. Ruprecht la segue.

Nel giardino della taverna sono seduti a un tavolo il vagabondo Faust e Mefistofele. Sono serviti dall'assistente del proprietario, un ragazzino. La sua ottusità fa arrabbiare Mefistofele. Ruprecht, che non ha mai raggiunto Renata, è testimone di come Mefistofele afferra il bambino e lo ingoia intero. Il proprietario della taverna implora di restituire il suo assistente. Mefistofele indica la pattumiera, da dove il proprietario prende il ragazzo tremante e lo porta frettolosamente alla taverna. Mefistofele attira l'attenzione di Faust sul "volto tirato fuori" di Ruprecht, che la sua amata ha abbandonato. I viaggiatori invitano Ruprecht ad andare con loro e lui è d'accordo. Non è imbarazzato nemmeno dall'osservazione del proprietario della taverna e dei vicini al defunto Mefistofele: "Lascia che questo mago ... baci la croce!"

Atto quinto

Renata si rifugiò nel monastero, ma con il suo arrivo cominciarono ad accadere cose strane: colpi ai muri, visioni, convulsioni tra le monache. La badessa, simpatizzando con Renate, invita tuttavia l'inquisitore al monastero per espellere da lei i demoni. Renata assicura all'inquisitore che colui che le appare giorno e notte le parla solo di Dio e della bontà. Qui si sentono colpi minacciosi sul muro e sul pavimento. Due giovani suore entrano in crisi isterica. L'Inquisitore inizia il rito dell'esorcismo: l'esorcismo dei demoni. Renata continua a negare la sua colpevolezza. Questa volta alle sue parole fanno eco non solo le voci, ma anche le risate diaboliche. Le suore sono in subbuglio: le due più giovani hanno una crisi, alcune accusano Renata di aver avuto rapporti con Satana, altre gridano che Renata è una santa. Renata non riesce a mantenere la calma. Caduta in possessione, inizia a ripetere incantesimi che scacciano i demoni. Un gruppo di suore inizia una danza sfrenata e adora il diavolo.

In questo momento, nella galleria sotto gli archi, Mefistofele, Faust e Ruprecht, venuti al monastero come viaggiatori. Mefistofele indica Ruprecht verso Renata, ma il cavaliere tace: non ha il potere di aiutarla. Renata, alla guida delle suore infuriate, accusa l'inquisitore di aver venduto la sua anima a Satana, perché è ipocrita, dispettoso e impreca. "Sei un diavolo con la coda e coperto di peli!" esclama, esortando le sorelle a strappargli i vestiti e a calpestarlo. Le guardie dell'inquisitore riescono ad allontanare le donne sconvolte dall'inquisitore. L'inquisitore infuriato inchioda Renata a terra con un bastone e la condanna alla tortura e al rogo.

Quest'opera di Prokofiev fu scritta all'inizio degli anni '20, ma la prima ebbe luogo solo 30 anni dopo, postuma (i frammenti furono eseguiti in una versione da concerto a Parigi nel 1928). Il linguaggio musicale dell'opera è di natura declamatoria. Notevoli gli episodi orchestrali, alcuni dei quali il compositore utilizzò poi nella terza sinfonia. Nella famosa prima veneziana, Panerai ha cantato il ruolo di Ruprecht (direttore Sanzogno, regia di Strehler). La prima russa ebbe luogo nel 1984 a Perm. Notiamo anche la produzione congiunta del Teatro Mariinsky e del Covent Garden (1992).

Discografia: CD-Philips. Direttore Gergiev, Ruprecht (Leiferkus), Renata (Gorchakova).

Valery Yakovlevich Bryusov

"Angelo del fuoco"

Ruprecht incontrò Renata nella primavera del 1534, di ritorno da dieci anni di servizio come lanzichenecco in Europa e nel Nuovo Mondo. Non fece in tempo ad arrivare prima che facesse buio a Colonia, dove una volta aveva studiato all'università e non lontano dal quale si trovava il suo villaggio natale, Lozheim, e trascorse la notte in una vecchia casa isolata nella foresta. Di notte, fu svegliato dalle urla delle donne dietro il muro e, irrompendo nella stanza accanto, trovò una donna che si contorceva in modo terribile. Dopo aver scacciato il diavolo con una preghiera e una croce, Ruprecht ascoltò la signora che tornò in sé, che gli raccontò dell'incidente, che le divenne fatale.

Quando aveva otto anni, un angelo cominciò ad apparirle, tutto come se fosse infuocato. Si faceva chiamare Madiel, era allegro e gentile. Più tardi le annunciò che sarebbe diventata santa e la scongiurò di condurre una vita rigorosa e di disprezzare la carne. In quei giorni si rivelò il dono di Renata di fare miracoli e nel vicinato si diceva che fosse gradita al Signore. Ma, raggiunta l'età dell'amore, la ragazza volle unirsi fisicamente a Madiel, ma l'angelo si trasformò in una colonna di fuoco e scomparve, e alle sue disperate suppliche promise di apparire davanti a lei sotto forma di un uomo.

Ben presto Renata incontrò davvero il conte Heinrich von Otterheim, che sembrava un angelo con i suoi vestiti bianchi, gli occhi azzurri e i riccioli dorati.

Per due anni furono incredibilmente felici, ma poi il conte lasciò Renata sola con i demoni. È vero, i buoni spiriti protettori l'hanno incoraggiata con il messaggio che presto avrebbe incontrato Ruprecht, che l'avrebbe protetta.

Detto tutto questo, la donna si comportò come se Ruprecht avesse fatto voto di servirla, e partirono alla ricerca di Heinrich, rivolgendosi al famoso indovino, che disse solo: "Ovunque tu vada, vai lì". Tuttavia, ha immediatamente urlato con orrore: "E il sangue scorre e odora!" Ciò, però, non ha impedito loro di proseguire il viaggio.

Di notte, Renata, spaventata dai demoni, teneva Ruprecht con sé, ma non concedeva alcuna libertà e gli parlava all'infinito di Heinrich.

Al suo arrivo a Colonia, perlustrò invano la città alla ricerca del conte, e Ruprecht fu testimone di un nuovo attacco di ossessione, sostituito da una profonda malinconia. Tuttavia arrivò il giorno in cui Renata si animò e chiese di confermare il suo amore per lei andando di sabato per scoprire qualcosa su Heinrich. Strofinato con l'unguento verdastro che lei gli aveva dato, Ruprecht fu trasportato da qualche parte lontano, dove le streghe nude lo presentarono al "maestro Leonard", che lo costrinse a rinnegare il Signore e a baciargli il culo nero e puzzolente, ma si limitò a ripetere le parole di l'indovino: dove vai, vai lì.

Tornato da Renata non gli restò altra scelta che dedicarsi allo studio magia nera diventare padrone di coloro ai quali era supplicante. Renata collaborò allo studio delle opere di Alberto Magno, Ruggero Bacone, Sprenger e Institoris e di Agrippa di Nottesheim, che lo impressionarono particolarmente.

Purtroppo, il tentativo di evocare gli spiriti, nonostante gli attenti preparativi e la scrupolosità nel seguire i consigli degli stregoni, si è quasi concluso con la morte dei maghi alle prime armi. C'era qualcosa che avrebbe dovuto essere saputo, evidentemente direttamente dagli insegnanti, e Ruprecht andò a Bonn dal dottor Agrippa di Nottesheim. Ma il grande rinnegò i suoi scritti e gli consigliò di passare dalla divinazione alla vera fonte della conoscenza. Nel frattempo Renata ha incontrato Heinrich e lui ha detto che non voleva più vederla, che il loro amore era un abominio e un peccato. Il conte era un membro società segreta, che cercava di rafforzare i cristiani più della chiesa, e sperava di guidarlo, ma Renata lo costrinse a rompere il voto di celibato. Dopo aver raccontato tutto questo a Ruprecht, promise di diventare sua moglie se avesse ucciso Heinrich, che fingeva di essere un altro, superiore. Nella stessa notte ebbe luogo il loro primo collegamento con Ruprecht e il giorno successivo l'ex lanzichenecco trovò una scusa per sfidare il conte a duello. Tuttavia, Renata gli chiese di non osare spargere il sangue di Enrico, e il cavaliere, costretto solo a difendersi, fu gravemente ferito e vagò a lungo tra la vita e la morte. Fu in quel momento che la donna improvvisamente disse che lo amava e che lo amava da molto tempo, solo lui e nessun altro. Vissero tutto dicembre come sposi novelli, ma presto Madiel apparve a Renate, dicendo che i suoi peccati erano gravi e che aveva bisogno di pentirsi. Renata si dedicò alla preghiera e al digiuno.

Venne il giorno e Ruprecht trovò la stanza di Renata vuota, dopo aver sperimentato ciò che aveva vissuto una volta, cercando il suo Heinrich per le strade di Colonia. Furono invitati il ​​dottor Faust, il saggiatore degli elementi, e il monaco che lo accompagnava, soprannominato Mefistofele viaggio congiunto. Sulla strada per Treviri, durante una visita al castello del conte von Wallen, Ruprecht accettò l'offerta dell'ospite di diventare suo segretario e di accompagnarlo al monastero di Sant'Olaf, dove apparve una nuova eresia e dove fu inviato come parte di la missione dell'arcivescovo di Treviri Giovanni.

Al seguito di Sua Eminenza c'era il frate domenicano Tommaso, inquisitore di Sua Santità, noto per la sua perseveranza nella persecuzione delle streghe. Era risoluto riguardo alla fonte della confusione nel monastero: sorella Maria, che alcuni consideravano una santa, altri - posseduta dai demoni. Quando la sfortunata suora fu portata in aula, Ruprecht, chiamato a redigere il verbale, riconobbe Renata. Ha confessato stregoneria, convivenza con il diavolo, partecipazione alla messa nera, congreghe e altri crimini contro la fede e i concittadini, ma ha rifiutato di nominare i suoi complici. Fratello Foma ha insistito sull'uso della tortura e poi sulla condanna a morte. La notte prima dell'incendio, Ruprecht, con l'aiuto del conte, entrò nella prigione dove era tenuta la condannata, ma lei si rifiutò di scappare, dicendo che desiderava il martirio, che Madiel, l'angelo del fuoco, l'avrebbe perdonata, il grande peccatore. Quando Ruprecht ha cercato di portarla via, Renata ha urlato, ha iniziato a reagire disperatamente, ma all'improvviso si è calmata e ha sussurrato: “Ruprecht! È bello averti con me!" - e morì.

Dopo tutti questi eventi che lo scioccarono, Ruprecht andò nella sua nativa Aozheim, ma solo da lontano guardò suo padre e sua madre, già vecchi curvi, che si crogiolavano al sole davanti alla casa. Si rivolse anche lui al dottor Agrippa, ma lo trovò con l'ultimo respiro. Questa morte confuse ancora una volta la sua anima. Un enorme cane nero, al quale l'insegnante con mano indebolita ha tolto il collare con scritte magiche, dopo le parole: “Vai via, dannato! Da te tutte le mie disgrazie!” - con la coda tra le gambe e la testa chinata, corse fuori di casa, si precipitò di corsa nelle acque del fiume, e non ricomparve più in superficie. Nello stesso momento l'insegnante uscì ultimo respiro e ho lasciato questo mondo. Non c'era più nulla che impedisse a Ruprecht di correre attraverso l'oceano in cerca della felicità, verso la Nuova Spagna.

Nella primavera del 1534 il Landsknecht Ruprecht tornò a Colonia dopo 10 anni di servizio. Lungo la strada si fermò per la notte in una casa solitaria, in piedi nel folto della foresta. Di notte si svegliava dalle urla delle donne e trovava una donna nella stanza accanto, in preda alle convulsioni. Ripresasi, la signora, che si chiamava Renata, gli raccontò la sua storia.

Quando aveva otto anni, un angelo di fuoco cominciò ad apparirle. La informò che sarebbe stata una santa e la scongiurò di condurre uno stile di vita rigoroso. Essendo maturata, la ragazza voleva connettersi fisicamente con l'angelo, ma lui la rifiutò e scomparve.

Presto Renata incontrò il conte Heinrich von Otterheim, nel quale, come le sembrava, era incarnato il suo angelo.

Furono felici per due anni, ma poi il conte lasciò la sua amante posseduta dal demone. Ora Renata stava cercando di trovare Heinrich. Dopo aver ascoltato la storia di Renata, Ruprecht, innamoratosi di lei, accettò di aiutarla nella ricerca del conte. Insieme andarono a Colonia. Qui, una donna trascinò il suo ammiratore nello studio della magia nera nella speranza che Ruprecht potesse sconfiggere i demoni nel cui potere era.

Su sua insistenza, Ruprecht volò al sabato. Dopo un tentativo fallito di evocare il diavolo, si recò a Bonn per chiedere consiglio all'occultista Agrippa. Nel frattempo, Renata ha finalmente trovato Heinrich, ma lui ha detto che non voleva nemmeno vedere la sua ex amante e che il loro amore era un peccato.

Quindi Renata promise a Ruprecht di sposarlo se avesse ucciso il conte. L'ex lanzichenecco trovò un motivo per sfidare Henry a duello e fu gravemente ferito. Per molto tempo era in equilibrio tra la vita e la morte. Poi Renata gli confessò di amarlo. Per un mese intero vissero come sposi novelli, ma presto un angelo di fuoco apparve a Renate e annunciò che i suoi peccati erano pesanti e che era necessario pentirsi.

La donna lasciò Ruprecht e lui andò a cercarla. Lungo la strada incontrò il dottor Faust e Mefistofele, che lo invitarono a viaggiare insieme. Dopo qualche tempo, Ruprecht, come parte del seguito dell'arcivescovo, finì nel monastero di Sant'Olaf, dove si manifestò l'eresia. La fonte della confusione era la suora Maria posseduta.

Nella sfortunata Maria, Ruprecht riconobbe Renata. Sotto la pressione degli inquisitori, confessò di stregoneria e fu condannata al rogo. Ruprecht è riuscita ad entrare nella sua prigione. La donna si rifiutò di fuggire con lui, dicendo che voleva essere martirizzata, e morì tra le braccia del suo amante.

Tornando a casa, Ruprecht scoprì che i suoi genitori si erano trasformati in fragili vecchi. Poi andò a trovare il maestro Agrippa, ma morì davanti ai suoi occhi. Ruprecht si precipitò attraverso l'oceano in cerca della felicità, nella Nuova Spagna.

Composizioni

Il significato dei sogni nel romanzo "Fiery Angel"

) nell'arcivescovado di Treviri, studiò all'Università di Colonia, ma non terminò il corso, rifornì la sua educazione con letture indiscriminate, principalmente opere di umanisti, poi entrò nel servizio militare, partecipò a una campagna in Italia nel 1527, visitò Spagna, per poi trasferirsi in America, dove trascorse gli ultimi cinque anni precedenti gli eventi raccontati nel Racconto. L'azione stessa del "Racconto" abbraccia il periodo che va dall'agosto 1534 all'autunno del 1535.

L'autore dice (cap. XVI) di aver scritto la sua storia subito dopo gli eventi vissuti. Infatti, sebbene fin dalle prime pagine faccia allusione agli eventi dell'intero anno successivo, non è chiaro dal Racconto che l'autore avesse familiarità con gli eventi successivi. Ad esempio, non sa ancora nulla dell'esito della rivolta di Munster (Munster fu presa d'assalto nel giugno 1535), che menziona due volte (cap. III e XIII), e parla di Ulrich Tsazia (cap. XII) come una persona vivente († 1535). In accordo con ciò, il tono della storia, sebbene in generale calmo, poiché l'autore trasmette nel passato eventi che lo hanno già allontanato, in alcuni punti è tuttavia animato dalla passione, poiché il passato gli è ancora troppo vicino.

Più volte l'autore dichiara di voler scrivere solo la verità (Prefazione, cap. IV, cap. V, ecc.). Che l'autore si sia davvero adoperato per questo è dimostrato dal fatto che nel Racconto non troviamo anacronismi e dal fatto che la sua rappresentazione di personaggi storici corrisponde a dati storici. Pertanto, i discorsi di Agrippa e Johann Weyer (cap. VI) trasmessi dall'autore del "Racconto" corrispondono alle idee espresse da questi scrittori nei loro scritti e all'immagine di Faust da lui raffigurata (cap. XI- XIII) somiglia abbastanza da vicino al Faust di cui dipinge per noi la biografia più antica (scritta da I. Spiess e pubblicata nel 1587). Ma, naturalmente, con tutta la buona volontà dell'autore, la sua presentazione rimane soggettiva, come tutte le memorie. Dobbiamo ricordare che racconta gli eventi così come gli sono apparsi, i quali, con ogni probabilità, differiscono da come sono realmente accaduti. L'autore non ha potuto evitare piccole contraddizioni nel suo lungo racconto, causate dalla naturale dimenticanza.

L'autore afferma con orgoglio (Prefazione) che, per istruzione, non si considera niente di inferiore a "orgoglioso di doppi e tripli studi di dottorato" . In tutto il "Racconto", infatti, sono molte le testimonianze della versatile conoscenza dell'autore, che, secondo lo spirito del XVI secolo, cercò di conoscere i più diversi campi della scienza e dell'attività. L'autore parla, con tono da intenditore, di matematica e architettura, di affari militari e di pittura, di scienze naturali e filosofia, ecc., Senza contare le sue discussioni dettagliate su vari rami della conoscenza occulta. Allo stesso tempo, il Racconto contiene molte citazioni di autori, antichi e nuovi, e menziona semplicemente i nomi di scrittori e scienziati famosi. Va notato, tuttavia, che non tutti questi riferimenti sono del tutto rilevanti e che l’autore apparentemente ostenta la sua erudizione. Lo stesso va detto per le frasi in latino, spagnolo, francese e italiano, che l'autore inserisce nel suo racconto. Per quanto si può giudicare, delle lingue straniere, in realtà conosceva solo il latino, che a quell'epoca era la lingua comune delle persone colte. La sua conoscenza dello spagnolo probabilmente era solo pratica, mentre la sua conoscenza dell'italiano e del francese è più che dubbia.

L'autore si definisce un seguace dell'umanesimo (Prefazione, cap. X, ecc.). Possiamo accettare questa affermazione solo con riserva. È vero, si riferisce spesso a varie disposizioni che sono diventate, per così dire, assiomi della visione del mondo umanistica (cap. I, IV, X, ecc.), parla con indignazione della scolastica e degli aderenti alla visione del mondo medievale, ma ci sono ancora in lui restano ancora molti antichi pregiudizi. Le idee che ha ricevuto dalla sua lettura disordinata si sono mescolate con le tradizioni instillate in lui fin dall'infanzia e hanno creato una visione del mondo estremamente contraddittoria. Parlando con disprezzo di ogni sorta di superstizioni, l'autore stesso a volte rivela un'estrema credulità; deridendo le scuole "dove le persone cercano nuove parole", e lodando l'osservazione e l'esperienza in ogni modo possibile, riesce a volte a confondersi in sofismi scolastici, ecc.

Per quanto riguarda la fede dell'autore in tutto ciò che è soprannaturale, sotto questo aspetto ha seguito solo il secolo. Per quanto strano possa sembrarci, fu nel Rinascimento che iniziò lo sviluppo intensificato degli insegnamenti magici, che durò per tutto il XVI e XVII secolo. La stregoneria e la divinazione indefinite del Medioevo risalgono al XVI secolo. rielaborata in una coerente disciplina delle scienze, di cui gli scienziati furono più di venti (vedi, ad esempio, l'opera di Agrippa: "De speciebus magiae"). Lo spirito dell'epoca, sforzandosi di razionalizzare tutto, riuscì a fare della magia una certa dottrina razionale, introdusse significato e logica nella predizione del futuro, voli al sabato scientificamente fondati, ecc. Credendo nella realtà dei fenomeni magici, l'autore del Il racconto seguiva solo le migliori menti del suo tempo. Così Jean Baudin, il celebre autore del trattato "De Republica", che Buckle riconobbe come uno degli storici più notevoli, allo stesso tempo autore del libro "La Demonomanie des sorciers", che esamina in dettaglio i contratti con i Diavolo e fuga verso il sabato; Ambroise Pare, il riformatore della chirurgia, descrisse la natura dei demoni e i tipi di possessione; Keplero difese la madre dall'accusa di stregoneria senza sollevare obiezioni all'accusa stessa; il celebre nipote di Pico, Giovanni Francesco della Mirandola, scrisse il dialogo "La Strega" per convincere le persone colte e non credenti dell'esistenza delle streghe; secondo lui si può piuttosto dubitare dell'esistenza dell'America, ecc. I papi emanarono apposite bolle contro le streghe, e in testa al famoso "Malleus maleficarum" c'è il testo: "Haeresis est maxima opera maleficarum non credere", Non credere credere nelle gesta delle streghe è la più alta eresia. Il numero di questi miscredenti era molto esiguo, e tra questi un posto di rilievo va dato a Johann Weir (o, secondo un'altra trascrizione del suo nome, Jean Veer), citato nel Racconto, che per primo riconobbe una speciale malattia nella stregoneria.

Penso che chiunque sia stato testimone di eventi insoliti e oscuri dovrebbe lasciare una descrizione degli stessi, fatta in modo sincero e imparziale. Ma non è solo il desiderio di contribuire a un compito così difficile come lo studio del misterioso potere del Diavolo e dell'area a sua disposizione che mi spinge a intraprendere questo resoconto senza fronzoli di tutte le cose straordinarie che ho vissuto in passato. dodici mesi. Sono anche attratto dall'opportunità di aprire, su queste pagine, il mio cuore, come in una confessione silenziosa, davanti a un'udienza a me sconosciuta, poiché non c'è nessun altro a cui rivolgere le mie tristi confessioni ed è difficile restare silenzioso per una persona che ha sperimentato troppo. Per farti capire, lettore benevolo, quanto puoi fidarti di una storia semplice e quanto sono stato capace di valutare ragionevolmente tutto ciò che ho osservato, voglio trasmettere in parole brevi tutto il mio destino.

Prefazione all'edizione russa

L'autore del Racconto racconta la propria vita nella Prefazione. Nacque all'inizio del 1505 (secondo il suo racconto alla fine del 1504) nell'arcivescovado di Treviri, studiò all'Università di Colonia, ma non completò il corso, ricostituì la sua educazione con letture indiscriminate, principalmente le opere di gli umanisti, poi entrati nel servizio militare, parteciparono alla campagna d'Italia del 1527, visitarono la Spagna, e infine si trasferirono in America, dove trascorse gli ultimi cinque anni precedenti gli eventi raccontati nel Racconto. L'azione stessa del "Racconto" abbraccia il periodo che va dall'agosto 1534 all'autunno del 1535.

L'autore dice (cap. XVI) di aver scritto la sua storia subito dopo gli eventi vissuti. Infatti, sebbene fin dalle prime pagine faccia allusione agli eventi dell'intero anno successivo, non è chiaro dal Racconto che l'autore avesse familiarità con gli eventi successivi. Ad esempio, non sa ancora nulla dell'esito della rivolta di Munster (Munster fu presa d'assalto nel giugno 1535), che menziona due volte (cap. III e XIII), e parla di Ulrich Tsazia (cap. XII) come una persona vivente († 1535). In accordo con ciò, il tono della storia, sebbene in generale calmo, poiché l'autore trasmette nel passato eventi che lo hanno già allontanato, in alcuni punti è tuttavia animato dalla passione, poiché il passato gli è ancora troppo vicino.

Più volte l'autore dichiara di voler scrivere solo la verità (Prefazione, cap. IV, cap. V, ecc.). Che l'autore si sia davvero adoperato per questo è dimostrato dal fatto che nel Racconto non troviamo anacronismi e dal fatto che la sua rappresentazione di personaggi storici corrisponde a dati storici. Pertanto, i discorsi di Agrippa e Johann Weyer (cap. VI) trasmessi dall'autore del "Racconto" corrispondono alle idee espresse da questi scrittori nei loro scritti e all'immagine di Faust da lui raffigurata (cap. XI- XIII) somiglia abbastanza da vicino al Faust di cui dipinge per noi la biografia più antica (scritta da I. Spiess e pubblicata nel 1587). Ma, naturalmente, con tutta la buona volontà dell'autore, la sua presentazione rimane soggettiva, come tutte le memorie. Dobbiamo ricordare che racconta gli eventi così come gli sono apparsi, i quali, con ogni probabilità, differiscono da come sono realmente accaduti. L'autore non ha potuto evitare piccole contraddizioni nel suo lungo racconto, causate dalla naturale dimenticanza.

L'autore afferma con orgoglio (Prefazione) che, per istruzione, non si considera niente di inferiore a "orgoglioso di doppi e tripli studi di dottorato" . In tutto il "Racconto", infatti, sono molte le testimonianze della versatile conoscenza dell'autore, che, secondo lo spirito del XVI secolo, cercò di conoscere i più diversi campi della scienza e dell'attività. L'autore parla, con tono da intenditore, di matematica e architettura, di affari militari e di pittura, di scienze naturali e filosofia, ecc., Senza contare le sue discussioni dettagliate su vari rami della conoscenza occulta. Allo stesso tempo, il Racconto contiene molte citazioni di autori, antichi e nuovi, e menziona semplicemente i nomi di scrittori e scienziati famosi. Va notato, tuttavia, che non tutti questi riferimenti sono del tutto rilevanti e che l’autore apparentemente ostenta la sua erudizione. Lo stesso va detto per le frasi in latino, spagnolo, francese e italiano, che l'autore inserisce nel suo racconto. Per quanto si può giudicare, delle lingue straniere, in realtà conosceva solo il latino, che a quell'epoca era la lingua comune delle persone colte. La sua conoscenza dello spagnolo probabilmente era solo pratica, mentre la sua conoscenza dell'italiano e del francese è più che dubbia.

L'autore si definisce un seguace dell'umanesimo (Prefazione, cap. X, ecc.). Possiamo accettare questa affermazione solo con riserva. È vero, si riferisce spesso a varie disposizioni che sono diventate, per così dire, assiomi della visione del mondo umanistica (cap. I, IV, X, ecc.), parla con indignazione della scolastica e degli aderenti alla visione del mondo medievale, ma ci sono ancora in lui restano ancora molti antichi pregiudizi. Le idee che ha ricevuto dalla sua lettura disordinata si sono mescolate con le tradizioni instillate in lui fin dall'infanzia e hanno creato una visione del mondo estremamente contraddittoria. Parlando con disprezzo di ogni sorta di superstizioni, l'autore stesso a volte rivela un'estrema credulità; deridendo le scuole "dove le persone cercano nuove parole", e lodando l'osservazione e l'esperienza in ogni modo possibile, riesce a volte a confondersi in sofismi scolastici, ecc.

Per quanto riguarda la fede dell'autore in tutto ciò che è soprannaturale, sotto questo aspetto ha seguito solo il secolo. Per quanto strano possa sembrarci, fu nel Rinascimento che iniziò lo sviluppo intensificato degli insegnamenti magici, che durò per tutto il XVI e XVII secolo. La stregoneria e la divinazione indefinite del Medioevo risalgono al XVI secolo. rielaborata in una coerente disciplina delle scienze, di cui gli scienziati furono più di venti (vedi, ad esempio, l'opera di Agrippa: "De speciebus magiae"). Lo spirito dell'epoca, sforzandosi di razionalizzare tutto, riuscì a fare della magia una certa dottrina razionale, introdusse significato e logica nella predizione del futuro, voli al sabato scientificamente fondati, ecc. Credendo nella realtà dei fenomeni magici, l'autore del Il racconto seguiva solo le migliori menti del suo tempo. Così Jean Baudin, il celebre autore del trattato "De Republica", che Buckle riconobbe come uno degli storici più notevoli, allo stesso tempo autore del libro "La Demonomanie des sorciers", che esamina in dettaglio i contratti con i Diavolo e fuga verso il sabato; Ambroise Pare, il riformatore della chirurgia, descrisse la natura dei demoni e i tipi di possessione; Keplero difese la madre dall'accusa di stregoneria senza sollevare obiezioni all'accusa stessa; il celebre nipote di Pico, Giovanni Francesco della Mirandola, scrisse il dialogo "La Strega" per convincere le persone colte e non credenti dell'esistenza delle streghe; secondo lui si può piuttosto dubitare dell'esistenza dell'America, ecc. I papi emanarono apposite bolle contro le streghe, e in testa al famoso "Malleus maleficarum" c'è il testo: "Haeresis est maxima opera maleficarum non credere", Non credere credere nelle gesta delle streghe è la più alta eresia. Il numero di questi miscredenti era molto esiguo, e tra questi un posto di rilievo va dato a Johann Weir (o, secondo un'altra trascrizione del suo nome, Jean Veer), citato nel Racconto, che per primo riconobbe una speciale malattia nella stregoneria.

Valery Bryusov

L'angelo di fuoco, o la storia vera, che racconta del diavolo, che apparve più di una volta sotto forma di uno spirito luminoso a una ragazza e la sedusse in varie azioni peccaminose, di pratiche empie di magia, astrologia, goetia e negromanzia, sul processo di questa ragazza sotto la presidenza del suo reverendo arcivescovo di Treviri, nonché sugli incontri e le conversazioni con un cavaliere e tre volte il dottor Agrippa di Nettesheim e il dottor Faust, scritti da un testimone oculare

Non illustrium cuiquam virorum artium laude doctrinaeve fama clarorum at tibi domina lucida demens infelix quae multum dilexeras et amore perieras narrationem haud mendacem servus devotus amator fidelis sempiternae memoriae causa dedicavi scriptor.

Non a nessuno dei personaggi famosi, glorificati nelle arti o nelle scienze, ma a te, donna luminosa, folle, infelice, che amò molto e morì d'amore, questa storia vera, di umile serva e amante fedele, è dedicato dall'autore in segno di eterna memoria.

(Tradotto da Bryusov)

Amico Letori,
prefazione dell'autore, che racconta la sua vita prima del ritorno nelle terre tedesche

Penso che chiunque sia stato testimone di eventi insoliti e oscuri dovrebbe lasciare una descrizione degli stessi, fatta in modo sincero e imparziale. Ma non è solo il desiderio di contribuire a un compito così difficile come lo studio del misterioso potere del Diavolo e dell'area a sua disposizione che mi spinge a intraprendere questo resoconto senza fronzoli di tutte le cose straordinarie che ho vissuto in passato. dodici mesi. Sono anche attratto dall'opportunità di aprire, su queste pagine, il mio cuore, come in una confessione silenziosa, davanti a un'udienza a me sconosciuta, poiché non c'è nessun altro a cui rivolgere le mie tristi confessioni ed è difficile restare silenzioso per una persona che ha sperimentato troppo. Per farti capire, lettore benevolo, quanto puoi fidarti di una storia semplice e quanto sono stato capace di valutare ragionevolmente tutto ciò che ho osservato, voglio trasmettere in parole brevi tutto il mio destino.

Innanzitutto dirò che non ero un giovane, inesperto e incline all'esagerazione, quando ho incontrato l'oscurità e il segreto della natura, poiché avevo già oltrepassato il confine che divide la nostra vita in due parti. Sono nato nell'elettorato di Treviri alla fine dell'anno 1504 dall'Incarnazione del Verbo, il 5 febbraio, giorno di Sant'Agata, che era mercoledì, in un piccolo villaggio, nella valle dell'Hochwald, a Losheim . Mio nonno era lì barbiere e chirurgo, e mio padre, avendo ricevuto un privilegio dal nostro elettore, esercitava la professione di medico. I residenti locali hanno sempre apprezzato molto la sua arte e, probabilmente, ancora oggi ricorrono al suo attento aiuto quando si ammalano. C'erano quattro figli nella nostra famiglia: due maschi, me compreso, e due femmine. Il maggiore di noi, il fratello Arnim, dopo aver studiato con successo l'arte di suo padre a casa e nelle scuole, fu accettato nella corporazione dai medici di Treviri, ed entrambe le sorelle si sposarono e si stabilirono con successo: Maria a Merzig e Louise a Basilea. Io, che nel santo battesimo ricevetti il ​​nome Ruprecht, ero il più giovane della famiglia ed ero ancora un bambino quando mio fratello e le mie sorelle erano già diventati indipendenti.

La mia formazione non può in alcun modo dirsi brillante, anche se ora, avendo avuto molte occasioni nella mia vita di acquisire le conoscenze più diverse, non mi considero niente da meno di alcuni che si vantano di doppi e tripli studi di dottorato. Mio padre sognava che sarei stato il suo successore e che mi avrebbe dato, come ricca eredità, sia il suo lavoro che il suo onore. Appena mi insegnò a leggere e scrivere, a contare nell'abaco e i rudimenti del latino, cominciò a iniziarmi ai segreti delle medicine, agli aforismi di Ippocrate e al libro di Ioannikius il Siro. Ma fin dall'infanzia, ho odiato le occupazioni diligenti che richiedevano solo attenzione e pazienza. Solo la tenacia di mio padre, che con senile testardaggine, non si discostò dal suo proposito, e le continue esortazioni di mia madre, donna gentile e timida, mi costrinsero a fare qualche progresso nella materia studiata.

Per continuare la mia educazione, mio ​​padre, quando avevo quattordici anni, mi mandò nella città di Colonia, sul Reno, dal suo vecchio amico Otfried Gerard, pensando che la mia diligenza sarebbe aumentata dalla concorrenza con i miei compagni. Tuttavia, l'università di questa città, da dove i domenicani avevano appena intrapreso la loro vergognosa lotta con Johann Reuchlin, non poteva ravvivare in me uno zelo speciale per la scienza. A quel tempo, sebbene lì cominciassero alcune trasformazioni, tra i maestri non c'erano quasi affatto seguaci delle nuove idee del nostro tempo, e la facoltà di teologia torreggiava ancora tra le altre, come una torre sopra i tetti. Mi è stato offerto di memorizzare gli esametri del "Dottrinale" di Alessandro e di approfondire la "Copulata" di Pietro di Spagna. E se durante gli anni della mia permanenza all'università ho imparato qualcosa, allora, ovviamente, non dalle lezioni scolastiche, ma solo nelle lezioni di insegnanti cenciosi e itineranti che a volte apparivano per le strade di Colonia.

Non dovrei (sarebbe ingiusto) definirmi privo di capacità e, di conseguenza, dotato di buona memoria e ingegno veloce, sono entrato facilmente nei ragionamenti dei più profondi pensatori dei tempi antichi e moderni. Ciò che ho appreso sull'opera del matematico di Norimberga Bernhard Walter, sulle scoperte e le idee del dottor Theophrastus Paracelsus e ancor più sulle affascinanti visioni dell'astronomo Nicolaus Copernicus residente a Frauenburg, mi fa pensare che il benefico La rinascita, che nella nostra età felice ha fatto rinascere sia le arti libere che la filosofia, passerà in futuro alle scienze. Ma per ora non possono che essere estranei a chiunque sia cosciente di se stesso, nel suo spirito, contemporaneo del grande Erasmo, viaggiatore nella valle dell'umanità, vallis humanitatis. Io, almeno, sia negli anni dell'adolescenza - inconsciamente, sia da adulto - dopo averci riflettuto, non ho sempre apprezzato molto la conoscenza che le nuove generazioni traevano dai vecchi libri e non era verificata dallo studio della realtà. Insieme all'ardente Giovanni Pico Mirandola, autore della brillante Orazione sulla dignità dell'uomo, sono pronto a lanciare una maledizione sulle “scuole dove si cerca parole nuove”.

Evitando però le lezioni universitarie a Colonia, mi dedicai con maggiore passione alla vita libera degli studenti. Dopo la severità della casa di mio padre, mi piacevano molto le ubriachezze ardite, le ore con amiche compiacenti e il gioco delle carte, mozzafiato per i cambiamenti del caso. Mi sono abituato rapidamente al passatempo sfrenato, così come alla rumorosa vita cittadina in generale, piena di eterna frenesia e fretta, che è caratteristica distintiva dei nostri giorni e che i vecchi guardano con smarrimento e indignazione, ricordando i tempi tranquilli del buon imperatore Federico. Trascorrevo giornate intere con i miei compagni di dispetto, non sempre innocenti, passando dalle osterie alle allegre, cantando canzoni studentesche, sfidando gli artigiani a rissa e non disdegnando di bere vodka pura, che allora, quindici anni fa, era ben lungi dall'essere così comune come lo è adesso... Anche il buio umido della notte e il rintocco dei circuiti cittadini chiusi non sempre ci costringevano ad andare a riposare.

Rimasi immerso in una vita del genere per quasi tre inverni, finché questi divertimenti finirono miseramente per me. Il mio cuore inesperto ardeva di passione per la nostra vicina, la moglie del fornaio, vivace e bella, con le guance come neve cosparse di petali di rosa, con le labbra come coralli di Sicilia, e i denti come perle di Ceylon, per usare il linguaggio dei poeti. Non era sfavorevole al giovane, maestoso e tagliente nelle parole, ma voleva da me quei piccoli doni, di cui, come notava Ovidio Nason, tutte le donne sono avide. I soldi mandatimi da mio padre non bastavano a soddisfare i suoi capricci capricciosi, e così, con una delle mie coetanee più disperate, mi ritrovai coinvolta in un pessimo affare, che non rimase nascosto, tanto da farmi minacciare con la reclusione nel carcere cittadino. Solo grazie agli sforzi intensificati di Otfried Gerard, che godeva del favore dell'influente e notevole canonico conte Hermann von Neuenar, fui rilasciato dalla corte e mandato ai miei genitori per la punizione domiciliare.

Sembrerebbe che questo avrebbe dovuto finire per me anni scolastici ma in realtà questo è stato per me solo l'inizio dell'insegnamento al quale devo il mio diritto di essere definito un uomo illuminato. Avevo diciassette anni. Non avendo nemmeno conseguito una laurea all'università, mi sono sistemato a casa nella miserabile posizione di un parassita e di un uomo che ha offuscato il suo onore, dal quale tutti si sono ritirati. Mio padre cercò di trovarmi qualche affare e mi costrinse ad aiutarlo nella preparazione dei medicinali, ma io evitavo ostinatamente una professione poco gentile con me, preferendo sopportare i rimproveri dei parassiti. Tuttavia, nel nostro appartato Lozheim ho trovato vero amico che mi ha amato docilmente e mi ha portato a nuova strada. Era il figlio del nostro farmacista Friedrich, un giovane, poco più grande di me, malaticcio e strano. Suo padre amava collezionare e rilegare libri, soprattutto quelli nuovi stampati, e spendeva su di essi tutto il suo surplus di reddito, sebbene lui stesso leggesse raramente. Friedrich fin dall'inizio nei primi anni si abbandonava alla lettura come una passione inebriante e non conosceva la gioia più alta, come ripetere ad alta voce le pagine preferite. Per questo Friedrich era venerato nella nostra città come un giovane pazzo o come una persona pericolosa, ed era solo come me, quindi non sorprende affatto che siamo diventati amici con lui, come due uccelli in una gabbia. Quando non vagavo con la balestra lungo i ripidi e i pendii delle montagne circostanti, andavo nel piccolo armadio del mio amico, in cima alla casa, sotto le piastrelle, e passavamo ore e ore tra i grossi volumi dell'antichità e i libri sottili degli scrittori moderni.

Così, aiutandoci a vicenda, a volte ammirando insieme, a volte litigando ostinatamente, leggiamo, sia nelle fresche giornate invernali che in quelle estive notti stellate, tutto quello che si poteva ricavare nel nostro entroterra, trasformando la soffitta della farmacia in Accademia. Nonostante entrambi non fossimo molto esperti nella grammatica di Zinten, leggevamo non pochi autori latini, e anche quelli che all'Università non venivano discussi né negli ordinari né nelle controversie. In Catullo, Marziale, Calpurnio abbiamo trovato, per sempre insuperati, esempi di bellezza e di gusto, ancora vividamente vivi nella mia memoria, e nelle opere del divino Platone abbiamo guardato nelle profondità più sorde della saggezza umana, non comprendendo tutto, ma scioccato da tutto. Negli scritti del nostro secolo, meno perfetti ma a noi più vicini, abbiamo imparato a riconoscere ciò che già prima, senza parole, viveva e brulicava nella nostra anima. Abbiamo visto le nostre opinioni, fino ad allora ancora vaghe, nell'inesauribilmente divertente "Elogio della stupidità", nelle spiritose e nobili, qualunque cosa si dica, "Conversazioni", nel potente e inesorabile "Trionfo di Venere" e in quelle "Lettere gente oscura”, che abbiamo più volte elencato dall'inizio alla fine e al quale l'antichità stessa non può che opporsi solo a Luciano.

Intanto proprio quelli erano i tempi di cui ora si parla: chi non è morto a 23 anni, non è annegato a 24 e non è stato ucciso a 25, dovrebbe ringraziare Dio per il miracolo. Ma noi, occupati in conversazioni con le menti più nobili, difficilmente siamo stati trascinati dalle nere tempeste della modernità. Non simpatizzavamo minimamente con l'attacco a Treviri da parte del cavaliere Franz von Sickingen, che alcuni glorificavano come amico dei migliori, ma che in realtà era un uomo della vecchia scuola, uno dei ladri che scommettevano la testa a buon mercato per derubare un viaggiatore. Il nostro arcivescovo respinse lo stupratore, dimostrando che i tempi di Florizel di Nicea erano divenuti antiche tradizioni. Allo stesso modo, quando per i due anni successivi rivolte e rivolte popolari si diffusero in tutte le terre tedesche, come in una danza satanica, e nella nostra città si parlava solo dell'esito delle rivolte, non abbiamo violato i nostri studi. Inizialmente al sognatore Federico sembrò che questa tempesta violenta e sanguinosa avrebbe contribuito a ristabilire più ordine e giustizia nel nostro paese, ma presto si convinse che non c'era nulla da aspettarsi dai contadini tedeschi, che erano ancora troppo selvaggi e ignoranti. Tutto quanto accaduto giustificò le amare parole di uno degli scrittori: rustica gens optima flens pessima gaudens.

Un po' di disaccordo suscitarono tra noi le prime voci su Martin Lutero, questo "eretico invincibile", che già allora aveva molti sostenitori tra i principi sovrani. Si diceva che a quei tempi i nove decimi della Germania esclamassero "Lunga vita a Lutero", e più tardi, in Spagna, si disse che la nostra religione cambia come il tempo, e il maggiolino vola tra tre chiese. Personalmente non ero minimamente interessato alla controversia sulla grazia e sulla transustanziazione, e non ho mai capito come Desiderius Erasmus, quel genio, potesse interessarsi alla predicazione monastica. Comprendendo, insieme alle persone migliori del nostro tempo, che la fede sta nel profondo del cuore, e non nelle manifestazioni esterne, proprio per questo motivo, né nella mia giovinezza né nella mia età matura, non ho mai sentito alcuna difficoltà nemmeno nel compagnia di buoni cattolici o tra frenetici luterani. Al contrario, Friedrich, che ad ogni passo era spaventato dagli oscuri abissi della religione, trovava nei libri di Lutero una sorta di rivelazione per me incomprensibile, sebbene fiorita e non priva di forza di stile - e le nostre controversie a volte si trasformavano in liti offensive.

All'inizio dell'anno 26, subito dopo la Santa Pasqua, vennero a casa nostra suor Louise e suo marito. La vita con loro è diventata del tutto insopportabile per me, poiché mi hanno instancabilmente inondato di rimproveri per il fatto che all'età di vent'anni rimango un giogo sulle spalle di mio padre e una macina agli occhi di mia madre. Nello stesso periodo il cavaliere Georg von Frundsberg, il glorioso conquistatore dei francesi, reclutava reclute nella nostra zona su incarico dell'imperatore. Poi mi è venuto in mente di diventare un lanzichenecco libero, perché non vedevo altro modo per cambiare la mia vita, che era pronta a ristagnare, come le acque di uno stagno. Friedrich, che sognava che diventassi uno scrittore di spicco - poiché entrambi facevamo esperimenti per imitare i nostri autori preferiti - era molto triste, ma non trovò ragioni per dissuadermi. Annunciai a mio padre, con decisione e insistenza, che avrei scelto il mestiere militare, perché per me era più adatta la spada che il bisturi. Mio padre, come mi aspettavo, si arrabbiò e mi proibì di pensare agli affari militari, dicendo: “Per tutta la vita ho corretto corpi umani e non voglio che mio figlio li mutili." Né io né il mio amico avevamo i soldi per comprare armi e vestiti, e quindi ho deciso di lasciare in segreto la mia casa natale. La notte, ricordo, il 5 giugno, uscii silenziosamente di casa, portando con me 25 fiorini del Reno. Ricordo molto bene come Friedrich, accompagnandomi in campo, mi abbracciò - ahimè, per l'ultima volta nella mia vita! - piangendo, accanto al salice grigio, pallido, al chiaro di luna, come un uomo morto.

Quel giorno non sentivo il peso della separazione nel mio cuore, poiché brillava davanti a me, come la profondità di una mattina di maggio, nuova vita. Ero giovane e forte, i reclutatori mi accettarono senza discutere e mi arruolai nell'esercito italiano di Frundsberg. Tutti capiranno facilmente che i giorni che seguirono non furono facili per me, se solo ricordassero cosa sono i nostri lanzichenecchi: persone violente, maleducate, ignoranti, che ostentano abiti colorati e discorsi intricati, cercando solo come ubriacarsi ancora di più e trarre profitto migliore preda. Era quasi spaventoso dopo le battute sottili e pungenti di Marziale o le considerazioni alte, come il volo di un aquilone, di Marsilio Ficino, partecipare ai divertimenti sfrenati dei nuovi soci, e talvolta la mia vita allora mi sembrava un continuo sogno soffocante. Ma i miei superiori non potevano non notare che differivo dai miei compagni sia per conoscenze che per costumi, e poiché d'altronde ero esperto nell'archibugio e non disdegnavo nessun affare, mi distinguevano sempre e mi affidavano incarichi più adatto a me.

Come lanzichenecco ho fatto tutto il difficile viaggio in Italia, quando ho dovuto attraversare montagne innevate nel freddo invernale, guadare fiumi immersi nell'acqua fino al collo e accamparmi per settimane intere nel fango paludoso. Allo stesso tempo, ho partecipato alla cattura d'assalto, unito dagli spagnoli e Truppe tedesche, Città Eterna, 6 maggio 27. Mi è capitato di vedere con i miei occhi come i soldati brutalizzati derubassero le chiese di Roma, commettessero violenze conventi, percorse le strade, indossando mitre, su muli papali, gettò i Santi Doni e le reliquie dei santi nel Tevere, organizzò un conclave e proclamò papa Martin Lutero. Dopodiché, ho trascorso circa un anno diverse città L'Italia, conoscendo più da vicino la vita di un Paese veramente illuminato, rimanendo un fulgido esempio per gli altri. Questo mi ha dato l'opportunità di conoscere le accattivanti creazioni del moderno Artisti italiani così avanti ai nostri, tranne forse il solo Albrecht Dürer, comprese le opere dell'eternamente compianto Rafael d'Urbino, del suo degno rivale Sebastiano del Piombo, del giovane ma totalizzante genio Benvenuto Cellini, che abbiamo dovuto affrontare come un nemico , e un po' trascurando la bellezza delle forme, ma pur sempre forte ed originale Michelangelo Buonarotti.

Nella primavera dell'anno successivo, il tenente del distaccamento spagnolo, don Miguel de Gamez, mi avvicinò a lui come medico, poiché mi ero già un po' abituato a spagnolo. Insieme a Don Miguel dovevo andare in Spagna, dove fu inviato con lettere segrete al nostro imperatore, e questo viaggio determinò tutto il mio destino. Trovando una corte nella città di Toledo, lì abbiamo incontrato anche il più grande dei nostri contemporanei, un eroe pari agli Annibali, agli Scipioni e ad altri uomini dell'antichità: Ferdinand Cortez, marchese del Valle-Oaxaca. L'accoglienza riservata all'orgoglioso conquistatore di regni, così come i racconti delle persone che arrivarono dal paese, descritti in modo affascinante da Amerigo Vespucci, mi convinsero a cercare la felicità in questa terra promessa per tutti i perdenti. Mi sono unito ad una spedizione amichevole iniziata dai tedeschi che si stabilirono a Siviglia e attraversarono l'oceano a cuor leggero.

Nelle Indie Occidentali entrai inizialmente al servizio dell'udienza reale, ma presto, vedendo come conduce gli affari senza scrupoli e senza abilità e come tratta ingiustamente talenti e meriti, ho preferito seguire le istruzioni di quelle case commerciali tedesche che hanno le loro filiali nel Nuovo Mondo soprattutto i Welser, proprietari delle miniere di rame a Santo Domingo, ma anche i Fugger, gli Ellinger, i Kromberger, i Tetzel. Ho fatto quattro viaggi verso ovest, sud e nord, alla ricerca di nuove vene di minerale, dietro i giacimenti pietre preziose, - ametiste e smeraldi, - e dietro un deposito di alberi costosi: due volte sotto il comando di altre persone e due volte alla guida personale del distaccamento. In questo modo ho viaggiato per tutti i paesi da Chikora al porto di Tumbes, trascorrendo lunghi mesi tra i pagani dalla pelle scura, vedendo nelle autoctone capitali di tronchi tali ricchezze, davanti alle quali tutti i tesori della nostra Europa non sono nulla, ed evitando più volte rovina imminente quasi per miracolo. Ho anche dovuto sperimentare crudeli sconvolgimenti emotivi innamorato di una donna indiana, che, sotto la pelle scura, nascondeva un cuore affettuoso e appassionato, ma sarebbe inappropriato parlarne qui più in dettaglio. In breve, come giorni tranquilli passato a leggere libri con il caro Friedrich, ha fatto emergere il mio pensiero, così gli anni ansiosi di vagabondaggio hanno temperato la mia volontà sul fuoco delle prove e mi hanno dato la qualità più preziosa di un uomo: la fiducia in me stesso.

Naturalmente, immaginiamo erroneamente che attraverso l'oceano sia sufficiente raccogliere l'oro da terra, chinandosi, ma tuttavia, dopo aver trascorso cinque anni in America e nell'India occidentale, grazie al lavoro costante, e non senza il sostegno della felicità, Ho raccolto risparmi sufficienti. Fu allora che mi prese il pensiero di ritornare in terra tedesca, non per stabilirmi pacificamente nella nostra città, come assonnata, ma non senza la vana intenzione di vantarmi dei miei successi con mio padre, che poteva non fare a meno di considerarmi un fannullone che lo aveva derubato. Non nascondo però che provavo anche una caustica nostalgia, che mai mi sarei aspettata, per i miei monti natali, dove vagavo amareggiato con la balestra, e che desideravo ardentemente rivedere la mia buona madre e il mio amico abbandonato. , per sperare ancora di catturarlo vivo. Tuttavia, già allora presi la ferma decisione, dopo aver visitato il mio villaggio natale e ristabilito i legami con la mia famiglia, di tornare nella Nuova Spagna, che considero la mia seconda patria.

. "Istruzione nello studio" (lat.). "Dottrinale", composizione, in esametri, secondo la grammatica latina di Alexander Villdier (secoli XI-XII); "Copulata" - un saggio sulla logica di Pietro di Spagna, poi papa Giovanni XXI (XIII secolo); si tratta di libri di testo scolastici, menzionati più di una volta nelle Lettere delle persone oscure.

. "Vallis humanitatis" è un'opera di Hermann von Busch (1468-1534), in cui difende la visione umanistica del mondo (ed. 1518). Erasmo da Rotterdam (1467-1536) negli anni '30 del XVI secolo. è già sopravvissuto alla sua gloria. Il discorso di Pico della Mirandola (1463-1494) "De hominis dignitate" godette di grande rispetto tra i primi umanisti tedeschi. Bernhard Walter, allievo di Regiomontanus, scopritore della rifrazione atmosferica della luce (secoli XV-XVI), era conosciuto solo negli ambienti specialistici. Al contrario, la gloria di Teofrasto Paracelso, medico, alchimista, filosofo, scrittore di fantascienza (1493-1541), era molto rumorosa, e tutta l'Europa lo conosceva. Il saggio di Copernico "Sulle circolazioni corpi celestiali”apparve in stampa solo nel 1543, ma le sue idee nel mondo scientifico erano conosciute prima.

L'espressione "il tempo dell'imperatore Federico" (1415-1493) era a quell'epoca come un detto (Nella copia dell'autore (nella copia dell'autore del romanzo dell'edizione del 1910, Bryusov ha apportato correzioni manuali, di cui si è tenuto conto il commentatore del 4° volume delle Opere (1974) E. V Chudetskaya - S. I. ha inoltre cancellato: La fretta della vita in inizio XVI V. sembrava ai contemporanei "tanto sorprendente quanto lo è per noi l'energia industriale del nostro tempo" (espressione di K. Lamprecht).

. La Grammatica di Zinten è un'opera di John Zinten, un dotto scolastico, sotto il titolo "Composita verbum". Le opere elencate dall'autore erano novità solo per l'entroterra in cui viveva. La prima edizione dell'Elogio alla follia di Erasmo apparve nel 1509; poi, in 30 anni, ne sono uscite circa 40 edizioni. La prima edizione delle "Conversazioni" (Colloquia) di Erasmo fu pubblicata nel 1519. L'autore del "Trionfo di Venere" Heinrich Bebel morì nel 1581. La prima parte delle "Lettere delle persone oscure" apparve per la prima volta nel 1515 , il secondo - nel 1517.

Cortez (1485-1547), dopo le sue conquiste in Messico, venne in Europa nella primavera del 1528, fu ricevuto dal re (cioè Carlo V, che era allo stesso tempo imperatore tedesco) a Toledo e ricevette il titolo di marchese della Valle di Oaxaca.

Il nome America fu proposto (nella cosmografia di Martin Waltzemüller) già nel 1507, ma solo molto più tardi fu stabilito che per "Nuova Spagna", "Nuovo Mondo" o "India occidentale" la parola America, preferisce quella espressione" Nuova Spagna", che in realtà significava solo Messico.).

Grandi mercanti dell'Alta Germania fin dall'inizio del XVI secolo. cominciò a fondare colonie in America. I Welser, come gli Ellinger, all'inizio del XVI secolo detenevano in affitto le miniere di rame di San Domingo; i Fugger avevano stazioni commerciali nello Yucatan; I Kromberger possedevano le miniere d'argento a Sultepec; Tetseli - miniere di rame a Cuba (K. Lamprecht. Storia del popolo tedesco. M., 1896).

Chikora (Chicora) - precedente nome Carolina. Tumbes è una città del Perù (J. Egli. Nomina Geographica. Leipz., 1893).